La carta e il territorio
- Autore: Michel Houellebecq
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Bompiani
- Anno di pubblicazione: 2010
Bene, ora che il gran polverone alzato dall’imponente opera di promozione prima e dalla critica letteraria poi si è finalmente posato, si può affrontare con maggiore serenità l’ultimo lavoro di uno dei maggiori scrittori contemporanei. Credo che Houllebecq sia punto di riferimento imprescindibile per qualsiasi narratore intenzionato ad affrontare i temi più pregnanti della società postindustriale, tardocapitalistica, insomma quella in cui viviamo.
Nei suoi primi tre romanzi (Le particelle elementari, 2000; Estensione del dominio della lotta, 2001; Piattaforma, 2003, tutti per Bompiani) la spietatezza del linguaggio e delle
vicende, strutturate per analizzare dal di dentro decadenza e disfacimento, è esemplare e
paradigmatica. Sono certo che ogni scrittore intellettualmente onesto sarebbe più che orgoglioso
di aver dato sostanza letteraria ad un pensiero così semplice, eppure così complesso, come quello
che è alla base di queste opere.
Il senso di smarrimento, alienazione e confusione dell’essere umano nella società tardo
capitalistica dell’occidente sono le tematiche centrali dello scrittore francese… e scusate se
è poco. Come ci è facile notare e come è ampiamente rappresentato nei primi tre romanzi di
Houellebecq, la sola spinta interiore in questa enorme confusione/mancanza di ruoli certi/assenza
di valori assoluti, viene dal sesso. Un sesso anch’esso dai contorni confusi, spesso mercenario,
raramente espressione di un sentimento e che qualcuno potrebbe definire perverso, ma comunque
spinta vitale, motore di attività, movimento, ricerca.
Ne “La carta e il territorio” quest’elemento viene a mancare in maniera pressoché totale e
naturalmente non è un caso. La conclusione a cui giunge il lettore è ovvia: ciò che l’autore ci vuole suggerire è che neppure il sesso può più rivestire alcuna
importanza. Sarebbe banale attribuire questa presa di posizione all’età non più verdissima di
Houellebecq, o comunque ad un suo ridotto appetito sessuale (è possibile che questo possa aver influito, almeno a livello superficiale, ma non credo sia la motivazione principe). Se nelle opere
precedenti si respirava decadenza, agonia di una civiltà, insoddisfazione e noia di vivere, in quest’ultimo romanzo l’aria è satura di odore di morte, di terra smossa per la tumulazione, di fiori ormai appassiti. Non è un caso che Houellebecq stesso sia tra i personaggi del testo e che
sia assassinato per sottrargli un quadro che lo ritrae. E non è un caso neppure che questo dipinto
finisca nelle mani un collezionista squilibrato. Nei testi di Houellebecq nulla avviene per caso,
anche la frase o il vocabolo apparentemente meno significativi hanno un ruolo, uno scopo, una
ponderatezza che li rende unici.
Dal punto di vista della godibilità, della tensione narrativa e
della lettura di livello superficiale, l’ultima opera dello scrittore francese è di molto inferiore a quelle citate in precedenza. Certe scelte, come quella di rendersi personaggio del proprio romanzo o di introdurre altri personaggi realmente esistenti, lasciano perplessi, ma forse questo
avviene soltanto perché non se ne è capito fino in fondo lo spirito.
Detta in estrema sintesi, questo romanzo appare contemporaneamente un passo avanti ed
uno indietro. L’autore sposta in avanti, quasi cronologicamente, la propria visione dell’uomo
nella società occidentale: dalla noia all’isolamento totale, dalla malattia alla morte, dalla
spinta sessuale alla mancanza di essa, ma senza la forza dirompente, sia nel linguaggio che
nell’intreccio, che avevano contraddistinto le sue opere migliori. Sarebbe facile definirlo un
romanzo importante ma stanco, in questo molto simile a “La possibilità di un’isola”, ma è
senz’altro possibile che il tono dimesso, l’osservazione meno diretta e coinvolta, non siano altro
che una scelta espositiva coerente all’affrontare la visione di Houllebecq.
Da un punto di vista assolutamente personale, spero soltanto che questo smisurato autore possa
ancora darci molti altri romanzi su cui riflettere, a volte indignarci e senz’altro discutere, perché
una delle poche certezze è che con un romanzo di Houellebecq non si rischia mai di annoiarsi o di pensionare il cervello.
Un’ultima raccomandazione. Come mi è capitato di fare per l’ultimo romanzo di John Irving, consiglio vivamente di arrivare a leggere quest’opera dopo aver apprezzato e goduto degli altri testi migliori dello stesso autore che, in questo caso, sono i tre citati all’inizio.
La carta e il territorio
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Concordo con il tuo giudizio su Houellebecq, e anche sul consiglio di leggere i suoi romanzi in ordine cronologico, ma a questo proposito ti devo correggere su un particolare: "Estensione del dominio della lotta" è il suo primo romanzo, del 1994, anche se in Italia è uscito dopo "Le particelle elementari", del 1998, per cui andrebbero letti in quest’ordine...