La battaglia perduta e vinta. Napoleone a Marengo
- Autore: Gianluca Albergoni
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2024
Nel primo atto di Tosca, Puccini fa celebrare un solenne “Te Deum” di ringraziamento per la vittoria degli austriaci del generale Melas sui francesi di Napoleone. Nel secondo atto dell’opera, un messaggio di sconfitta scuote gli antigiacobini, annunciando invece “Bonaparte vincitor!” a Marengo, “Melas in fuga”. È vero infatti che la battaglia alle porte di Alessandria era stata persa sul campo dal primo console e poi ribaltata dai fanti del generale Desaix, sopraggiunti provvidenzialmente da Novi Ligure nel pomeriggio.
Tanto che il prof. Gianluca Albergoni ha intitolato La battaglia perduta e vinta. Napoleone a Marengo, il saggio storico breve pubblicato di recente per il Mulino (Bologna, maggio 2024, collana “Intersezioni” serie “Il giorno perfetto”, 224 pagine).
Ricercatore di storia politico sociale della Milano napoleonica e degli intellettuali del XIX secolo, con dottorato in scienze sociali a Parigi, l’autore è associato in storia contemporanea nell’Università di Pavia.
Una delle novità di questo lavoro è il soffermarsi sul comportamento di un Napoleone fuori delle righe rispetto alla consueta, geniale condotta militare.
Oltre a raccontare i precedenti, gli sviluppi seguenti e i dettagli dello scontro nella piana di Alessandria - che indirizzò verso i colori francesi le sorti della seconda campagna napoleonica d’Italia - Albergoni mette in risalto la spiccata capacità del condottiero corso di esaltare il successo, amplificarlo, propagandarlo e collocarlo a sua perenne gloria nell’immaginario collettivo dei secoli a venire.
Giocò a suo favore, indubbiamente, la morte del trentaduenne Desaix, alla testa di una Brigata di fanteria del corpo d’armata che aveva prontamente guidato verso il rombo del cannone. Così, il di poco più giovane primo console poté fare propria una vittoria strappata in extremis dallo sfortunato generale alvernese e dalla carica travolgente della cavalleria di Kellermann, quando ormai Bonaparte aveva perduto la cittadina di Marengo, sorpreso la mattina a Torre Garofoli (Tortona) dall’imprevista avanzata austriaca.
Il saccheggio degli accampamenti francesi abbandonati aveva ritardato le truppe di Melas, rallentando i reparti all’inseguimento del nemico in ritirata. Forze fresche francesi piombarono sugli austriaci, rilassati dalla convinzione di avere vinto.
Una vittoria cominciata con una sconfitta, commentò con ironia Chateaubriand, ma Napoleone non avrebbe mai consentito di mettere in risalto che la battaglia l’aveva chiaramente persa, ricacciato dal villaggio di Marengo.
Per questo, quando il generale Berthier sembrava intenzionato a chiamare l’evento battaglia di San Giuliano, alludendo al paese dal quale era partito il contrattacco francese capace di rovesciare le sorti della giornata, Bonaparte dispose di modificare in Marengo l’indicazione toponomastica. Risultò provvidenziale, anche in questo caso, il proverbiale colpo d’occhio, che gli consentirà di riportare tanti allori sui campi di battaglia.
Cancellato San Giuliano, il rapporto sull’evento bellico riportò: battaglia di Marengo. Era il villaggio occupato dai francesi il giorno prima, sloggiando facilmente gli austriaci oltre la Bormida, ma anche la posizione da cui i generali Victor e Lannes avevano dovuto retrocedere precipitosamente all’una del 14 giugno.
Se la ritirata non era diventata una rotta, sembrava arduo interpretarla come una ritirata strategica per attrarre in nemico in un’imboscata, ma il “miracolo” riuscì alla grande a Napoleone.
Volle consegnare alla storia una battaglia che per diventare una sua vittoria pretendeva una narrazione parzialmente slegata dai fatti. Dovette partire dal dettaglio toponomastico, tanto significativo. A San Giuliano si era combattuto per tutto il pomeriggio del 14. Contrattaccando prodigiosamente, i francesi vi avevano ribaltato una battaglia già persa, a Marengo. Dichiarare d’avere vinto “la battaglia di Marengo” significava rendere secondario che fino a un certo momento un’altra era andata invece male. Diventava così unica una giornata divisa in due: la vittoria assorbiva l’incubo di tutta la prima parte, il cui insuccesso non doveva ricadere sulle scelte del primo console.
A Marengo, era stato per larghi tratti singolarmente assente. Per tutta la mattinata, la disperata resistenza francese era stata assicurata dall’iniziativa autonoma dei suoi generali e con altre circostanze fortuite aveva concesso a Desaix il tempo di tornare sul campo (da cui era stato allontanato da Bonaparte) e predisporre la controffensiva decisiva.
Il prof. Albergoni rileva che Napoleone era arrivato tardi sul terreno degli scontri antimeridiani, quasi incredulo che Melas avesse attaccato invece di cercare una via di fuga, preclusa perchè il Corso aveva occupato Milano e tutte le strade verso la posizione strategica di Piacenza. Sicchè, la stella di Bonaparte non sembra illuminare il campo di Marengo come in altre battaglie e il saggio dello storico di Arona intende raccontare due aspetti, “insieme ma separatamente”.
In primo luogo: la battaglia, chiarendo il ruolo che vi ebbe il primo console, allargando il campo agli antefatti per inquadrarla nel contesto della seconda campagna d’Italia. Secondariamente, cercare d’illustrare come sia stato possibile assorbirla a pieno titolo nella mitografia delle grandi battaglie di cui ebbe a fregiarsi, marginalizzando le imprese militari che prima (Massena in Svizzera e Brune in Olanda) e dopo Marengo (Moreau a Hohenlinden) avevano sancito la sconfitta della seconda coalizione.
La battaglia perduta e vinta. Napoleone a Marengo
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