La figlia unica
- Autore: Guadalupe Nettel
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: La Nuova Frontiera
- Anno di pubblicazione: 2020
La figlia unica di Guadalupe Nettel (La Nuova Frontiera, 2020, traduzione di Federica Niola) è la storia, ambientata a Città del Messico, non solo e non tanto di una figlia molto desiderata ma, soprattutto, di una rete di relazioni amicali fra donne molto diverse sotto vari profili.
Laura, voce narrante, è una donna indipendente, poco portata a vivere in coppia e con solide certezze sulla maternità, che concepisce come un peso che grava soltanto o quasi sulla madre, un intoppo che impedisce alle donne di vivere appieno la propria vita. Di conseguenza, avere figli non rientra nei suoi progetti. Del suo credo Laura non fa mistero, anzi diffonde le sue convinzioni parlandone soprattutto (ma non solo) con le amiche più care.
A differenza della generazione di mia madre, che considerava aberrante l’idea di non avere figli, molte donne della mia hanno deciso di astenersi. Le mie amiche, per esempio, si potevano dividere in gruppi altrettanto numerosi: quelle che contemplavano la possibilità di abdicare alla loro libertà e di immolarsi sull’altare della conservazione della specie, e quelle disposte ad accettare lo stigma sociale e familiare pur di preservare la propria autonomia.
Alina, amica intima di Laura, la pensa come lei. Fra le due giovani donne la comunicazione non si interrompe neppure durante i periodi in cui si ritrovano ad abitare in continenti diversi. Si confidano, si confrontano, si comprendono nonostante le profonde differenze di carattere.
Quando Alina incontra Aurelio, però, finisce per desiderare fortemente di diventare madre.
Alina mi ha raccontato anche che stava vedendo una psicologa. Aveva cominciato ad andarci al ritorno dalla Francia. Una donna sulla sessantina, di nome Rosa, che aveva sentito nominare con una certa reverenza da altri psicanalisti, e che a quanto pareva aveva avuto un ruolo importante nella sua decisione di avere figli.
«Ti rendi conto? Per anni ho temuto di ripetere gli errori commessi da mia madre con mia sorella e con me. Ho dovuto disattivare quella paura per trovare il coraggio di vedere che in realtà desidero formare una famiglia. Voglio vivere questa esperienza, Laura. Sogno di farla. Mi dispiace se ti ho deluso».
Il desiderio di Alina e Aurelio di avere un figlio si realizza dopo qualche iniziale difficoltà, ma non tutto va per il verso giusto e la coppia si trova a dover compiere scelte difficili.
La morte o la malattia grave di un figlio sono prove durissime per i genitori; l’autrice ne parla senza retorica e senza ipocrisia, restituendoci gli stati d’animo, gli interrogativi e le risposte di una madre e di un padre alle prese con una situazione estrema in cui neppure la scienza sa dare indicazioni chiare.
In questa vicenda dolorosa si inserisce Marlene, donna sensibile e misteriosa, che si prende cura, insieme agli esausti genitori, della piccola Inés.
Doris, vicina di casa di Laura, è oppressa da un dolore che non riesce a gestire. Vive come una reclusa insieme a Nicolás, il suo bambino, il quale assorbe la cupezza materna ed è soggetto a spaventosi e ricorrenti accessi di rabbia. Fra le due donne passa una corrente di complicità e Laura prova nei confronti di Nicolás un’immediata e ricambiata simpatia.
Le vicende dei vari personaggi si affiancano e si intrecciano con naturalezza, senza togliersi spazio reciprocamente.
Guadalupe Nettel, che per fortuna non sembra voler dimostrare tesi precostituite, descrive con efficacia e al tempo stesso sobrietà espressiva, delicatezza e insieme intensità di contenuti la molteplicità dei modi di essere o non essere madre, di rifiutare o accogliere la maternità, di inserirla armoniosamente nella propria esistenza o di farsene schiacciare.
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