La leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi

Salvatore Niffoi è sardo dalla punta dei capelli alla punta dei piedi e fin nel midollo delle ossa. La Sardegna è la sua musa ispiratrice, il vaso di Pandora da cui estrae le sue storie, il palcoscenico dove fili invisibili mossi dalle mani di un sapiente regista guidano i suoi personaggi. La Sardegna è una terra aspra e selvaggia, mitica e misteriosa, affascinante e terribile ad un tempo e Niffoi è il suo cantore.

In Sardegna e più precisamente nella Barbagia interna, a pochi chilometri da Nuoro sorge Abacastra, un paesino, dimenticato da Dio e dagli uomini. Pochi chilometri che valgono come anni luce, una distanza immensa dalla città, moderna e progredita. Ad Abacastra i prodotti del progresso tecnologico quali televisori, cellulari e computer non mancano, ma galleggiano su un mare di ignoranza, di miseria, di superstizione e di tradizioni. Il paese ha anche una singolare caratteristica perché detiene un tragico record di suicidi: ad Abacastra uomini e donne pongono volontariamente fine anzitempo ad un’esistenza dolorosa e straziante, rispondendo positivamente all’invito di una Voce che nel momento in cui il dolore, la delusione, la vergogna si fanno più forti li richiama ad una tragica consapevolezza: - Ajò, vedi che il tuo tempo è scaduto -, lasciando al libero arbitrio degli uomini solo la scelta del modo e del dove.
Batti, la voce narrante, l’autore stesso, è il ligio ufficiale di stato civile che puntualmente annota sul registro quelle morti violente, le comprende alla luce della storia della loro vita, ma non le accetta, non vi si rassegna.

Tutto ciò avviene fino a quando su Abacastra non cala un angelo, dai piedi scalzi e dagli occhi ciechi, che i fili di quelle storie li coglie proprio al culmine, un attimo prima del loro sanguinoso epilogo, per stravolgerle e trascinarle verso un altro destino, per aprire gli occhi, lei che vive nel buio, ai loro disperati protagonisti e riportare la pace, la fiducia nel futuro, l’amore per la vita.

Redenta Tiria è quell’angelo: essa è accolta con la stessa naturalezza con cui gli abitanti di Abacastra sanno di poter sentire la Voce, in questo clima in cui il soprannaturale si mescola alle vite degli uomini e le compenetra, quasi che di esso non si potesse fare a meno.
Batti non è esente dal destino degli abitanti del suo paese, anche per lui viene il momento della disperazione e l’invito della Voce, anche per lui, in un momento catartico, giunge l’aiuto di Redenta Tiria che lo trascina verso la salvezza della redenzione e della resurrezione.

I racconti di Niffoi, a metà strada tra storie bibliche e favole per adulti, sono espressi in una lingua singolare, un misto di italiano e di sardo, a volte ostico al lettore del continente, a volte dal suono puramente evocativo, restando oscuro il significato delle parole. Una lingua che si erge, potente, come uno schermo per il lettore estraneo, a salvaguardia della sostanza più intima di un mondo non conoscibile fino in fondo da parte di chi non vi appartiene.