La mia Antonia
- Autore: Willa Cather
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Elliot
- Anno di pubblicazione: 2015
Pubblicato nel 1918, “La mia Antonia” della scrittrice Premio Pulitzer Willa Cather torna in libreria dal 30 aprile 2015 con un’edizione della casa editrice Elliot.
“Sentii parlare per la prima volta di Antonia in un lungo, interminabile viaggio attraverso le grandi pianure centrali del Nord America”.
Jim Burden, rimasto orfano a soli dieci anni di entrambi i genitori, era stato mandato dai suoi parenti della Virginia a vivere nei pressi di Black Hawk nel Nebraska dai nonni paterni. Durante il lungo viaggio verso l’Ovest in compagnia di Jake Marpole, ex “braccio forte” nella vecchia fattoria Burden, ora in procinto di essere assunto dal nonno del bambino, un controllore aveva raccontato all’uomo e a Jim che nella vettura degli emigranti c’era una famiglia d’oltreoceano che aveva la loro stessa destinazione. Giunti alla stazione di Black Hawk, Jake e Jim appena scesi dal treno avevano notato alcune persone cariche di fagotti e scatole che stavano raggruppate sulla piattaforma: una donna portava lo scialle a frange legato sulla testa e stringeva un bauletto di metallo fra le braccia. Accanto a lei un vecchio alto e curvo, due ragazzi e una giovane che portavano dei fagotti avvolti in tela cerata e una bimbetta che s’aggrappava alle gonne della madre. Sarebbe stata l’adolescente Antonia, di quattro anni più grande di Jim, che proveniva dalla vecchia Europa, dalla Boemia, a fare da collegamento tra la nuova vita del ragazzino e la precedente. La nonna di Jim era una donna alta, magra, un po’ curva, veloce ed energica, il nonno aveva una barba ondulata candida come la neve, occhi azzurri lucenti con uno scintillio fresco come di ghiaccio. La fattoria dei nonni era formata da una casa bianca a un piano con un mezzanino sopra l’interrato, un mulino a vento vicino alla porta della cucina e dalle stalle, granai e porcili. Il tutto era circondato dall’ondulata e ininterrotta distesa dei prati dell’Ovest.
“Dappertutto, a perdita d’occhio, null’altro che erba irta, dura, rossa, alta quanto me”.
Gli Shimeda, prima famiglia di nazionalità boema venuta ad abitare nel luogo, aveva comprato da un connazionale il terreno nel quale era andata a vivere, ma l’aveva pagato più di quanto valesse, basti pensare che l’abitazione assomigliava a una grotta. Era gente simpatica che ancora non conosceva l’inglese, se il figlio maggiore era già adulto e forte abbastanza da coltivare la terra, il padre era anziano, delicato di salute e non s’intendeva affatto di agricoltura essendo stato in patria un tessitore. Era stato meraviglioso assistere al susseguirsi delle stagioni insieme ad Antonia, “quel primo divino autunno”, alla prima neve all’inizio di dicembre, alla primavera che spandeva la sua vitalità dappertutto. Ma era stato proprio a Natale che era accaduta la tragedia che aveva cambiato per sempre il destino degli Shimeda.
“Ogni tanto scrivo quello che mi ricordo di Antonia. È l’unico divertimento che ho nei miei lunghi viaggi attraverso il paese”.
Nell’Introduzione del volume La mia Antonia (titolo originale My Antonia, traduzione di Jole Jannelli Pinna-Pintor) di Willa Cather (Winchester 1873 – New York 1947), Jim Burden, legale di una delle grandi società ferroviarie dell’Ovest, aveva consegnato al suo amico d’infanzia una grossa busta che conteneva tutti i ricordi legati a una ragazza boema che per entrambi rappresentava la terra stessa del Nebraska, le condizioni, le magiche avventure infantili. Il titolo di questo manoscritto non poteva che essere La mia Antonia, la stessa piccola frase dal grande valore che in un tempo ormai passato amava ripetere un uomo che “tanto poco sapeva dire”. La casa editrice romana riedita uno dei romanzi più belli che l’autrice, nata in Virginia da una famiglia di origini irlandesi e alsaziane ma cresciuta in Nebraska, aveva pubblicato nel 1918. Willa Cather, scrittrice di culto della letteratura americana, vincitrice del Premio Pulitzer nel 1923 con One on Ours, in questo romanzo delinea la personalità di una pioniera dalla natura forte e indipendente, che possiede in fondo al cuore una gioia di vivere contagiosa. Impossibile dimenticare Antonia e quel tempo felice, giacché i giorni più belli passano presto.
“Optima dies... prima fugit”, Virgilio, Georgiche.
La mia Antonia
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