La fine tragica della nobile Laura Lanza Trabia, più nota come la baronessa di Carini (Trabia, 7 ottobre 1529 – Carini, 4 dicembre 1563), protagonista di una celebre e drammatica storia siciliana, nel corso dei secoli ha affascinato e continua ancora oggi a affascinare e incuriosire moltissime persone. C’è chi ha letto dei libri, chi ha ascoltato la storia di Laura da un cantastorie e chi ancora ricorda il famoso sceneggiato L’amaro caso della baronessa di Carini, regia di Daniele D’Anza, protagonisti Janet Agren, Ugo Pagliai e Adolfo Celi.
Correva l’anno 1975 e il popolo televisivo tornava a casa felice di sorbire le quattro puntate, trasmesse sul Programma Nazionale (l’odierna Rai 1) dal 23 novembre al 14 dicembre 1975.
“Correva la baronessa, correva disperata, con il cuore che le scoppiava in petto e una paura gelida che le percorreva la schiena. Qualcuno la stava inseguendo”.
A conferma che l’interesse per la sfortunata vicenda della bella nobildonna non è mai sfumato, Costanza DiQuattro, direttrice del teatro di Ragusa Donnafugata, animatrice culturale nota in tutta la Sicilia e non solo, e autrice di romanzi di ambientazione sicula, ha da poco pubblicato La baronessa di Carini. Gita in Sicilia (Gallucci Bros 2023, pp. 272, Euro 15), dedicato ai giovani lettori e consigliato anche agli adulti.
Il libro ricostruisce l’episodio della scomparsa di Laura Lanza, baronessa di Carini, attraverso le indagini di un gruppo di studenti di liceo classico in viaggio di studio proprio nel castello di Carini. Per tutto il testo l’autrice conduce la narrazione su un doppio binario, storico e contemporaneo, incuriosendo, pagina dopo pagina i lettori ancora una volta colpiti da questa figura della tradizione popolare e dal mistero che la avvolge da secoli.
Ma cosa racconta la dolorosa vicenda legata alla nobile Laura Lanza? Rinfreschiamo la memoria ricordando che tutto ruota intorno all’impronta insanguinata di una mano e a un’antica storia d’amore finita in tragedia.
La storia della baronessa di Carini
Primogenita di Cesare Lanza, barone di Trabia e conte di Mussomeli e di Lucrezia Caetani, Laura nacque nel castello di Trabia e visse l’adolescenza nel palazzo gentilizio di Palermo.
Non avendo avuto, per il momento, eredi maschi, Lanza combinò le nozze di Laura, impossibilitata a scegliersi il proprio destino matrimoniale, con un membro di una facoltosa e blasonata casata.
Il 21 dicembre 1543 all’età di 14 anni, a Palermo, Laura andava sposa a don Vincenzo II La Grua-Talamanca, figlio del barone di Carini, Pietro III, e di Eleonora Manriquez, trasferendosi nel loro avito maniero dove visse per vent’anni e dove nacquero i suoi otto figli.
Vittima di un matrimonio senza amore, Laura intrecciò una lunga relazione con Ludovico Vernagallo, cugino del marito e di rango inferiore, ma che conosceva e apprezzava da tempo. Secondo la tradizione il padre li sorprese insieme e li uccise o fece uccidere.
I cantastorie siciliani si dolevano, perché la baronessa, colpita al petto, si toccò la ferita e, appoggiandosi al muro con la mano, vi lasciò un’impronta insanguinata, secondo la leggenda che è giunta fino a noi.
Si nascose il viso tra le mani e fu allora che si rese conto che esse grondavano sangue. Un sangue di un rosso incredibilmente vivo.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La Baronessa di Carini. Gita in Sicilia
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