La magnifica illusione. Giorgio Gaber e gli anni 70
- Autore: Nando Mainardi
- Genere: Musica
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2016
Lo strappo definitivo con la "sinistra" è drastico e avviene in pubblico. La stagione in corso è quella del 1978/79 e “Polli di allevamento” è lo spettacolo con cui Giorgio Gaber sta girando l’Italia. Secondo uno stile ormai consolidato, novanta minuti e spiccioli di monologhi e canzoni, di quelli ruvidi, malgrado l’ironia, che non le mandano a dire: in piazza sono stavolta i tic di un movimento studentesco ripreso (rappreso?) nel milieu della sua recrudescenza modaiola. Con “Polli di allevamento” Gaber e Luporini sono all’acme del loro decennio “impegnato”: dopo il taglio netto con la canzonetta ci sono stati i monologhi (ma anche i rantoli, le crisi, i balbettii) del Signor G., e poi la sbieca intrinsecità (l’ossimoro è voluto) con il nuovo che avanza(va), passando per prassi e teoria, prosa, politica, canzoni, ideologie. Beninteso senza distogliere lo sguardo dalle contraddizioni, perché Gaber è Gaber, libertario sputato e sui generis in tutto e per tutto: pensiero & azione. Con un titolo che si rifà a un suo brano-manifesto, Nando Mainardi ci offre la sua sugli anni e i dischi della "partecipazione" trasversale gaberiana “La magnifica illusione. Giorgio Gaber e gli anni 70” , muovendo da un assunto incontrovertibile: il “vero” Gaber è da cercare lì in mezzo, recuperare tra il ferro e fuoco (e tantissimo altro) dei millantati anni di piombo. Spiega l’autore Nando Mainardi:
“Certo si capiva che Gaber, a un certo punto, aveva abbandonato a sorpresa il mercato discografico e la televisione (…) per diventare un affermato e acclamato uomo di teatro. Ma in cosa consistesse di preciso la sua nuova attività non era chiarissimo. E neppure cosa portasse in scena, una volta fatto il grande salto. Veniva immancabilmente rimossa la parte più esaltante e innovativa (…) del suo percorso: il teatro canzone degli anni Settanta. Ovvero quando fare teatro e cantare canzoni, per Gaber, significava parlare di rivoluzione, di cambiamento, dei tentativi eroici e spesso fallimentari di abbattere regole che fino a poco tempo prima erano consideraste eterne e immutabili” (pagina 9)
“La magnifica illusione” è allora un racconto che, tra le righe, sa anche di propedeutica. Il racconto del “genio” (in)compreso e del contesto che meglio, forse, lo fotografa in luci e ombre. L’articolato piano-sequenza di un percorso artistico-umano che - partito da rock e cabaret, approda all’invenzione di un genere meta-cantautorale, senza antesignani: quel teatro-canzone capace di affrescare per gradi il “pubblico” (l’Italia, la politica) senza perdere di vista l’individuo, compreso il suo fardello plurimo di slanci, smarrimenti, idiosincrasie, frustrazioni. Nando Mainardi si fa leggere volentieri, scrive benissimo e con estrema puntualità. Il suo saggio sarà in distribuzione da marzo per la collana FUORI SACCO delle Edizioni Vololibero (2016).
La magnifica illusione. Giorgio Gaber e gli anni '70
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