La nevicata del secolo. L’Italia nel 1985
- Autore: Pasquale Palmieri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2024
Nel gennaio 1985 l’Italia è stretta da una morsa di freddo e neve. Nevica anche nelle regioni del Sud, è un evento epocale, lo specchio di giorni tra il cane e il lupo: per le strade c’è ancora chi spara ma è fuori tempo massimo, i Settanta sono sempre più lontani, sbiaditi dalle luci stroboscopiche del travoltismo reale, che fa rima con edonismo-craxismo-rampantismo reali. E intanto nevica, la nevicata del secolo. A posteriori, roba buona per la nostalgia o la dietrologia attraverso i segni del cielo, giusto per rafforzare l’idea del clima che tirerà per il resto dell’anno in Italia e nel mondo. Lo stipendio di un operaio si aggira intorno alle 600.000 lire. Un giornale ne costa 650, il caffè 400. Un chilo di pane 1.200. La benzina sale piuttosto che scendere, nel 1985 arriva a 1329 al litro. In televisione è il momento della comicità intelligente di Quelli della notte, controcanto alla comicità idiota del periodo; e sulla scena internazionale Michail Gorbaciov, Segretario Generale del PCUS che molti indicano come l’uomo della svolta, e non si sbagliano. A quattro anni dalla caduta del Muro di Berlino e a sei dal collasso dell’URSS (più svolta di così), con la nazione distratta dal solleone - giocoforza dimentica della nevicata del secolo - al processo di Catanzaro, la sentenza shock sulla strage di Piazza Fontana: tutti assolti gli imputati. Ulteriore scivolone giudiziario dell’anno, la condanna a dieci anni di carcere di Enzo Tortora. Si tratta di un processo contro la camorra: il presentatore è stato tirato in ballo dalle confessioni di un pentito dalle idee piuttosto confuse.
Questo per dire come, caschi la Terra (tutti giù per terra), nell’ex Bel Paese la musica continua a essere più o meno la solita. L’insostenibile leggerezza dell’essere di Milan Kundera è il libro dell’anno. Lo compra (senza leggerlo) un italiano su due; basta una scorsa al titolo per sentirsi parte del trend intellettualoide. È più che mai l’epoca del voluttuario, dell’apparenza, del corpo trionfante. L’apoteosi della palestra, delle lampade abbronzanti, delle body farm, e pazienza per i tanti morti di eroina. La seduzione non è solo femminile. Anche al maschio piace piacere. Un’euforia collettiva e trasversale: libero sesso in libero Stato, con buona pace dell’AIDS malattia del periodo.
Il gennaio anomalo dell’85 è il punto di partenza per l’ampio e intelligente “come eravamo” di Arnaldo Greco e Pasquale Palmieri sugli anni Ottanta, intitolato La nevicata del secolo. L’Italia nel 1985 (Il Mulino 2024). Al netto della cronaca meteorologica e dell’acuta simbolizzazione dell’evento - la neve come pausa nazionale nella corsa alla modernità -, l’anamnesi progredisce attraverso diversi canali di indagine (politico, sociologico, mnemonico, dei costumi), il cui elemento di continuità potrebbe rintracciarsi nelle dinamiche generatrici il sentimento della nostalgia. La metaforica gelata italiana del 1985, ma più in generale l’intero decennio, è infatti scaturigine di una stratificata “macchina del ricordo” che, rimuovendo le memorie critiche, ha dato luogo a nutrite bibliografie (saggi, romanzi), film, opere fotografiche. E canzoni. Levata l’oggettività della saggistica accademica, più apologia che stigmatizzazione di un decennio di fatto luci-ombre (un decennio di ombre sotto le luci); il decennio del riflusso e dell’ubriacatura di massa. Come si legge a pagina 74 del saggio di Greco e Palmieri:
Nel titolo campeggia ‘IL RIFLUSSO’ a caratteri cubitali, corredato da una spiegazione che vede nel ‘divertimento’ il nucleo fondante della ‘nuova filosofia degli italiani’. Va da sé che intorno alla parola riflusso si costruisca un giudizio tanto efficace quanto sbrigativo, finalizzato a porre un contrassegno riconoscibile sull’atteggiamento di un’intera generazione. Quest’ultima avrebbe deciso, secondo molti opinionisti della grande stampa, di abbandonare l’impegno politico e il sogno di un mondo più giusto per privilegiare il godimento immediato del benessere e la cura degli affari personali.
