Madre Teresa di Calcutta aveva individuato, con l’acuta preveggenza che la contraddistingueva, il grande male del nostro tempo. Lo definiva la peggiore malattia; proprio lei che aveva curato i lebbrosi e, forse, solo lei poté vedere questo terribile cancro in tutta la sua spietata evidenza proprio perché aveva curato i lebbrosi. Madre Teresa, la piccola suora che in India aveva attraversato la miseria, capì che la peggiore malattia non è la lebbra, né la povertà, né la totale indigenza; nei suoi viaggi e nelle sue peregrinazioni aveva scoperto che l’umanità può vivere e resistere nelle condizioni più impensabili, che la vita è molto più forte di quel che si creda e può fiorire come un olivo in mezzo al deserto. Lei che aveva vissuto in un mondo all’apparenza molto diverso dal nostro ecco che aveva scoperto il “veleno malefico” che intossica proprio il nostro, di mondo.
Leggere le sue parole oggi fa quasi impressione, perché è sconcertante la lucidità con cui, con un lessico semplice e colloquiale, affermava una verità universalmente valida. Lei che non era medico, né filosofa, né psicologa, ma solo una semplice suora “missionaria della carità”, aveva spiegato meglio di molti illustri accademici e uomini di scienza qual è il male che davvero uccide l’uomo, un male purtroppo oggi molto diffuso. Madre Teresa era giunta a questa conclusione toccando con mano il dolore, quello vero patito dalle creature più indifese - i bambini, gli anziani, i moribondi - e sappiamo che le sue non sono solo parole astratte.
Qual era, dunque, la peggiore malattia per Madre Teresa di Calcutta? Lei lo spiega in una perfetta successione con climax ascendente, dall’effetto molto letterario: “non sentirsi desiderati né amati, il sentirsi abbandonati”.
“La peggiore malattia” secondo Madre Teresa di Calcutta
La peggiore malattia oggi
è il non sentirsi desiderati
né amati, il sentirsi abbandonati.
Vi sono molte persone al mondo
che muoiono di fame,
ma un numero ancora maggiore
muore per mancanza d’amore.
Ognuno ha bisogno di amore.
Ognuno deve sapere
di essere desiderato, di essere amato,
e di essere importante per Dio.
Vi è fame d’amore,
e vi è fame di Dio.
“La peggiore malattia” di Madre Teresa di Calcutta: significato
Secondo la suora, che aveva curato i lebbrosi nel centro indiano di Tigarah, “essere rifiutati è la peggiore malattia che un essere umano possa provare”.
Sosteneva che non esistevano “i lebbrosi”, ma esisteva “la lebbra”: i primi soffrivano il pregiudizio e lo stigma sociale, mentre la seconda era una patologia grave, ma curabile.
Senza saperlo, Madre Teresa di Calcutta aveva afferrato un problema molto contemporaneo, di cui oggi si discute spesso: l’isolamento sociale. Per sventarne i pericolosi effetti lei si era prodigata con tutta sé stessa per promuovere iniziative inclusive e creare comunità. La bellezza degli insegnamenti di Madre Teresa di Calcutta, questa piccola suora dagli occhi grandi, è data proprio dal fatto che essi non sono legati alla religione intesa come dogma, alla fede trasformata in ideologia, ma abbracciano la quotidianità della vita tenendo conto delle differenze di lingue, culture e religioni.
“Ama il prossimo tuo”, non è solo un saggio versetto del Vangelo (che talvolta ci appare inapplicabile); Madre Teresa l’ha trasformato in azione e ha fatto di quell’azione un modello di cambiamento.
Parafrasando Dante, Madre Teresa ha capito che il segreto di tutto è l’amore, che è l’amore che “muove il sole e le altre stelle” e dunque in quell’amore si trova Dio.
La peggiore malattia di cui l’essere umano possa soffrire, concludeva Madre Teresa, è la mancanza d’amore. Le sue parole oggi sono diffuse sul web sottoforma di poesia, ma molto probabilmente sono parte integrante di un discorso più articolato o di un testo in prosa. In ogni caso hanno il potere di farci riflettere sul grande vuoto d’amore della società contemporanea: parla proprio a noi che abbiamo il privilegio di vivere una vita agiata e mediamente ricca, senza soffrire i morsi della fame e le pene della miseria, eppure, in fondo, siamo immensamente poveri. Il vero male incurabile è quello dell’egoismo, del selfismo promosso in maniera così ostentata da una società che inneggia all’individualismo e alla competizione, dove “amore” appare una parola debole, una parola di zucchero che subito si scioglie sulle labbra.
Madre Teresa di Calcutta non ci parla dell’amore romantico, del forever together che tutti spasmodicamente cercano e di rado trovano, proprio perché in fondo è un amore egoista che cerca nell’altro il proprio riflesso, il proprio necessario completamento; la suora ci parla di un altro tipo di amore che è fatto in primo luogo di attenzione, della capacità di “accorgersi” dell’altro, di un’umanità che comunica in maniera circolare e non univoca.
Stiamo perdendo questa capacità di comunicare in maniera non univoca, tutte le nostre nuove e tecnologiche strutture comunicative promuovono la comunicazione del sé, isolandoci sempre di più nel nostro narcisismo, anzi, ingozzandoci come tronfi tacchini gongolanti di amor proprio. Si tratta davvero di progresso? Siamo così liberi, intelligenti ed emancipati come crediamo? Una parte di umanità gongola compiaciuta della propria immagine social o pubblica, riversando il proprio bisogno di amore in una comunicazione self to self. Dietro lo schermo del fantomatico progresso si annida una solitudine velenosa, ce lo dicono tante storie di giovani adolescenti che patiscono il disagio di un’epoca post-pandemica e iper-tecnologicizzata.
Il male peggiore è l’isolamento, rammentava Madre Teresa in tempi ancora non sospetti. Le sue parole oggi suonano come una poesia laica, da ripetere ogni giorno per liberarci davvero “da tutti i mali”.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La peggiore malattia”: il male della società moderna secondo Madre Teresa di Calcutta
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