La cospirazione dei Cenci
- Autore: Simona Teodori
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2024
Roma, 1599, intrighi, segreti, prepotenze, abusi: la città, l’epoca, il climax dell’esordio narrativo di Simona Teodori, una scrittrice sorprendente, con un futuro aperto davanti a sé e al suo La cospirazione dei Cenci, in prima edizione da qualche settimana per i tipi Newton Compton (maggio 2024, collana Nuova Narrativa Newton, 288 pagine).
Un piccolo segno sulla pelle turba da sempre il pittore Michelangelo Merisi e una turpe vicenda recente lo agita. Un’ingiustizia annunciata: la sorte iniqua che incombe sulla ventiduenne Beatrice Cenci.
Lo chiamano il Caravaggio, dalle terre lombarde da cui proviene. Nasconde sotto le maniche una voglia color di fragola all’interno del polso, ereditata dal padre. Per la gente è un marchio del demonio e se n’è sempre vergognato, questo pessimo individuo eppure artista sublime, tra i più rissosi, violenti, incontrollabili frequentatori degli angoli perduti dell’Urbe, ma i suoi capolavori lo hanno reso il favorito del cardinale Del Monte, mecenate e porporato influente.
Nei dipinti di Merisi dominano le tenebre, rappresentano le oscurità del passato che riemergono ad affliggere chi vive. Lo stesso romanzo storico sembra svolgersi prevalentemente al buio, squarciato da lampi di violenza, schizzato ogni tanto di sangue, attraente nella trama condotta con eleganza, avvincente come l’antica vicenda che racconta mirabilmente.
Simona Teodori, nata a Roma, nel 1975, laureata in Legge alla Sapienza e specializzata in storia del diritto italiano, esercita la professione forense ma non trascura la passione per il thriller, il noir e il giallo. Organizza il Neroma Noir Festival e si dedica da anni alla letteratura di genere, dal 2018 anche all’editing e ghostwriting.
Ritiene che l’oscurità sia un tratto in comune tra l’inquieto Caravaggio e Beatrice Cenci, reclusa due volte, prima nella rocca di Petrella Salto dal padre, il conte Francesco, poi dal tribunale a Corte Savella, perché accusata di aver fatto uccidere il genitore.
L’autrice, Simona Teodori, informa di avere ricavato dai verbali del processo negli archivi romani, anche vaticani, ampi tratti del carattere di Beatrice e di altri personaggi. Confessa d’avere scelto la colta, giovanissima, sfortunata Cenci perché tanto legata alla storia della propria città. È uno dei fantasmi della leggenda nera capitolina cara ai ragazzi di Roma, fin da piccoli.
C’è anche un altro motivo di vicinanza: conosce molto bene Petrella Salto, paesino di montagna dominato dalle rovine della Rocca dei Colonna, in cui il padre fece rinchiudere a lungo la giovane con la matrigna Lucrezia, nascondendola al mondo per non sborsare i soldi di un’eventuale dote.
È convinta che Caravaggio - certamente presente alla decapitazione, davanti a Castel Sant’Angelo - l’abbia conosciuta frequentando gli stessi luoghi a Roma. Descrive infatti l’incontro in un palazzo nobiliare e crea il legame che impegnerà il pittore a perorare la causa della giovane.
La scrittrice immagina che Merisi consegni a un benedettino un manoscritto di pugno di Beatrice, per farlo pervenire alle più alte autorità pontificie, in difesa della Cenci. Il romanzo è quindi lo sviluppo del memoriale di Beatrice e il suo racconto in prima persona dei fatti.
La vicenda storica è nota: parricidio, accusa, condanna, esecuzione, ma vediamo come Caravaggio la premette nel romanzo, coinvolgendo fratello Candido.
“Sta per compiersi un ignobile assassinio”.
Sua Eminenza, anche su ordine di Ferdinando de’ Medici, sta intercedendo presso il pontefice per Donna Beatrice Cenci e i suoi parenti. La grazia papale potrebbe consentire a questa famiglia di sfuggire alla morte. Le carte del processo sono chiare e le testimonianze altrettanto sul conte dispotico e impudicamente violento con la bella figlia. Eppure, i presagi restano infausti.
“Siate la mia pedina per sconfiggere un’ingiustizia”.
La vicenda dei Cenci è sulla bocca di tutti. Papa Clemente VIII conduce una lotta inflessibile alla corruzione dei costumi, tuttavia la fama della vittima rende la questione molto delicata e s’intravvede la possibilità di far valere alcune attenuanti. Francesco Cenci era un balordo, debosciato, violento, perverso e senza scrupoli, scampato alla forca più volte grazie al denaro e alle aderenze della famiglia Santacroce materna.
Dal momento in cui Merisi è stato messo al corrente della vicenda, per bocca di Beatrice stessa, non ha “più pace”. Dice di avere conosciuto Giacomo e Cristoforo Cenci poco dopo il suo arrivo a Roma. Un lungo viaggio dalla pianura bergamasca, ventunenne, disperato come tanti, privo di mezzi, ma tanto ambizioso, certo che il talento l’avrebbe elevato su tutto e su tutti. L’occupazione nella bottega di Giuseppe Cesari è arrivata più avanti, anche grazie ai Cenci, due scriteriati arroganti ritrovati accanto a un tavolo d’osteria. Erano bastati pochi scambi di battute: i compagni di bicchiere diventano fratelli senza condizioni.
Descrive una Beatrice diversa dalla giovane ingenua e fragile di cui parla il popolo di Roma. Colta, intelligente, curiosa e versatile, integrata nella vita cittadina quando non oppressa dalla follia paterna e imprigionata in casa sotto la minaccia di percosse e violenze d’ogni genere.
Pur non conoscendo ancora i suoi tormenti, non aveva tardato a vedere negli mocchi intensi una parte del buio che sa di portarsi porta dentro.
“Condividevamo un’infelicità primitiva, una notte densa che riempie il petto e che l’anima osserva smarrita, cercando uno squarcio di pace”.
La cospirazione dei Cenci. Soprusi, violenze, intrighi e segreti
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