Chi legge le mie note sui libri sa come la penso riguardo la legittimità di tale convinzione. La penso come gli apocalittici Afterhours: non si esce vivi dagli anni Ottanta. E difatti non ne siamo usciti. Vivi, intendo. Con l’equidistanza dovuta al taglio storico - e quindi la capacità di evitare entusiasmi da “I migliori anni della nostra vita” -, Arnaldo Greco e Pasquale Palmieri, conducono il lettore nel nocciolo di un anno e di un decennio comunque chiave di volta dell’Italia a venire. Nel bene e nel male rivelatore del nuovo corso politico e sociale, dettato anche dalle televisioni.
La forza creativa delle televisioni private è dirompente, ma a contare sono soprattutto i bisogni messi in moto dalla pubblicità, che entra in maniera corposa nella vita degli italiani. Detersivi, gomme da masticare, carne in scatola, merendine, superalcolici, sigarette, pellicce, salumi, mobili. Desideri nuovi e sconosciuti, improvvisi e assillanti. I carrelli dei nuovi supermercati cominciano a correre. Le merci viaggiano su strade e rotaie a una velocità inedita. La logistica diventa un aspetto centrale della vita del paese: cambia gli stili di vita e persino il paesaggio. Le foto di piazza del Duomo a Milano nel 1985 mostrano enormi insegne pubblicitarie che ricoprono interamente le facciate dei palazzi. Si riconoscono i marchi Ricoh, Candy, Agfa, Jvc, Kenwood, ma sono oggetti fissi, inchiodati ai muri, e sembrano inscalfibili.
Come si vede, merci e marchi, merci e marchi anche sotto la neve. Presenze già incombenti della mercificazione che assedia le città, peggio ancora le menti. Si chiama legge del Capitale, e sul piano ontologico non fa sconti. Date le premesse distopiche, su cosa poggia allora la nostalgia canagliesca di qualcuno persino per i discutibili anni Ottanta? Credo si tratti di una mistificazione inconscia: assimilare il rimpianto per i propri anni verdi con il contesto in cui si sono manifestati. In una delle svariate – e funzionali - variazioni sul tema della "nevicata del secolo", così si pronunciano i due autori sull’invenzione della nostalgia (E. Monreale), relativamente agli Ottanta:
Anche la pandemia ha stimolato la macchina della rievocazione. Di fronte al moltiplicarsi delle incertezze socioeconomiche e sanitarie sul futuro, l’industria mediatica ha risposto in maniera quasi univoca, affidandosi al rifugio verso epoche passate, in particolar modo quelle associate all’idea di opulenza e spensieratezza. Rimane forte, intendiamoci, la tentazione di collocare l’origine di tutte le nostre disgrazie proprio nel periodo del reaganismo, del thatcherismo, della peresrojka e delle tv commerciali, ma emergono con tutta evidenza anche le magnificenze degli Ottanta: in primo luogo i richiami a slanci creativi che hanno prodotto risultati notevoli nel campo delle arti, della moda, della tecnologia, dell’impresa, della liberazione delle pulsioni individuali.
Per il poco che vale, non riesco a essere tanto conciliante (proprio negli ambiti artistico-culturali, ritengo che gli anni Settanta abbiano fatto mangiare la polvere agli Ottanta), ma ho letto e apprezzato La nevicata del secolo come uno dei saggi più compiuti e originali sull’Italia di quegli anni che mi siano capitati sott’occhio. Un ottimo libro, senza alcun dubbio.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La nevicata del secolo. L’Italia nel 1985
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