Una nave immobile, ferma in mezzo al mare, sulla quale aleggia lo spettro oscuro di una maledizione. In breve il contenuto de La ballata del vecchio marinaio di Samuel Taylor Coleridge, l’opera manifesto del Romanticismo inglese, potrebbe essere riassunto in questi termini; ma naturalmente sotto la superficie si nasconde molto di più. Il poeta inglese intesse un racconto immaginifico in versi settenari, in cui si mescolano visioni, allucinazioni, incantesimi, malie e il soprannaturale, neanche a dirlo, svolge un ruolo preponderante.
In realtà ciò che S. T. Coleridge ci illustra nella sua lunga ballata, divisa in quartine giambiche e strutturata in sette parti, è un percorso di redenzione. Nel personaggio del “vecchio marinaio” possiamo cogliere un alter ego dell’autore stesso, che morirà il 25 luglio 1934 a causa di un arresto cardiaco probabilmente causato dalla sua dipendenza dall’oppio.
La ballata del vecchio marinaio è contenuta nelle Lyrical Ballads (Le ballate liriche, Ndr), il progetto realizzato da Coleridge in collaborazione con l’amico William Wordsworth. Secondo quanto stabilito dai due poeti le liriche contenute nella raccolta sarebbero state equamente divise secondo una bipartizione tematica: Wordsworth si sarebbe occupato della quotidianità, mentre Coleridge avrebbe trattato il legame con il soprannaturale. Cosa che riesce meravigliosamente al poeta che, sin dai primi versi, proietta lo spettatore in una sorta di sospensione dell’incredulità trascinandolo a bordo di quella barca immobile tra i ghiacci del Polo Sud, come preda di uno strano sortilegio. Tutto ha inizio quando un vecchio marinaio ferma uno degli invitati a un banchetto di nozze e lo invita ad ascoltare la storia che gli vuole raccontare.
L’uomo ascolta rapito la narrazione del protagonista, ne è letteralmente stregato, proprio come noi lettori che ci abbandoniamo al ritmico incanto della lirica di Coleridge che con il suo moto ondivago ci trasporta in un altrove non poi così distante da un abisso a noi terribilmente noto, l’abisso insondabile dell’anima umana.
La ballata del vecchio marinaio: la trama
It is an ancient Mariner,
And he stoppeth one of three.
’By thy long grey beard and glittering eye,
Now wherefore stopp’st thou me?
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Il vecchio marinaio viene descritto con tratti fisici molto connotati: ha una lunga barba grigia e un occhio scintillante. Nell’incipit della ballata ci viene descritto come l’uomo blocchi uno dei tre invitati a un banchetto nuziale. “Perché mi fermi?” domanda il malcapitato, che infatti non vorrebbe fermarsi e in sua difesa afferma di essere uno dei parenti più prossimo dello sposo: l’allegro frastuono della festa lo chiama, ma rimane come inchiodato - e affascinato - dagli occhi ardenti del marinaio che per un attimo lo stringe con la sua mano magra. L’uomo appare come preda di un antico sortilegio, non può fare altro se non ascoltare.
Già con questa premessa incantatoria veniamo proiettati in una dimensione quasi onirica, in cui il soprannaturale ha il sopravvento sul reale:
He cannot choose but hear
In questi pochi versi Coleridge ci offre la cornice della storia, dopodiché inizia a raccontare - attraverso la voce del suo marinaio - e ci trasporta tra le acque gelide del Polo Sud dove si trova una nave, bloccata tra i ghiacci. L’occhio umano sembra non poter vedere oltre quell’immensa distesa bianca, ghiacciata:
The ice was all between.
The ice was here, the ice was there,
The ice was all around:
A un certo punto, dopo che la tempesta che ha travolto la nave spingendola verso il Polo è cessata, fa capolino sull’imbarcazione un albatros dalle grandi ali. L’equipaggio accoglie con gioia l’uccello, lo nutre e lo accudisce perché coglie in quella figura viva un presagio favorevole: l’animale potrà aiutarli a ritrovare la via verso la terra, liberando la nave dai ghiacci. Ma proprio qui accade l’impensabile: il vecchio marinaio, il narratore, come in preda a una follia afferra la balestra e uccide l’albatros. Non ci verrà mai spiegato il motivo di quel gesto, eppure sarà determinante per definire tutti gli avvenimenti che seguiranno.
