La bambina ovunque di Stefano Sgambati

Cosa passa per la testa di un uomo che si accinge a diventare padre? Ce lo racconta Stefano Sgambati con La bambina ovunque (Mondadori, 2019), romanzo autobiografico che fa luce su una delle esperienze che definiscono una vita dal punto di vista di un padre. Dalla nascita di un’idea, di un desiderio, all’arrivo di una figlia, attraverso l’impervio percorso per accendere la scintilla della vita, Sgambati disegna la sua personale traiettoria da uomo a padre.

Il viaggio verso il grande evento è narrato con una prosa logorroica, impetuosa come il flusso costante di domande che si accavallano nella mente di chi sta per diventare genitore. I dubbi pratici su pannolini e pappe si incrociano alle incertezze sulla scelta di mettere al mondo una creatura e alla paura di non esserne all’altezza. E se una madre si trova a convivere con il privilegio e sacrificio al tempo stesso, del contatto diretto, carnale con l’essere umano che porta in grembo, un padre deve gestire la marginalità, la sensazione di essere inutile, quasi un accessorio. Eppure anche un padre aspetta, e l’attesa è gonfia di ansie che si riversano alla fine in un misto di gioia e tristezza, quando la stanchezza fisica e mentale sembra mangiarsi quella felicità come dovuta, che tutti si aspettano.

L’arrivo di un figlio è anche l’occasione per scoprire, davvero, la forza delle donne, e cadere nella più profonda ammirazione di fronte alla capacità femminile di spingere lo sguardo in avanti, di avere una visione che scavalca gli ostacoli del presente e di difenderla con una tenacia ferrea, in barba alle difficoltà più sfiancanti. “Di quanto amore si deve essere capaci per soffrire a tal punto la non esistenza di un altro essere umano?” scrive Sgambati, in quello che è il punto più alto del libro, descrivendo meravigliosamente la mancanza provata nei confronti di una persona mai vista, mai tenuta in braccio, eppure così devastante, che si spiega solo con un amore innato, primitivo, sconfinato.