Il regista premio Oscar Guillermo Del Toro torna sul grande schermo con La fiera delle illusioni - Nightmare Alley, il film tratto dal romanzo omonimo di William Lindsay Gresham pubblicato nel lontano 1946 e ora riedito in Italia da Sellerio.
Il romanzo di Gresham era già stato adattato per il grande schermo l’anno seguente la sua pubblicazione, nel 1947, con una produzione della 20th Century Fox diretta da Edmund Goulding con Tyrone Power nel ruolo del protagonista. La pellicola in bianco e nero de La fiera delle illusioni fu un flop al botteghino e rimase al margine della storia cinematografica degli anni ’40.
Settantacinque anni dopo Guillermo Del Toro, stregato dal libro di Gresham, decide di dare a Nightmare Alley una seconda chance in grande stile.
Per l’occasione il regista dirige un cast stellare: Bradley Cooper, Cate Blanchett, Rooney Mara, Toni Colette, Willem Dafoe, Ron Perlman e Richard Jenkins. Grande attesa dunque, complice la parata di stelle, per il nuovo noir diretto dall’acclamato regista nelle sale italiane dal 27 gennaio.
Ma Nightmare Alley è all’altezza delle aspettative?
La fiera delle illusioni - Nightmare Alley: la trama
Nightmare Alley narra la storia di Stanton Carlisle, probabile alter ego di Gresham stesso, un giovane brillante e carismatico che inizia a lavorare per necessità in un luna park itinerante. La trama segue la parabola tragica dell’esistenza di Stan che - guidato da un’ambizione e un’avidità irrefrenabili - giungerà all’apice del successo e, infine, cadrà in una spirale di annientamento.
Il giovane Stan (Bradley Cooper, Ndr) si muove tra le atmosfere cupe dei primi luna park americani, in cui la magia non è che un travestimento dorato, un orpello posto come squallido rivestimento per una serie di trucchi volti a estorcere denaro dagli ingenui spettatori.
Presto Stan si appropria delle tecniche di lettura mentale della medium Zeena (Toni Colette, Ndr) e del marito Pete fino a farne un’arte manipolatoria sopraffina. Grazie al suo intuito perfeziona quelli che sono dei banali numeri da illusionista traendone degli esercizi di spiritualismo in grado di stregare le menti più accorte.
È giovane, è ambizioso, Stanton Carlisle non ha alcuna intenzione di restare nel mondo del circo itinerante per tutta la vita, è avido di successo e di potere. Con la complicità della fedele Molly (Rooney Mara, Ndr), la ragazza della sedia elettrica invulnerabile alle scariche dell’elettroshock, Stan inizia a portare i suoi trucchi di mentalismo nella ricca società newyorkese dell’epoca.
Il successo è immediato. La gente muore dalla voglia di conoscere l’ignoto, vuole scoprire il futuro e ha fame di ricchezza, amore, fortuna. Stan capisce presto che le persone hanno anche un altro desiderio: parlare con i propri cari defunti, e ignorando gli avvertimenti della saggia Zeena, “Non fare spiritismo”, si adopera perché questo accada tramite l’imbroglio.
Mentre i soldi sul piatto aumentano la posta in gioco si farà sempre più alta.
Stan viene a contatto con la psichiatra Lilith Ritter (Cate Blanchett, Ndr), una donna misteriosa e affascinante, che diventa sua complice nell’irretire i potenti. La loro diventa un’alleanza pericolosa capace di alimentare una truffa milionaria.
Tramite Lilith l’illusionista conosce il magnate Ezra Grindle che gli propone una cifra vertiginosa in cambio dei suoi servigi. L’anziano Grindle in realtà intende espiare tramite lo spiritismo una colpa sepolta nel proprio passato.
Stan, abbagliato dal denaro e dal successo, accetta l’incarico. Ma non sa di essere intrappolato in un’illusione più grande di quella da lui stesso architettata.
Nightmare Alley: le differenze tra libro e film
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Guillermo Del Toro riesce a donare al libro di Gresham le giuste atmosfere, complice un’ambientazione cupa, piovosa, fatta di cieli plumbei e notti buie. Sin dalle prime scene trasforma il luna park in un labirinto degli orrori.
