La casa sull’abisso
- Autore: William H. Hodgson
- Genere: Horror e Gotico
Inquietudine, straniamento, senso di abbandono e paura sono gli ingredienti che rendono questo breve romanzo dello scrittore inglese William Hodgson, pubblicato nel 1907, il capostipite di un genere che renderà famoso nientemeno che H. P. Lovecraft.
E’ proprio tra le pagine di questo misconosciuto autore che intravediamo per la prima volta ciò a cui siamo ormai abituati quando leggiamo lo scrittore di Providence, ossia l’ignoto, quella strana sensazione che ti prende lo stomaco e la gola quando ti trovi ad essere parte di fenomeni che non hanno alcuna spiegazione. Ed è nell’esatto istante in cui la tua mente si rende conto di tutto, che il tuo petto è attanagliato da un timore che ti sale dalle viscere e che ti fa sentire come se fossi il nulla in mezzo al nulla. Di fronte all’immenso orrore dell’ignoto non puoi far altro che scappare o morire. Ma non è questo quello che fanno i personaggi di Hodgson che popolano un romanzo costruito come una narrazione nella narrazione.
L’autore racconta di aver trovato un manoscritto molto antico, a sua volta ritrovato, anni addietro, da due uomini vicino ad alcune rovine in Irlanda. Quel testo è un diario scritto in un tempo remoto da un uomo assai vecchio che viveva con la sorella e un cane, in una casa abbandonata sull’orlo di un abisso, sotto il quale c’era un fiume. Le esperienze che vivrà il protagonista sono raccontate in modo terrificante che non lascia spazio alcuno all’immaginazione, perché non serve immaginare. Hodgson è talmente bravo da farci vedere e soprattutto sentire esattamente tutto ciò che egli vuole; da farcelo vivere fino al punto che chiuderemo il libro con la sensazione di aver viaggiato nel tempo, di aver combattuto contro creature mostruose provenienti da chissà quali dimensioni, di aver sognato la fine del mondo e di essere ancora miracolosamente vivi. Un vero e proprio miracolo, questo racconto, che pur non avendo una vera e propria trama, si fonda esclusivamente sulla volontà dello scrittore di narrare le sensazioni più che le vicende, rendendo quest’opera qualcosa di visionario e allo stesso tempo di maledettamente terreno.
Prima dello stesso Lovecraft, Hodgson ci racconta l’archetipo della paura umana: l’abisso, il vuoto, la tenebra. La casa, unico luogo sicuro, diventa per la prima volta lo scalino che conduce all’inferno. Un inferno che non brucia, ma che ti rende inerme, ti immobilizza mentre ti trasforma in una preda, come se l’oscurità che improvvisamente ti avvolge, risalisse dalla tua stessa anima, non solo attraverso le visioni ma anche i sogni. Quella dimensione onirica, tanto cara a Lovecraft, in cui il lato recondito e inabissato del cuore umano prende il sopravvento e dove la lotta tra razionalità e soprannaturale, non è mai ad armi pari, perché alla fine la vita umana diventa sempre e inevitabilmente dominio assoluto della follia. E’ utile a questo proposito far presente quanti scrittori e registi di oggi debbano il successo delle loro creazioni a quest’opera ancora purtroppo sconosciuta, dalla quale hanno attinto idee e atmosfere fino ad allora inesplorate. La solitudine è la condanna per ogni uomo che malauguratamente entra in contatto con forze che hanno a che fare con l’infinito. Ora come prima non c’è via di fuga per coloro che hanno visto e sentito. Non a caso lo scrittore di Providence definì macabra la fantasia di Hodgson ed è proprio la sua suggestività a rendere questo piccolo romanzo indimenticabile per tutti coloro che sanno quanto di non detto e di occulto ci sia tra le pieghe di questa terra e oltre.
La casa sull'abisso
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