Successivamente il senso di colpa lo dilania, ma il tempo sembra progressivamente migliorare e l’intero equipaggio ne è rinfrancato tanto che presto perdona al marinaio il suo delitto. Una terribile maledizione però sembra scendere sulla nave che, sospinta da un’altra furente tempesta, viene spinta oltre l’Equatore. Ora il cielo è infuocato, color rame, l’aria immobile e bollente e dal mare spuntano terribili e viscide creature mostruose.
Water, water, everywhere,
Nor any drop to drink!
La tortura fisica e psicologica patita dai marinai ci viene descritta da Coleridge con una scansione ritmica che ritorna implacabile come un ritornello: water, water everywhere. C’è acqua, acqua dappertutto e neppure una goccia da bere.
L’equipaggio, duramente provato dalla situazione, si ribella nei confronti del marinaio e vuole punire il suo delitto. In segno di ribellione la ciurma gli appende dunque il cadavere dell’albatros al collo, perché sia condannato a vivere con il peso della sua colpa.
Ed è proprio in questo momento che si avvicina alla nave immobile un’altra imbarcazione. Dapprima i marinai vi scorgono un presagio di salvezza, ma poi con orrore scoprono che si tratta di un vascello fantasma che si muove pur senza essere sospinto dal vento e dalle onde. Gli unici passeggeri presenti sull’imbarcazione sono uno scheletro e una donna, definiti Death e Life in Death che sembrano impegnati in una partita a dadi. Alla fine a vincere è una delle due; neanche a dirlo, la peggiore, la Morte.
«The game is done! I’ve won, I’ve won!»
Così la maledizione si compie. I marinai agonizzati muoiono uno ad uno, in duecento esalano il loro ultimo respiro. Sopravvive solo il vecchio marinaio che ha sempre il cadavere dell’albatros appeso al collo. Lui è stato vinto, nella partita a dadi da Life in Death, ed è quindi condannato a sopravvivere. Rimane così solo sulla nave immobile, circondato dai cadaveri dei compagni, per sette lunghi giorni e sette notti.
Devastato dalla solitudine il vecchio marinaio è affascinato dai viscidi serpenti mostruosi che si agitano in mare e prega Dio ringraziando per la loro bellezza. Il Signore, impietosito dalla sua preghiera, decide di intercedere per salvarlo. Il maleficio che aleggiava sulla nave viene interrotto e l’albatros si distacca dal collo del marinaio per inabissarsi nelle profondità marine.
Grazie all’intervento degli spiriti angelici gli altri componenti della ciurma tornano in vita e la nave prosegue sulla propria rotta. Ma lo Spirito dell’Antartide, che guida la nave, a un certo punto si ribella affermando che il vecchio marinaio ha commesso un delitto e deve quindi espiare la propria colpa.
L’imbarcazione viene trascinata a velocità folle verso nord; i membri dell’equipaggio tornano a essere cadaveri. In lontananza però il marinaio scorge un nuovo vascello in arrivo. A bordo della nave c’è un eremita e il marinaio, provato dalla terribile avventura, gli racconta la sua storia chiedendogli di redimere i suoi peccati.
Ed è così che il vecchio marinaio sarà condannato a raccontare per sempre, di paese in paese, la sua avventura, rivivendo ogni volta il dolore e l’angoscia provati. E ogni volta cercherà un nuovo interlocutore, disposto ad ascoltarlo, per poter così espiare la sua colpa. A chiunque gli presti ascolto il vecchio marinaio consegnerà il suo messaggio morale: la richiesta di rispettare sempre e incondizionatamente ogni creatura figlia di Dio.
La ballata del vecchio marinaio: il simbolismo dell’Albatros
Il testo di Samuel Taylor Coleridge, a dispetto della presenza dell’elemento sovrannaturale, è carico di simbolismi dal forte significato. Centrale è la presenza dell’Albatros, uccello simbolo del patto d’amore che lega l’uomo alla natura. L’albatros è infatti un animale considerato sacro da molte religioni e veniva rappresentato negli antichi bestiari medievali come un essere intoccabile e puro.
L’uccisione dell’albatros da parte del marinaio è, non a caso, la chiave di volta dell’intero poema: dopo il crimine nulla sarà più come prima, l’uomo ha rotto un equilibrio e ora è chiamato a subirne le conseguenze. L’uccello rappresenta la vittima innocente della violenza umana che spesso ubbidisce a una ferocia gratuita.
