L’ultimo giorno di Roma. Viaggio nella città di Nerone poco prima del grande incendio
- Autore: Alberto Angela
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: HarperCollins
- Anno di pubblicazione: 2020
È in libreria da poche settimane L’ultimo giorno di Roma. Viaggio nella città di Nerone poco prima del grande incendio, il primo volume di Alberto Angela sul grande incendio di Roma del 64 d.C. Certamente non ha bisogno di alcuna presentazione il suo autore, conduttore di programmi di divulgazione scientifica conosciutissimi (come Ulisse, il piacere della scoperta, Stanotte a… e Meraviglie: la penisola dei tesori), scrittore e membro dell’Istituto di Paleontologia Umana e della Fondazione Ligabue, solo per citare alcuni delle sue passioni che costituiscono la sua professione.
L’ultimo giorno, il 17 luglio 64 d.C., della Roma di Nerone è raccontato attraverso l’ultimo servizio di due vigiles: la giovane recluta Saturninus (Quintus Safeius Saturninus) al suo primo giorno di lavoro, e il maturo Vindex (Lucius Herennius Vindex), tutor del giovane collega. Questi due vigili sono esistiti come gli altri personaggi presenti nel romanzo, tra cui Plinio il Vecchio e Tito (solo per menzionarne i più noti).
La voce narrante, che talvolta interloquisce con i lettori, chiarisce che ogni personaggio è storicamente vero, ha abitato in quegli anni a Roma; infatti le indicazioni generali sui personaggi (nome, professione, data di morte, legami familiari, parentele) sono ricavate perlopiù da lapidi, come accade per Vindex; mentre l’“agito” dei personaggi è frutto di invenzione letteraria.
Nell’ultima ronda, i due vigiles della VII coorte, Saturninus e Vindex, conducono i lettori attraverso fulloniche, popine, horrea, lungo la riva destra del Tevere, la zona del Circo Massimo e il Colle Palatino. I due incontrano lungo il loro percorso di ronda molti personaggi, come Plinio il Vecchio che si appresta a lasciare la città in lettiga per fuggire l’afa di Roma e Tito, amico del fratellastro di Nerone Britannico e futuro imperatore, che sta per recarsi alle Terme.
I due vigiles si muovono a passi rapidi nelle zone loro assegnate; ricercano possibili situazioni di incendio, molto frequenti in una città realizzata con fabbricati a più piani interamente costruite in legno nei piani alti (insulae).
Il loro lavoro prevede anche interventi di ordine pubblico: sedare risse, prevenire qualsiasi fonte di disordine. È ovvio supporre Saturnino e Vindex girassero armati, secondo l’uso con armi leggere: securis, dolabra e secchi leggeri per spegnere incendi e pugis per difendersi. Nel loro giro essi verificano le disponibilità di acqua di una fullonica (conceria), incontrano i lecticarii siriani (gli antesignani dei moderni tassisti), assistono alla preparazione di una naumachia attraverso un canale artificiale; poi entrano nel quartiere giudaico, una zona facile agli incendi, perché
“le lucerne vengono accese al tramonto del venerdì, di solito vicino alla tavola dove si cenerà […], ma sappiamo che venivano poste sul davanzale delle finestre, forse per il cattivo odore del fumo o per evitare incendi.”
Essi si ristorano in una popina, bar "ante litteram", con pane e ricotta, proseguono verso un horreum (deposito di grano), luogo adatto a innescare incendi, poi entrano in città attraverso la Porta Flumentana e nel grande mercato. Ma è al Circo Massimo, dove gli agitaores si scontrano con le quadrighe in competizioni pericolose talvolta mortali, che Saturninus rimane incantato da un mondo che vede quel giorno per la prima volta.
Si possono fare tante possibili supposizioni sul grande incendio del 18 luglio 64 d. C. Le occasioni di un incendio non mancano di certo a Roma: depositi di granaglie (horrea), lumi accesi ai Lari, tizzoni accesi chiesti ai vicini per cucinare pietanze di rapida cottura, bracieri usati come scaldini; lucerne a olio per illuminare magazzini, insulae, lupanari, in un intrigo di strade, vicoli e alti fabbricati.
Tutto in questa città è il mondo di Nerone, tifoso delle corse e appassionato di cavalli, sostenitore della squadra dei Verdi, ma anche appartenente alla nobile famiglia degli Enobarbi — il suo nome completo è Lucio Domizio Enobarbo. Nerone conosce il valore del motto “panem et circenses”, perché con grano e divertimenti si ottiene e si mantiene il consenso della plebe.
“Nerone è il vero frutto del potere di Roma. In lui scorrono più di cento anni di lotte, intrighi, assassinii, battaglie tra eserciti e tra flotte, trionfi e sconfitte che hanno deciso la storia dell’antichità e il destino di milioni di persone nel Mediterraneo, là dove si toccano tre immensi continenti: in lui scorre […] il potere dell’impero”.
La storia di Roma è intimamente connessa con il fuoco:
“Il tempio di Vesta rappresenta la storia delle origini di Roma [...]. Rapidamente quel fuoco diventò qualcosa di molto più importante e simbolico: da pubblica utilità si trasformò nell’anima stessa di quella comunità, e venne racchiuso in un luogo sacro e protetto, […] a custodia di quella fiamma sacra ci sono infatti sei vestali, cioè sei sacerdotesse”.
Una piccola lucerna in bilico su una mensola in un magazzino di olio spagnolo e tessuti cambierà la storia della capitale del più grande impero antico? Mentre l’ignaro padrone andrà a sfogare la sua rabbia nel vino di una popina?
Nel 64 d. C. “brucerà la Roma di Augusto” e nascerà una Roma nuova.
Il romanzo è una riscoperta di luoghi e edifici, di usi e abitudini romani. Alberto Angela dichiara di essersi avvalso nella sua attività di ricerca documentaria di persone esperte alle quali esprime tutti i suoi ringraziamenti: la documentazione di Quinto Emilio; tecnici e ingegneri dei Vigili del Fuoco; i proff.ri De Simone, Staccioli, Panella, Cosentino, Buonfiglio, Lacerenza; il Tenente Colonnello Guidi.
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