È possibile definire la poesia? Se lo domanda, in maniera indiretta, Eugenio Montale in questo brano intitolato La poesia , contenuto in una delle sue ultime opere Il quaderno di quattro anni (Mondadori, 1977).
Il Quaderno contiene in tutto centoundici poesie, composte da Montale tra il 1973 e il 1977, alcuni dei suoi scritti, prima della morte, avvenuta nel 1981. Queste liriche brevi e incisive, intrise di memorie, giudizi riflessioni personali, ci appaiono come l’opera testamentaria dell’ultimo Montale. Il poeta dipana nei versi l’enigma insondabile dell’esistenza e non lo scioglie, anzi, a tratti lo aggroviglia, dimostrandoci che non c’è soluzione.
Ci appare un Montale disincantato e caustico in questi scritti, meno elegiaco e più metafisico, in cui il sentimento dominante pare essere la rassegnazione.
Non è la prima volta che Montale si interroga sul valore della poesia; in occasione della cerimonia di consegna del Premio Nobel per la Letteratura, nell’ottobre del 1975, l’autore aveva tenuto un discorso analogo sul ruolo della poesia, in cui formulava l’annosa domanda: È ancora possibile la poesia?
La riflessione del poeta ligure era naturalmente figlia del proprio tempo, gli anni Settanta, nel pieno fervore del dibattito sui mezzi di comunicazione di massa. Anche questo breve testo, intitolato proprio La poesia, sembra fare eco al celebre discorso, maturato da Montale in quello stesso periodo. Se il discorso sulla poesia pronunciato in occasione del Nobel aveva una conclusione tutto sommato ottimistica - poiché Montale sosteneva che la poesia era legata all’intima essenza dell’essere umano e dunque sarebbe rimasta viva - lo stesso non si può dire di questo breve testo lirico. In fondo, tuttavia, l’autore sta ribadendo il medesimo concetto: ci dice che la poesia vera è quella che sgorga da dentro, dall’anima, ed è legata all’intima essenza dell’essere umano, al suo stesso respiro vitale.
Scopriamo testo e analisi della poesia.
“La poesia” di Eugenio Montale: testo
Dagli albori del secol si discute
se la poesia sia dentro o fuori.
Dapprima vinse il dentro, poi contrattaccò duramente
il fuori e dopo anni si addivenne a un forfait
che non potrà durare perché il fuori
è armato fino ai denti.
“La poesia” di Eugenio Montale: analisi e significato
Nei brevi e incisivi versi de La poesia, Montale riproduce il bavardage intellettuale del suo tempo: il chiacchiericcio vacuo dei salotti, le conversazioni sfaccendate, il dialogare ozioso. L’autore sottolinea sin dal primo verso la vanità della discussione sulla poesia: “Dagli albori del secol si discute”, osserva stancamente puntualizzando l’incapacità di giungere a una conclusione o di porre fine alla lunga diatriba.
Montale riproduce il dialogare ininterrotto circa l’origine della poesia: inizialmente si disse che la poesia veniva dall’interiorità dell’individuo, poi si decise che no, si originava dal mondo esterno, infine si giunse a una sorta di accordo, di mezza misura, l’autore lo definisce scherzosamente “forfait” imitando la parlata intellettuale, con tanto di annessi francesismi, dei signori benpensanti, dei poeti da salotto, degli intellettuali che soprattutto si credono intellettuali e facevano sfoggio della loro cultura come di una medaglia all’onore appuntata sul petto.
La poesia è una lirica breve che si caratterizza per il suo peculiare tono monologante, tipico dell’ultimo Montale. La conclusione è caustica, beffarda, bruciante. L’autore intesse nelle parole la sua riflessione, dipanando a poco a poco il proprio pensiero sino al lapidario ultimo verso che suona come una sentenza definitiva che non lascia aperto molto spazio alle discussioni.
che non potrà durare perché il fuori
è armato fino ai denti.
La discussione sulla poesia, conclude Montale, è infinita e non ammette tregue né pacificazioni: tutto questo accade, appunto, perché la Poesia vive ed è animata anche dal fuori, da quel mondo caotico e in perenne subbuglio che appare “armato fino ai denti” e non cesserà di questionare, di domandare, di indagare il senso del destino umano e l’arte che, perennemente, cerca di spiegarlo dando una dimensione immortale a ciò che è, per sua natura, mortale. La funzione della poesia, dopotutto, è quella di condurre alla ricerca della verità, di scavare nelle contraddizioni, nel dubbio, nell’irrisolto, senza pervenire a conclusioni assolute; dopotutto, rimane legata all’enigma dell’umano.
Ancora una volta Eugenio Montale ci rende partecipi del proprio disorientamento - che è poi la malattia di un secolo, il Novecento - e non pretende di dare ai propri lettori una facile morale.
È ben conscio che il dubbio perdurerà più a lungo di ogni certezza e di vivere in un mondo dove “la pietà vince sul riso”, in questo risponde al Leopardi combattivo della Ginestra che, polemizzando sulle “magnifiche sorti e progressive” del suo secolo, si interrogava beffardo “Non so se il riso o la pietà prevale”. Montale opta per la pietà, mentre riflette sui malesseri del proprio tempo impegnato in discussioni sterili dove ormai, nell’ansia di trovare una spiegazione a tutto, si è perso persino il senso della poesia.
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: “La poesia” nella definizione in versi di Eugenio Montale
Naviga per parole chiave
Approfondimenti su libri... e non solo Poesia Storia della letteratura Eugenio Montale Giornata mondiale della Poesia
Lascia il tuo commento