La macchina della felicità
- Autore: Flavio Insinna
- Genere: Romanzi d’amore
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Mondadori
- Anno di pubblicazione: 2014
Un flusso di parole, un misto di emozioni ed eventi narrati rendono il secondo libro di Flavio Insinna, “La macchina della felicità” (Mondadori, 2014), una storia che si legge facilmente anche perché ricca di sentimento e di umanità.
Gli eventi non sono particolarmente intricati: all’inizio della narrazione, il protagonista pare un uomo “non completo” poiché si ritrova affettivamente solo e la sua vita lavorativa non riempie le lacune del suo cuore.
Vittorio, protagonista della vicenda, lavora sei giorni su sette in un casinò all’interno di un hotel romano. La sua esistenza è apparentemente tranquilla, regolare, “al sicuro” tra quelle mura che gli danno un lavoro ben remunerato e un alloggio di prima qualità, proteggendolo dal mondo esterno cui non è più particolarmente legato soprattutto da quando ha perso ambedue i genitori. Non ha praticamente bisogno di nulla perché lì, nel suo piccolo appartamento all’interno dell’hotel, c’è anche una cameriera filippina che si occupa di lui e delle sue necessità.
Eppure Vittorio non è felice: lo si evince dal fatto che le sue notti sono insonni o, almeno, fatte di riposi troppo brevi per chiunque. Ogni tanto nell’hotel fa qualche conoscenza femminile ma si tratta di storie dalla breve durata, magari una sola notte, che non lasciano segno tangibile nel suo cuore e non gli donano una serenità vera e profonda.
Vittorio è il supervisore delle attività al casinò e si muove tra roulette e slot machine, tutte “macchine dell’infelicità” perché, si sa, il banco vince sempre e il problema sta solamente in chi gioca.
“Il disastro non inizia quando giochi, quando perdi. Neanche quando perdi tutto è veramente un disastro. No, la tragedia vera inizia quando un giocatore decide che deve rifarsi e si convince che ce la farà: quello che ha perso al gioco, il gioco stesso glielo dovrà ridare. Ecco lì inizia il vero disastro. In quel momento. Da lì si scende verso l’inferno. Senza ritorno... Non mi faccio troppe domande, non esprimo giudizi. All’inizio, da ragazzo, mi capitava. In certe serate mi sono sentito un becchino, un avvoltoio, poi ho imparato a non prendermi le colpe degli altri, a rispettare la gente adulta. Vengono qui per vincere. Ma sotto sotto vengono anche per perdere. Autodistruzione, autocommiserazione – Sono proprio sfortunato, mi va sempre tutto male. Vuoi vedere? Ecco qua, ho perso ancora, sono sfortunatissimo . – Per loro è una fortuna confermare d’esser sfortunati, perché se andasse diversamente, se gli girasse bene, sarebbero costretti ad ammettere che il destino non si accanisce, che le cose si possono cambiare ma ci vuole forza, passione, coraggio.”
Queste doti, inizialmente, non si ritrovano certo nel protagonista che, pur consapevole del proprio disagio e della propria infelicità, preferisce rimanere nel proprio ambiente dorato, osservando ciò che avviene ma non curandosi del destino altrui e non allontanandosi troppo dalle sicurezze che quel posto di lavoro gli offre.
Poi, durante uno dei suoi martedì liberi, quelli in cui Vittorio va al cinema, sua antica passione, ecco al botteghino c’è “Lei”, giovane e bella, di aspetto non troppo provocante ma, proprio per questo, ancor più fine e attraente. Ecco le prime occasioni per conoscersi. Ora “Lei” ha un nome, Laura, e alcuni legami profondi, in particolare quello con una figlia adolescente nata da un passato rapporto matrimoniale, da tempo al capolinea. Per Vittorio, uomo maturo, scocca la scintilla dell’innamoramento, quella che fa battere il cuore, contare i giorni, le ore, i minuti che separano dal successivo incontro, quella che fa cercare tutto su “Laura ”, dal significato del nome ai versi del Petrarca, quella che gli dà il coraggio di chiederle un appuntamento e poi ancora un altro e che, soprattutto, lo renderà, giorno dopo giorno, un uomo diverso.
Frammisto a tanti pensieri ed eventi c’è un sogno, un desiderio, che la stessa Laura, nei momenti difficili, aveva invano coltivato. Si tratta di un luogo lontano, la Polinesia, una specie di paradiso in Terra, ove tutto è sereno, quasi magico e ove avrebbe voluto portarla, tanti anni prima, Giulia, ora ventenne, costruendole una “macchina per la felicità”. Da qui in poi anche Vittorio fa un po’ suo questo sogno, progettando un futuro di gioia, rompendo gli schemi comuni poiché, solitamente, noi ci limitiamo a guardare alla felicità come fosse all’orizzonte, come a un traguardo verso cui andare ma che non si raggiunge mai.
Il rapporto con Laura si fa più stretto e Vittorio conosce la famiglia di lei, costituita ormai soltanto da nonna Alba, assai anziana ma dalla forte tempra, e dalla figlia Giulia, giovane, ribelle e infelice. In virtù del nuovo sentimento, Vittorio ritrova la parte più intima e bella di se stesso, cambia la propria vita facendo cose che mai avrebbe potuto immaginare.
Nel finale Flavio Insinna ci riserba più e più sorprese: un misto d’amore, di speranza, di sogni, di buoni sentimenti ma tra essi spicca un fondo d’amarezza, di melanconia che, si sa, purtroppo fa parte della vita di ognuno di noi.
Questa storia d’amore, definita in copertina “commovente come una favola, calda e sensuale come un quadro di Gauguin”, sgorga dalla penna d’uno scrittore particolarmente sensibile, e, assai ben scritta, fluisce lieve facendosi così, magicamente, leggere d’un fiato.
La macchina della felicità
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