La dama di Barcellona di Daniel Sánchez Pardos

1854. Teatro di questo nuovo romanzo di Daniel Sánchez Pardos, "La dama di Barcellona" (Corbaccio, 2018), è la città catalana del titolo, metropoli in balia di un’imminente epidemia di colera, di scioperi violenti contro l’evoluzione e l’introduzione delle macchine, nell’industria tessile, e focolaio di balordi e assassini.
Il ritrovamento, in un pozzo, di un cadavere di donna, segno nefasto, per il clero, di una fine imminente della città, coinvolge l’ispettore Octavio Reigosa, uomo abile e pragmatico, che si fa aiutare dal "criptico" medico legale, Andreu Palafox, dal passato complicato e con una caratteristica peculiare.

E al centro di tutto, un uomo unto dal dono unico di abitare nel tempo sacro.

Quello che il vescovo Riera legge come segno divino, lascia invece perplessi i due che, con l’aiuto della provocatoria scrittrice Teresa Urbach e della governante Adela, non lasciandosi intimidire, catalogano come omicidio.

La topografia di Barcellona, prigioniera delle sue mura, ha il sapiente tocco dell’autore, che essendosi laureato in Filologia ispanica e traduzione letteraria, sa abilmente muoversi nel tempo antico. I suoi personaggi, come nel precedente romanzo, "Il segreto di Gaudi", diventano familiari, reali, corposi, vivi! La trama gialla e l’ambientazione storica ben si fondono in un panorama a tratti monumentale e a tratti "miserabile". Si respira la profonda spaccatura tra la ricca borghesia e coloro che, abbandonati, trovano ogni mezzo per sopravvivere.
L’autore ha uno stile, confermato ormai, che accompagna piacevolmente il lettore per tutte le quattrocentotrenta pagine. Assolutamente consigliato!

Viviamo nel tempo..... Pensiamo nel tempo. Sogniamo e moriamo nel tempo. Viaggiamo persino nel tempo, e questo lo chiamiamo ricordare. Ma c’è un limite temporale che non riusciamo a oltrepassare, ed è quello della nostra esistenza fisica. Non possiamo ricordare quello che non abbiamo vissuto fisicamente. Non possiamo sognare nessun tempo esterno a quello sperimentato dal nostro corpo. Siamo viaggiatori rinchiusi nell’angusto recinto del computo dei nostri anni.

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