La Vucciria
- Autore: Andrea Camilleri
- Anno di pubblicazione: 2008
“È un quadro nero’, sembra cioè dipinto su un fondo nero. Voglio dire: a un certo punto, mentre dipingevo, mi sono accorto come tutta quella abbondanza di vita contenesse, nel fondo, un senso distruttivo. Senza che io ci pensassi o volessi, la tela esalava un sentimento di morte”.
Suggestive fotografie prevalentemente in bianco e nero, nonché particolari del quadro di Renato Guttuso "La Vucciria", si trovano nello scritto La Vucciria (Milano, Skira editore 2008). Lo impreziosicono due testi: nella prima parte, il breve, ma intenso racconto di Andrea Camilleri "La ripetizione"; nella seconda, il saggio di Fabio Carapezza Guttuso "Storia di un quadro", riguardante l’anzidetto dipinto: una tela di tre metri per tre che rappresenta il caratteristico mercato palermitano da cui il libro prende il nome e che ora abbellisce la Sala Magna del palazzo dello Steri (da Hosterium Magnum, palazzo fortificato, fatto costruire da Giovanni Chiaramonte nel 1320 a Palermo), già sede dell’Inquisizione. Dal dipinto il nostro scrittore prende in prestito i due protagonisti della sua storia: Anna e Antonello. Lei, vista di spalle, ancheggia; veste un abito con le maniche corte di colore rosa pallido, e ha davanti a sé un uomo dai capelli neri e dal volto scuro. Incavato e un po’ triste, porta un maglione giallo a dolce vita e indossa la giacca. Lo vediamo procedere in senso inverso al tragitto di lei, mentre pensosamente la guarda. Entrambi, ignoti l’uno all’altra, non sanno che il “destino” sta architettando l’intreccio delle loro vite. Muove dai loro sguardi l’intrigante narrazione che potrebbe catalogarsi nel genere del realismo magico. La compongono due piani con i tipi di linguaggio che vi si riferiscono: la parlata del Seicento nel primo; quella agrigentina dell’oggi nel secondo. Anche se diversi sono i riferimenti temporali, le vicende si svolgono nello stesso spazio e un’aria di mistero si respira nella trama che accoglie il motivo dell’”eterno ritorno”. Travolgenti passioni e testimonianze inventate di stregonerie, la spietata tendenziosità dell’inquisitore che agisce quasi da persuasore occulto, la debolezza di Antonello che si contrappone alla determinazione di Laura sono gli ingredienti della prima fase del narrato che mostra l’allucinante condizione dell’essere donna in un periodo di angherie e soprusi. L’inquisitore chiede ad Anna Canzonieri se in merito ha qualcosa da dire prima che venga pronunciata la sentenza. La sua non è risposta di pentimento. Anzi, lei ammette d’avere amato gioiosamente con tutto il suo sentire e, nel contempo, perdona e giustifica il giovane:
“Lui quelle cose le ha ditte sulo per scappare alle torture vostre, mischineddro”.
Poi la sentenza di condanna per la mancata confessione delle colpe contestatale: esser murata viva in una delle secrete dello Steri senza acqua né nutrimento alcuno fino a che la morte… L’incontro dei due giovani, che era stato brutalmente interrotto dalla violenza, quattro secoli dopo riprende, nella seconda parte, il suo corso dallo stesso luogo di allora: nella vucciria, dove adesso ogni sabato Anna va fare la spesa. È ora una donna sposata alle prese con un marito autoritario al quale deve la massima ubbidienza. Mentre attraversa la viuzza del mercato e pensa ai “carduna” da acquistare per la cena, ascolta la calda voce di un uomo abbastanza giovane che le chiede il permesso di un po’ di spazio perché possa procedere in quello stretto corridoio… Occhi negli occhi come in quel giorno lontano! Sa ora Anna che il suo destino è segnato? A parte l’attrazione per il “fantastico”, è il motivo della libertà, radicato nella psicologia del personaggio femminile, ad imporsi con forza dirompente sull’ipocrisia degli schemi sociali.
La Vucciria. Con un saggio di Fabio Carapezza Guttuso.
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