Sapete chi era Melusina? La sua leggenda non cessa di parlare alla contemporaneità, svolgendosi in nuovi tempi e modi. Virginia Woolf identificò in questa creatura fantastica, metà donna e metà serpente, “un’immagine dell’essenziale androginia della mente creativa”.
Questa concezione woolfiana avrebbe trovato l’apoteosi in Orlando (1928); ma non è errato pensare che tutto abbia avuto origine dalla leggenda di Melusina risalente alle narrazioni pre-cristiane del XII secolo. Il tema dell’androginia aveva infatti un’antica tradizione ed era già stato affrontato dalla mitologia greca - pensiamo all’indovino Tiresia, descritto come un ermafrodita che visse metà della propria esistenza come donna e metà come uomo. La storia di Melusina trovò linfa narrativa nelle tradizioni celtiche e, in seguito, nei canti dei trovatori di epoca medievale attorno all’anno 1100.
La fama di Melusina crebbe inoltre nel Romanticismo, quando il suo mito divenne oggetto di numerosi rifacimenti in lingua francese e tedesca: il corpo diviso della creatura (descritta talvolta come una sirena) rappresentava l’anima nel suo duplice aspetto, la scissione dell’essere femminile (spesso utilizzata, soprattutto nel tardo Medioevo, per spiegare la sua inferiorità rispetto al maschile).
Scopriamo l’origine della leggenda di Melusina e la maniera in cui è stata narrata (e deformata) negli anni sino ad arrivare alla nostra Virginia Woolf.
La leggenda di Melusina
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La leggenda di Melusina iniziò a essere narrata compiutamente in epoca medievale, la genesi della sua storia risale già attorno al XII secolo, per poi svilupparsi, in varie versioni, in tutte le letterature europee.
La figura di Melusina si modifica e muta di narrazione in narrazione: talvolta ha le sembianze di una fata, altre di un essere demoniaco. Le fonti non sono concordi neppure riguardo al suo aspetto: alcuni scrivono che avesse una coda di serpente, altri una coda di sirena.
Il romanzo che, in un certo senso, certifica la figura di Melusina e la intrappola in una forma letteraria fu scritto attorno al 1300 da Jean d’Arras e intitolato La leggenda della fata Melusina. Il libro di D’Arras narrava la storia di una fata bellissima che, una volta a settimana, a causa di una terribile maledizione, veniva trasformata in serpente dall’ombelico in giù. La ragazza era stata punita dalla madre per aver osato vendicarsi dell’abbandono del padre, il re scozzese Elinas, facendolo imprigionare in una montagna con la complicità delle sorelle minori. La maledizione, come tutte le maledizioni, tuttavia, aveva una clausola: se Melusina fosse riuscita a sposare un uomo, che avrebbe giurato di non spiarla mai il sabato e di non rivelare il suo segreto, avrebbe mantenuto la forma umana di una donna vera.
Melusina incontra il promesso sposo che ha il volto di Raimondo di Poitiers che scopre la splendida fata nel bosco, nei pressi della fontana della “Soif” detta anche “Pozzo della gioia assetata”, durante una battuta di caccia. L’uomo se ne innamora perdutamente e promette di sposarla, tenendo fede alla promessa. Melusina darà a Raimondo una numerosa stirpe - quasi dieci figli - ma le dicerie turbano la vita felice dei due sposi. Vengono insinuati dei dubbi in Raimondo, circa la strana abitudine della moglie. Infine l’uomo decide di dare ascolto alle insinuazioni malevole e, non potendo più trattenere la curiosità, infrange la promessa spiando la moglie nel momento proibito: così scopre, con orrore, che Melusina sta immersa in una vasca e, al posto delle gambe umane, possiede una lunga coda di serpente. Dopo aver scoperto il segreto, Raimondo chiede perdono; ma ormai è troppo tardi. Melusina vola via, lasciando il marito nella disperazione e gettando sulla stirpe la maledizione di un amore tragico, molte disgrazie si abbatterono in seguito sulla famiglia.
Il romanzo di Jean D’Arras fu in seguito rielaborato da un trovatore medievale, nel 1400, di nome Coudrette che vi inserì vari elementi personali.
La leggenda di Melusina fu in seguito ripresa da diverse narrazioni, specialmente in epoca romantica. Fu ripresa anche da Goethe nella fiaba Die neue Melusine, tradotta in italiano come La nuova Melusina. Nel suo racconto, risalente al 1797, Goethe riadattava il mito, immaginando che Melusina di giorno fosse una bellissima donna e, di notte, si trasformasse in una nanetta, davvero minuscola ma dalle forme armoniose, e che non avesse commesso nessuna colpa per meritare una simile punizione. La fiaba di Goethe, come tutte le fiabe, presentava un lieto fine ma anche un ammonimento: la morale era redarguire gli uomini della loro intollerabile cuoriosità, che non portava a nulla di buono.
Ritroviamo il mito di Melusina, rimaneggiato, anche in un’altra versione: L’Undine di Friedrich De La Motte Fouqué nel 1811 in cui per la prima volta appare il dissidio tra uomo e natura, tra maschile e femminile, che non presenta alcun lieto fine.
La storia di Melusina non cessò di esercitare una forza potente sull’immaginario collettivo: non si contano i numerosi rifacimenti dell’opera, l’analisi più interessante è sicuramente quella sviluppata da Virginia Woolf che colse in Melusina un simbolo.
Virginia Woolf: Melusina e Orlando
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Virginia Woolf fu affascinata dal mito di Melusina, tanto da riconoscere nella sua figura una androgynous force, una “forza androgina”, come viene anche riportato in una citazione di Possessione di Antonia S. Byatt.
La leggenda di Melusina fu di ispirazione a Woolf per la pubblicazione del suo celebre romanzo Orlando (1928), dedicato all’amica-amante Vita Sackwille-West. Non fu Vita, a quanto pare, l’unica ispiratrice del libro: la sua figura umana si fondeva, in una suggestione potente, con quella della donna serpente del mito.
An image of the essential androgyny of the creative mind
Così Virginia Woolf definiva la figura di Melusina, l’ambigua creatura, la fata maledetta, diventava un simbolo, nello specifico, un’allegoria della mente creativa che, necessariamente, era androgina. Anche nel celebre saggio scritto successivamente Una stanza tutta per sé (A Room of One’s Own, 1929), Woolf teorizzava che nella mente di ogni essere umano convivono una parte femminile e una maschile, spesso negli uomini prevale il maschile e nelle donne viceversa, tuttavia solo una mente androgina - totale - può comprendere davvero il mondo. A partire da questo principio Virginia Woolf teorizzava che la vera mente creativa - anche letteraria, a tal proposito citava Shakespeare, Keats, Coleridge - dovesse necessariamente essere androgina, per comprendere la totalità, per racchiudere l’universale.
Anche il personaggio di Orlando, narrato da Woolf, rappresenta la fluidità di genere, in quanto passa dal maschile al femminile senza soluzione di continuità nel corso di un’esistenza longeva e proteiforme.
L’androginia, intuita da Woolf grazie alla figura ambigua di Melusina, in Orlando diventava un romanzo; mentre con Una stanza tutta per sé si trasfondeva nel saggio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La leggenda di Melusina secondo Virginia Woolf
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