La notte più buia
- Autore: Monika Held
- Casa editrice: Neri Pozza
- Anno di pubblicazione: 2013
Ho letto molti libri che raccontano l’esperienza dei testimoni della Shoah, ho sentito anche dalla voce di chi è tornato vivo da Auschwitz racconti terribili, ma difficilmente mi sono trovata a interrompere la lettura del libro perché il racconto era insopportabile e oltrepassava la capacità di comprensione. La storia di Heiner, che ci giunge attraverso le parole e la presenza di Lena, la sua seconda moglie, è una delle più difficili ma anche delle più coinvolgenti che la letteratura della deportazione ci abbiano consegnato.
L’incontro fra i due (lui è un comunista austriaco che è passato attraverso l’inferno del lager ed è sopravvissuto quasi per caso con il preciso e categorico imperativo di raccontare, lei una giovane traduttrice, nata a Danzica e vissuta tra Svizzera e Germania) avviene il 5 giugno 1964 nel tribunale di Francoforte, dove si sta celebrando il processo contro due nazisti attivi atrocemente ad Auschwitz.
Heiner, dopo aver fatto la sua deposizione, di fronte a due mostri, Kaduk e Klehr, che non lo riconoscono e mantengono un atteggiamento beffardo, mentre lo stesso giudice appare incredulo di fronte all’enormità di quanto viene raccontato dal testimone, sviene fuori dell’aula e solo la forza di Lena, che è presente come traduttrice dell’udienza, gli evita una rovinosa caduta.
I due saranno inseparabili, si conosceranno e lentamente la giovane donna proverà ad accettare la follia che costringe Heiner a ricordare ossessivamente la sua terribile e mai davvero conclusa prigionia. In un barattolino, esibito su uno scaffale, un polvere bianca è quanto resta delle ossa sbriciolate che facevano da pavimento ai viali del lager, e Heiner pretende di tenerlo sempre con sé, come pure le immagini dei compagni sopravvissuti si mescolano alla foto del matrimonio con Lena. In effetti la vita dell’uomo è divisa in tre parti:
- la vita prima della deportazione, con i suoi genitori, poi la compagna e moglie Martha, la clandestinità, l’impegno politico contro i nazisti;
- la seconda, gli anni di “là”, come viene definito il lager;
- infine il dopo, quello del secondo matrimonio, del viaggio in Polonia per incontrare i vecchi compagni di prigionia, ai quali è legato da un rapporto di intimità così profondo ed escludente, che la stessa Lena ne è fortemente gelosa.
Non mi soffermo sulle atrocità che Heiner riesce a raccontare, lui che, fortunosamente divenuto dattilografo dei certificati di morte che la maniacalità nazista faceva preparare per ogni persona assassinata, era un testimone vigile, attento a registrare ogni tortura, ogni strage, ogni siringa di fenolo iniettata, ogni randellata, ogni rogo di bambini...
Hiener Rossek è ironico, sa anche scherzare in modo cinico delle sue ossessioni, delle sue insonnie, dei suoi incubi ricorrenti e sempre in agguato: la sua capacità di sopravvivenza è ora tutta nelle mani della sensibilità e della pazienza, del grande amore per lui di Lena, che non lo abbandona un attimo, capace di accompagnarlo nel lungo viaggio su un camion pieno di vettovaglie e di generi di conforto alla volta della Polonia, caduta sotto il regime del generale Jaruzelski, mentre sull’onda dell’entusiasmo per Wojtyla, nuovo papa polacco, si prepara la coraggiosa resistenza di Solidarnoc. Lì Heiner ritroverà i suoi compagni di sventura, dai quali è accolto con un calore che solo un legame come chi ha diviso una cuccetta lurida e gelida per anni può comprendere.
Nell’ultima parte del libro, la coppia, ormai ultrasettantenne, isolata in un villaggio al nord, vicino ad un bosco, trascorre un Natale speciale: lui infatti dopo anni di silenzio e di solitudine ha voluto accogliere l’invito del Pastore a prendere la parola in chiesa, sul pulpito, secondo un’antica tradizione locale. Racconterà del suo Natale ad Auschwitz, una sorta di catarsi finale, un racconto dall’insopportabile violenza che tuttavia gli attoniti cristiani sono costretti ad ascoltare in religioso silenzio, una prova di coraggio civile in un uomo ormai vecchio, che tiene fede però al comandamento di testimoniare, non dimenticare, non consentire al negazionismo di trovare spazi in cui insinuarsi.
Chi ha coraggio, chi crede nella missione di divulgare ciò che normali uomini in un normale paese evoluto del centro dell’Europa hanno potuto concepire ed attuare, e non erano pazzi, legga con attenzione questo libro durissimo, coraggioso, necessario.
La notte più buia
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Complimenti per la bellissima recensione de "La notte più buia".Io non ho amato molto questo romanzo,l’ho trovato pesante,a tratti noioso pur riconoscendo i pregi della scrittura e naturalmente l’originalità del tema.
La cosa meravigliosa di questo libro è l’amore assoluto di Lena per il marito,una storia veramente indimenticabile.
Ho 74 anni e non ho mai letto un romanzo così " profondo ".
Desidero ringraziare Monika Helg per averlo scritto .