La città nera
- Autore: Domenico Trischitta
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2021
Occorre giocoforza cominciare dal nero. Il nero terragno della lava dell’Etna e il nero delle anime che rendono Catania nera a sua volta. Laddove nero è meta-significanza. Nel nuovo romanzo di Domenico Trischitta, La città nera, (Algra editore, 2021) Catania è l’alveo e il finis terrae. Dove geografico di spaesamento e (ri)cominciamento. Snodo metropolitano di formazione e perdizione. A volerla inquadrare dal suo profilo lato, Catania, il suo centro storico, il quartiere di San Berillo, coincidono con il reticolo mitopoietico delle strade e dei ritrovi parigini. Oppure con altri altrove, Costa Azzurra, Senegal, il Sudamerica delle anime perse e vistose.
I personaggi di questo ulteriore tour de force ontologico sgorgato dalla vena di Domenico Trischitta, sono ancora una volta personaggi in bilico, percorsi, come dire, da un epos brechtiano che li rende eroici e votati alla sconfitta al tempo stesso. Vale per Micio Tringali (io-narrante e ideale trait-d’union delle storie che si intrecciano nel romanzo). Vale per Mohamed. Vale per Patricia. Vale, in fondo, per il corollario di antieroi che gravitano loro attorno. In altre parole: i sopravviventi della via Delle Finanze catanese (prostitute, neri, magnaccia, travestiti, i loro clienti) diventano scaturigine quasi archetipica di un kierkegaardiano esserci per il nulla. Un nero di malasorte, che rende irrisolti, privi di senso, a dispetto delle botte di vita adolescenziali, degli amori consumati e degli amori lasciati a mezzo, dei concerti, del sesso mortifero e del sesso salvifico, delle malinconie, dei soldi fatti e dell’anima perduta, tradendo se stessi più ancora che il corpo.
“Un giorno anche lei divenne madre. e se ne andò come sradicata dal vento dalla terra che l’aveva partorita. Dopo la consacrazione ufficiale a “puttana” si spinse lontano, in una terra che è il crocevia del Mediterraneo. Scelse Catania, la città forse meno latina del mondo, o almeno ai margini di quella latinità che di poco ha bisogno per diventare Africa. I quartieri del centro storico le ricordano la metropoli sudamericana che lei aveva abbandonato. La stessa atmosfera pesante fatta di odori forti tra i più disparati, il caffè, la muffa e le salse lavorate fin dal mattino da madri antiche.” (pag. 119)
Obliquamente a una scrittura lirica e feroce, Domenico Trischitta ci regala, in ultima analisi, un romanzo psicologico parcellizzato nella ragnatela di accadimenti topici di un’umanità sconfitta e tuttavia ancora resistente. Che vive, si illude, lotta, ama, sbaglia, sfida, si sfida, si ferisce, sotto la superficie luccicante a vuoto delle città dei nostri giorni.
La città nera
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