La carta della regina
- Autore: Giorgio Caponetti
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Marcos y Marcos
- Anno di pubblicazione: 2015
Dopo il delizioso “Due belle sfere di vetro ambrato”, Giorgio Caponetti ci ripropone il suo personaggio, il gentiluomo veneziano Alvise Pàvari, con palazzo sul Canal Grande, grande esperto e professore di Ippologia all’ateneo di Ca’ Foscari, aristocratico un po’ blasé, ma grande conoscitore di storia e di filologia, impelagato in un’avventura che si svolge in Sicilia.
Lì, in una ricca tenuta nobiliare vive la famiglia con cui la sua unica nipote Anna, figlia di sua sorella morta, sta per imparentarsi: Anna sta per sposare Rosario Marescalchi di Brancaforte, ultimo rampollo di una casata siciliana di antichissime origini e chiede allo zio Alvise di accompagnarla all’altare.
Ecco dunque Alvise giungere nel borgo dove sorge l’antico palazzo, accolto dalla nipote, da sua zia Dedè, dallo zio Manfredi, dal vecchio conte Ruggiero, dalla fedele servitù, da un folto gruppo di animali: cani, cavalli e soprattutto falconi e un’aquila reale, segregati in una torre isolata, vanto del bel Manfredi, cavaliere che conserva il gusto per le antiche arti della falconeria, ereditate dalla tradizione della corte di Federico II di Svevia.
Dopo il sontuoso matrimonio e la calda accoglienza siciliana, fatta di cibi prelibati e di affettuose conversazioni, Alvise accetta di montare a cavallo con Manfredi che durante la passeggiata gli rivela come le sostanze di casa Marescalchi siano quasi annullate da debiti contratti. Il patrimonio finirà presto in mano alle banche e ad un misterioso mafioso che vive in Svizzera determinato ad impossessarsi di tutti i loro averi.
Mentre Alvise viene informato della grave situazione avviene un incidente nella torre: Manfredi cade da una scala mentre tenta di nutrire l’aquila e il vecchio zio Ruggero muore per un colpo apoplettico. Gli sposi sono già lontani per la luna di miele, Manfredi ricoverato in fin di vita, è rimasta solo la bella zia Dedè che chiede aiuto al nuovo parente appena acquisito: Alvise si trova così coinvolto fino al collo in un’avventura economico finanziaria dai risvolti quasi fiabeschi.
Qui comincia la parte più affascinante del romanzo, quando Alvise, scoperta la genealogia di casa Marescalchi a cui ormai sua nipote è legata, decide di intervenire in prima persona per salvare quel patrimonio e per seguire Dedè, da cui è fatalmente attratto, nel tentativo di vendicarsi dell’arrogante mafioso che ha deciso di distruggerli. Entrano in gioco i tesori di famiglia, i beni risalenti alla regina Adelasia, bisnonna di Federico II, una delle prime regine capaci di organizzare il regno che poi il pronipote porterà agli splendidi risultati che resero la Sicilia la capitale morale dell’impero.
Adelasia, di cui Dedè/Adelaide prende il nome e lo spirito, sarà la guida intorno a cui si costruisce l’avventura raccontata da Giorgio Caponetti con l’eleganza che gli conosciamo, con la profondità della ricerca storica coniugata con la leggerezza di una lingua in cui si mescolano il dialetto siciliano con quello veneziano. Una storia in cui i cibi propri della tradizione siciliana, granite e caponate, cannoli e latte di mandorla, sarde e arancini, si mescolano con piatti veneziani, “go portà un bel avanso de la sopita de peòci che avevo fato. La xe un poco piccantina”, dice la fedele governante Rina, ad Alvise appena tornato a casa.
La carta, l’altra protagonista della storia, è lo strumento su cui poggia la scrittura e con cui la cultura si tramanda: una metafora che attraversa l’intero romanzo.
La carta della regina di Giorgio Caponetti è un libro colto, pieno di argomenti insoliti e citazioni, basato su una solida conoscenza di storia e società siciliane dell’anno Mille, declinate con leggera ironia e grande voglia di godere dei piaceri, della tavola, della cultura, della compagnia, dei rapporti umani.
Uno scrittore di troppo poca visibilità e di grande maestria narrativa, Giorgio Caponetti. Mi è piaciuto molto il suo modo di raccontare.
La carta della regina
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