La carriola è una tra le più famose novelle di Pirandello. Scritta nel 1917, appartiene alla raccolta Novelle per un anno e illustra il conflitto tra vita e forma tipico del pensiero pirandelliano.
Cosa racconta esattamente la novella? Ecco riassunto e analisi de La carriola.
Riassunto
Il protagonista della novella, narratore in prima persona, è un uomo d’autorità: è avvocato e stimato professore di diritto, ha una moglie e dei figli; gli obblighi e i doveri a cui prestare continua attenzione sono numerosissimi.
Eppure, confessa, da una quindicina di giorni ha trovato il modo di concedersi una tregua temporanea da tutti questi doveri. Di cosa si tratta? Chi è la "vittima" coinvolta in questi secondi di "cosciente follia"?
Per poterlo spiegare, serve che il racconto parta da più lontano. Quindici giorni prima, al rientro da un viaggio di lavoro, mentre il treno attraversava le campagne umbre e il protagonista stava studiando alcune carte di lavoro, l’uomo era caduto in uno strano dormiveglia, una sospensione in cui non riusciva più a guardare i documenti, ma nemmeno il panorama che scorreva fuori dal finestrino. Mentre si trovava in questo stato particolare, lo aveva colto un improvviso smarrimento ("un senso d’atroce afa della vita"): tutto gli appariva confuso, non più al suo posto, insopportabile.
Una volta arrivato sul pianerottolo di casa, la sensazione anziché svanire si era acuita e l’uomo aveva avuto un’improvvisa epifania. Come se avesse potuto guardarsi dall’esterno, si era visto vivere e si era reso conto di essere cristallizzato in una forma in cui non si riconosceva, che la società gli aveva imposto, ma di cui allo stesso tempo non poteva fare a meno per il bene della sua stessa vita, dei suoi clienti, della sua famiglia.
L’unica soluzione possibile per il protagonista, acquisita questa consapevolezza, è concedersi un momento di follia. Chiuso nel suo ufficio, fa fare la carriola alla propria cagnetta, che lo guarda poi con occhi terrorizzati, inquietata dal fatto che il padrone si conceda una tale pazza, e inconcepibile, libertà.
Analisi
Narrata in prima persona, la novella ha una struttura circolare. All’incipit enigmatico e reticente, che presenta un non meglio precisato atto di "cosciente follia" e una "vittima" di cui ci vengono citati solo gli occhi terrorizzati, corrisponde la chiusa che, finalmente, spiega in cosa consista il gesto tanto terrificante e inaccettabile e ripropone l’inquieto spavento di quella che si è scoperta essere una cagnolina bianca un po’ sovrappeso.
Tra i due momenti che contraddistinguono l’epifania dell’uomo si può individuare la stessa differenza che Pirandello instaura tra comico e umoristico. I due sono, rispettivamente, l’avvertimento del contrario e il sentimento del contrario. Se in un primo momento, in treno, l’uomo percepisce (avverte) qualcosa di stridente con la sua realtà ma non riesce a individuare di preciso dove sia il problema, una volta sul portone di casa il protagonista del racconto ha finalmente la piena consapevolezza di cosa non va: è riuscito a uscire da sé e a vedersi vivere, si è reso conto di essere solo una forma imposta dalla società.
"Anche il mio stesso corpo, la mia figura, quale adesso improvvisamente m’appariva, così vestita, così messa su, mi parve estranea a me; come se altri me l’avesse imposta e combinata, quella figura, per farmi muovere in una vita non mia, per farmi compiere in quella vita, da cui ero stato sempre assente, atti di presenza, nei quali ora, improvvisamente, il mio spirito s’accorgeva di non essersi mai trovato, mai, mai! Chi lo aveva fatto così, quell’uomo che figurava me?"
"Ma come? io, questo? io, così? ma quando mai? – E ho nausea, orrore, odio di questo che non sono io, che non sono stato mai io; di questa forma morta, in cui sono prigioniero, e da cui non mi posso liberare."
Questa fondamentale differenza tra vivere e vedersi vivere e la concezione dell’uomo come di un uomo cristallizzato in una forma, costretto a interpretare una parte senza neanche rendersene conto, sono i due cardini fondamentali non solo della novella, ma di tutto il pensiero pirandelliano.
"Serve così, e non posso mutarla, non posso prenderla a calci e levarmela dai piedi; ribellarmi, vendicarmi, se non per un attimo solo, ogni giorno, con l’atto che compio nel massimo segreto, cogliendo con trepidazione e circospezione infinita il momento opportuno, che nessuno mi veda".
Al problema di essersi scoperto improvvisamente costretto in una forma di cui ci si vorrebbe liberare, La carriola pone una soluzione temporanea, instabile e rischiosa, che richiede al protagonista di essere costantemente all’erta, perché consapevole del giudizio altrui; concedersi un attimo di pazzia è una liberazione momentanea e parziale. Una soluzione definitiva allo stesso problema sarà invece trovata da Vitangelo Moscarda, il protagonista del romanzo Uno, nessuno e centomila, le cui riflessioni già echeggiano in questo racconto.
"Chi vive, quando vive, non si vede: vive... Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina. Come una cosa morta, la trascina. Perché ogni forma è una morte. Pochissimi lo sanno; i più, quasi tutti, lottano, s’affannano per farsi, come dicono, uno stato, per raggiungere una forma; raggiuntala, credono d’aver conquistato la loro vita, e cominciano invece a morire. Non lo sanno, perché non si vedono; perché non riescono a staccarsi più da quella forma moribonda che hanno raggiunta; non si conoscono per morti e credono d’esser vivi".
Moscarda sceglierà la pazzia definitiva, con la consapevolezza che "la vita non conclude": l’unico modo per poter vivere è continuare a morire e rinascere, trasformandosi in ogni cosa.
"Sono quest’albero. Albero, nuvola, domani libro o vento: il libro che leggo, il vento che bevo. Tutto fuori, vagabondo".
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La carriola: riassunto e analisi della novella di Pirandello
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