L’ultimo atto del signor Beckett
- Autore: Maylis Besserie
- Genere: Storie vere
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Voland
- Anno di pubblicazione: 2022
Essere Samuel Beckett. Samuel Beckett affacciato sull’abisso dell’esser-ci per la morte. Il tragediografo dell’assurdo ontologico. L’esistenzialista tragicomico “finito nella vita per errore e rimasto al mondo per negligenza”.
Beckett nel 1989. Nella casa di riposo di Tiers-Temps a Parigi e a un passo dal suo “finale di partita”. Beckett ormai spettatore di sé stesso, preda di memorie del passato e frantumi di presente, che ripassa il film della sua vita: la casa di Parigi, la guerra, la Due Cavalli grigia decappottabile, il whisky. Nella sua Irlanda con gli scarponi che “scavalca la notte”, con Joyce e Lucia, fra medici e infermieri che si ostinano a mantenere in vita un corpo che non ne vuole più sapere. E poi Suzanne:
Che è morta. Devo continuamente ricordarmelo. Suzanne non c’è, né in camera né con me, né da nessuna parte. È…scomparsa.
Scomparsa come Joyce, come Lucia, come May. Infuriata, schiumante, madre finita come tutti. Tutti gli altri.
E non c’è più nessuno.
È rimasto solo lui: il vecchio Sam, appeso e sospeso ancora alle parole. Parole da maneggiare, dopo tutto, ancora con estrema cura, perché le parole si usurano.
Le parole si consumano. Come il culo dei pantaloni. Come il cuore.
Al suo esordio come romanziera, Maylis Besserie estrinseca lava e cenere dal fiammeggio interiore di Samuel Beckett. La declinazione plausibile di rimuginii, silenzi, lampi, ostinazioni, non detti, debolezze, rimpianti dell’autore forse più eversivo del Novecento.
L’ultimo atto del signor Beckett (Voland, 2022, traduzione di Daniele Petruccioli) è un romanzo appassionato, appassionante e sontuoso: l’anamnesi psicologica plausibile di un uomo avvezzo agli sbagli, agli abbagli, come del resto alla reverie e alla rivelazione.
Quindi uomo-paradigma suo malgrado. Della grandezza chiaroscurale che segna sottotraccia l’essere umano.
L’impronta drammaturgica di Samuel Beckett come riversaggio psichico al teatro, di voci che esprimono domande (invocazioni a un Cielo che non c’è?) altrimenti sottaciute, evitate per ignavia, piccineria, in fondo in fondo per paura.
Samuel Beckett invece è un uomo senza infingimenti:
Scappatelle, che parolona. Come se ci fosse altro da aspettarsi, da uno che non crede a niente (…) Da uno che fingeva di dimenticare la solitudine a cui era condannato dopo aver fallito la sua venuta al mondo. Che galleggiava in mezzo agli uomini, non del tutto nato, non del tutto morto. Da uno che, più solo di una pantegana, voleva esserlo più di ogni altra cosa.
Brrrrrr che brividi e che capacità di scrittura e di scavo esibita dalla scrittrice e produttrice radiofonica francese Maylis Besserie.
Ciò che racconta il suo romanzo su Beckett è un po’ vero e un po’ inventato, perché come specifica lei stessa:
Samuel Beckett è senz’altro esistito, e ha senz’altro finito i suoi giorni in una casa di riposo chiamata Tiers-Temps, a Parigi, città in cui viveva in esilio da cinquant’anni. Ma il mio resta un romanzo (…) Ho voluto, basandomi su fatti reali e immaginari, fare di Beckett un personaggio che affronta la sua fine, come i tanti di cui è costellata la sua opera.
Il libro infine è abitato da fantasmi che sono di Beckett e finiscono con l’essere di tutti. È abitato anche da diverse altre cose: umorismo, dramma, poesia, affetti, spaesamento, struggimento, arte, tempo, vita, malattia, fino a rasentare le latitudini della commozione.
Un romanzo denso di stati d’animo sottili e dunque un romanzo eccellente, senza bisogno di ulteriori specificazioni.
L'ultimo atto del signor Beckett
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