La ballata del vecchio marinaio è un componimento che risente fortemente della tradizione biblica cristiana. La nave immobile mentre il marinaio è chiamato a espiare la sua colpa simboleggia un eterno Purgatorio, dove l’uomo sconta la propria pena; mentre l’uccisione dell’albatros, puro come l’agnello di Dio, ricorda la crocifissione di Gesù.
Il conflitto tra uomo e natura in Coleridge
Ma a dispetto della lettura secondo la morale cristiana oggi La ballata del vecchio marinaio può essere interpretata in vari modi, seguendo una visione più attualizzante. Ci viene infatti riproposto, tramite l’intelligente simbolismo di Coleridge, il tema dell’eterno conflitto tra uomo e natura, che non per forza vede nell’uomo - e il nostro antropocentrismo ormai interiorizzato dall’intera specie - il vincitore.
Ritroviamo dunque un tema di stretta attualità, pur inserito in un contesto fantastico dove il soprannaturale sembra prendere il sopravvento. Il rispetto per la Natura - e per tutte le creature viventi sul Pianeta - è il messaggio morale proposto nel finale dallo stesso Coleridge e la chiave di lettura dell’intero componimento.
Una sorta di protesta ecologista ante-litteram. Oggi potremmo leggere La ballata del vecchio marinaio non solo come l’opera manifesto del Romanticismo inglese, ma anche alla stregua di un manifesto del contemporaneo cambiamento climatico di cui Coleridge sembra farsi, suo malgrado, primo anticipatore come un’antica Cassandra.
Nell’opera ritroviamo le descrizioni delle condizioni climatiche più estreme: dai ghiacci del Polo Sud al caldo infuocato dell’Equatore, nel mezzo sta l’uomo - rappresentato dal marinaio - che deve espiare la colpa nata dalla sua arroganza di credersi padrone di ogni cosa, persino della vita dell’Albatros. L’uomo è colpevole di aver rotto il patto sacro con la natura e da questa violazione consegue uno scenario apocalittico che porterà un grande numero di vittime innocenti. Il gesto efferato compiuto dal marinaio non verrà mai giustificato né spiegato dal poeta, non ha alcuna ragione d’essere e diventa emblema della follia e dell’assurdo che spesso governa l’umano.
La straordinaria modernità dell’opera di Coleridge risiede nell’aver intuito il legame viscerale (e vitale) tra Uomo e Natura secoli prima delle proteste per il climate change.
L’Albatros: il legame tra Coleridge e Baudelaire
La ballata del vecchio marinaio ispirò molti poeti negli anni successivi. Tra questi anche Charles Baudelaire che scrisse la celebre lirica L’albatros (1861) ispirandosi proprio all’uccello, simbolo di purezza e del potere dell’immaginazione. Nel componimento Baudelaire sceglie l’Albatros come alter ego del poeta, in quanto è capace di librarsi al di sopra della realtà come è comunemente percepita. Nella figura dell’uccello si riflette la condizione dell’artista nella società di massa, che infatti ha perduto la propria antica aurea di prestigio. Nella poesia di Baudelaire l’Albatros viene infatti deriso e schernito dai marinai che lo tormentano, ma non lo uccidono.
Il Poeta è come lui, principe delle nubi
Che sta con l’uragano e ride degli arcieri;
Esule in terra fra le grida di scherno,
Le sue ali da gigante gli impediscono di camminare.
Nella conclusione della poesia Baudelaire, che sicuramente aveva letto Coleridge, ribadisce la superiorità dell’Albatros rispetto alla stoltezza di chi lo deride e gli dà il tormento. Il significato artistico che il poeta francese dà al personaggio di Coleridge ci permette di evidenziare, infine, un altro tema della Ballata del vecchio marinaio: la necessità del racconto, il potere della narrazione.
Il marinaio è condannato a raccontare in eterno la propria storia; un maleficio che riflette la condizione del poeta e dello scrittore, chiamato a divulgare la propria conoscenza attraverso l’immaginazione e, spesso, ad ammonire l’umanità sul pericolo di minacce future.
Forse è proprio grazie a questo incantesimo, insito in ogni narrazione, che la leggenda del vecchio marinaio continua a vivere e non sembra essere mai conclusa, non giungere mai a un punto, si ripete in eterno narrata dalla stessa voce e da altre voci che se ne sono fatte nel tempo testimoni.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La ballata del vecchio marinaio” di Coleridge: tema, significato e simbolismo dell’Albatros
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