L’ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto storia
- Autore: Gian Piero Piretto
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Raffaello Cortina Editore
- Anno di pubblicazione: 2023
Partiamo dall’inizio. L’ultimo spettacolo. I funerali sovietici che hanno fatto storia (Raffaello Cortina Editore, 2023): un titolo così a tutta prima non sembra il massimo della seduzione per un lettore non particolarmente interessato alle cose russe, o appunto e peggio, sovietiche. Invece questo ultimo lavoro di Gian Piero Piretto è interessantissimo, oltre che piacevole alla lettura, perché attraverso la macchina spettacolare del rito funebre descrive una storia che è insieme ideologica, retorica e sentimentale.
Si tratti dei grandi capi, Lenin o Stalin, o di poeti come Majakovskij e Achmatova, o Esenin prima ancora, la messa in scena degli eventi funebri ci raccontano lo stato dell’arte ideologico di un periodo, passando attraverso le strutture semiotiche (teatrali, linguistiche, visuali) del rito e suggerendo spunti sulla natura più intimamente affettiva che legava i cortei dei partecipanti al defunto.
Ovvio che “natura più intimamente affettiva” è un modo goffo per segnare il grado approssimativo di partecipazione sentimentale del popolo alle esequie, visto che, trattandosi di un regime sempre più totalitario (totalizzante) non era semplice distinguere la genuina sensibilità del cittadino sovietico, dalla costruzione (costrizione) psichica che il potere aveva edificato nella sua coscienza.
Ancora: concordi con l’assunto iniziale dell’autore, secondo cui “I funerali hanno molto da raccontare sulla società e la politica di un Paese”, notiamo che, fatte salve le dovute peculiarità del regime sovietico, il racconto degli apparati spettacolari in non pochi casi ci offre chiavi di lettura per interpretare più correttamente eventi analoghi anche lontani da Mosca, a partire dal recente trapasso di Berlusconi - non casualmente Piretto si dice deciso a questo studio dopo aver assistito alle cerimonie anch’esse recenti di Benedetto XVI e di Elisabetta II. E dalla constatazione che nella Russia putiniana (tracollata in una sorta di Neomedievo col suo culto parossistico della patria, una nuova mitizzazione di tiranni sanguinari come Stalin e altri, investiti da una missione parareligiosa, fino a Ivan il terribile) il cerimoniale funebre acquisisce nuova, sinistra emblematicità.
Funerali confezionati come spettacoli, dunque, sfruttati ad arte per santificare il morto di turno (ma pure ve ne furono che il regime dovette consentire obtorto collo). Ben prima del ’17, politica e religione si intrecciano o si scontrano per appaltare le cerimonie. Accade nel 1905 con il rivoluzionario Nikolaj Bauman: 500.000 persone omaggiano sotto enormi mantelli di rosso il leninista ucciso negli scontri con la polizia. Con le esequie di altri militanti nel ’17 l’icona ne diventa parte integrante; non quella storica dell’arte russa, ma la sua moderna versione prosaica, la fotografia, moltiplicata ovunque, la produzione di filmati che ri-commemorano l’evento. Immortalare ha un senso quanto mai preciso: si tratta di morti per la rivoluzione, attraverso i quali al posto dell’anima del costrutto religioso si celebra la via sovietica alla nuova era politica.
Dello spettacolo facevano parte oltre ai cittadini i politici, il servizio d’ordine, i soldati, polizie varie, infiltrati, spie che si confondevano fra le immagini del morto – quando venne il turno dell’anarchico Kropotkin, il consolidato funerale civile, e rosso, fu turbato dalla contestazione delle altre sinistre alle autorità bolsceviche. Erano gli anni in cui per far fronte all’ecatombe della rivoluzione si avviò una cremazione di massa. Che non riguardò però i corpi di Lenin e del poeta Esenin.
Lo sconforto e il dolore furono in entrambi i casi immensi - meno pacificato e condiviso fra popolo e governo il secondo, tutt’altro che amato dal regime, laddove del primo il funerale coincise con l’inizio del culto a venire, fra cortei di tre chilometri, enormi tappeti floreali, coloratissimi, a suggerire una sorta di Eden in terra (“Lenin vive!”).
Si diceva dei funerali controversi. Quello di Majakovskij per esempio, cui il governo, benché Stalin lo celebrasse come il poeta più grande, non volle conferire particolare solennità, non potendogli perdonare l’essersi suicidato; ma ebbe grande risonanza popolare. Ancor più esemplare il caso di Pasternak, celebrato solo dal mondo culturale che però fu schedato in massa dal KGB. Ancor prima, il caso del Segretario del Comitato Centrale Kirov, amico di Stalin poi ucciso probabilmente dagli sgherri del dittatore: lì, suggerisce Piretto, si scrive l’incipt simbolico della guerra ai “nemici interni”. E quelli che a dispetto del buon senso non furono di stato, come nel caso di Gorbaciov, tutt’altro che amato in quanto ritenuto un filo-occidentale responsabile del crollo dell’Urss – anch’esso tuttavia ebbe più folla del previsto. Mentre i funerali del “traditore” Prigožin, solo poche settimane fa furono sottoposti a una serie di depistaggi per produrne la minore eco possibile.
A segnare ovviamente il unto parossistico delle cerimonie funebri furono le esequie di Stalin: con il pianto di milioni di persone, corone di fiori a migliaia, code di ore anche notturne, la paura del dopo e le tantissime persone che morirono nella calca.
Un caso a parte, il più drammatico, proprio perché sottratto allo spettacolo, fu quello dei morti durante l’assedio nazista a Leningrado – chi sopravviveva non ce la faceva a guardarli, a seppellirli:
Fu una reazione difensiva all’estremo orrore di fronte alla morte di massa quotidiana e al pensiero della propria fine incombente.
Il libro è una conferma che il discorso tanatologico può contribuire alla lettura delle umane cose. Piretto ricorda che nel rinnovato, paranoico fanatismo russo che invita spudoratamente alla guerra santa, a “morire per la patria”, il giornalista e conduttore televisivo Solov’ëv, voce pubblica dell’autocrate al comando, ha dichiarato che “La vita è ampiamente sopravvalutata”. Ahimè, pulsioni di morte si affollano all’orizzonte sempre più massicce.
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