Eccezionale la fotografia e anche l’elogio grottesco della mostruosità che Del Toro inserisce tra le inquadrature facendone una cifra stilistica della propria regia. Il luna park del regista messicano è volutamente più oscuro di quello narrato da Gresham. Lo scrittore non ci mostra mai l’orrore, ce lo fa intuire tra le righe tramite una prosa volta a provocare turbamento. Del Toro invece si serve del sangue, del mostruoso, della violenza per inchiodare lo spettatore alla poltrona e generare un senso di apprensione costante.
Il regista gioca inoltre sulle contrapposizioni delle due protagoniste femminili: c’è la mora e angelica Molly (Rooney Mara, Ndr) che appare in netto contrasto con la bionda e perfida Lilith (Cate Blanchett, Ndr).
C’è anche, al di là delle inquadrature, l’inquietante avanzare della Seconda guerra mondiale che gli Stati Uniti si stanno preparando a combattere all’insaputa dei protagonisti. L’orrore della Storia si nasconde tra le pieghe di vicende più private, aumentando il senso di turbamento dello spettatore.
Nel romanzo originale, invece, i fatti narrati sono ambientati alla vigilia della Grande depressione del 1929 che avrebbe messo in ginocchio l’economia mondiale, preparando il terreno alla guerra.
Chi ha letto il libro di Gresham vedendo il film di Del Toro ha l’impressione di un’accelerazione spropositata, di una trama che si sviluppa a mille all’ora andando dritta verso il finale. Il ritmo lento della scrittura di Gresham viene del tutto annullato nella pellicola del regista che non indugia affatto in vane inquadrature di contorno o in silenzi rappresentativi.
Dal romanzo Nightmare Alley Del Toro ha estrapolato soprattutto l’azione, lasciando che la psicologia si spiegasse da sé. È forse questa la più grave mancanza che si avverte guardando il film.
La pellicola è un trionfo di fotografia, recitazione, effetti speciali, tuttavia non riesce a portare sullo schermo la psicologia perturbante che ha fatto del romanzo di William Lindsay Gresham un’opera irresistibile, un “libro maledetto”.
Il finale di Del Toro, purtroppo, non stupisce e non commuove, nonostante la folle risata di Bradley Cooper buchi lo schermo. Proprio il protagonista, Stan Carlisle, rimane paradossalmente il personaggio più oscuro della pellicola.
Nel romanzo Stan Carlisle è il cuore pulsante delle pagine, la voce che le fa vibrare, mentre nel film la sua vicenda personale viene in parte messa in ombra dalla frenesia degli eventi e dal caleidoscopio affascinante degli altri personaggi. La sua tragedia individuale di uomo viene così offuscata da un dramma collettivo, senz’altro più pregnante, che comunque lascia al pubblico a visione ultimata molte domande e poche risposte. Ma forse era proprio questo l’intento finale di Guillermo Del Toro e la cifra stilistica del cinema noir: lasciare l’ambiguità di un margine oscuro.
Del resto, l’opera di un celebre regista non può certo eguagliare quella di un grande autore: il primo non accetterà mai di replicare il capolavoro del secondo, ne vorrà fare uno proprio, una sua interpretazione. Forse è questo lo scarto più grande tra un romanzo e una pellicola cinematografica: il primo è una storia da immaginare, mentre la seconda è una storia da vedere. Il film, in ogni caso, ti mostra un’interpretazione del romanzo che è diversa da come la tua mente l’aveva immaginato durante la lettura.
La fiera delle illusioni di Del Toro è stato definito un gran film, forse proprio perché riesce a fare della “parabola del mangiabestie” una narrazione sociale e non individuale. O forse perché in Nightmare Alley e nel suo luna park delle illusioni Del Toro ha visto il riflesso più specchiante della narrazione cinematografica.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La fiera delle illusioni - Nightmare Alley: al cinema il film di Del Toro ispirato al romanzo di Gresham
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