La politica della rabbia. Per una balistica filosofica
- Autore: Franco Palazzi
- Genere: Filosofia e Sociologia
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Nottetempo
- Anno di pubblicazione: 2021
Franco Palazzi, filosofo e scrittore, durante la pandemia di COVID-19 uscì in libreria con La politica della rabbia. Per una balistica filosofica (Nottetempo, 2021), opera molto interessante che punta a descrivere, con vari esempi, la funzione politica della rabbia e in che modo, con il passare del tempo, il potere è riuscito a delegittimare questo sentimento che, in alcuni casi, può essere usato per migliorare la propria condizione di vita.
Come società abbiamo scelto che colui che si infuria, anche a difesa dei propri diritti, sia bollato automaticamente come folle, come se nelle interazioni sociali non fosse permesso usare politicamente questa emozione, come se fosse fuori dalle regole. Anche una protesta non-violenta nasce dalla rabbia, poiché i manifestanti sfruttano il proprio corpo per impedire ad altre persone di continuare la propria giornata. La rivolta serve a indicare qualcosa che non va più bene, come diceva anche Albert Camus, scendere in piazza specifica che, da quel momento in poi, il problema evidenziato non è più sostenibile e, per permettere al lettore di entrare in contatto con questa idea, l’autore sceglie di raccontare le storie di Valerie Solanas, Malcolm X e Audre Lorde.
Sapendo di star trattando un tema scivolosissimo, Franco Palazzi ci tiene a far comprendere che, ovviamente, l’ira non può essere usata come strumento politico per qualsiasi lotta ideologica, anzi bisogna studiare caso per caso, ogni situazione è diversa dalle altre ed è per questo che si parla di “balistica”. Bisogna capire profondamente cosa spinga la gente a compiere determinati gesti, che cosa si sarebbe potuto fare altrimenti e chi sono le persone coinvolte. Il libro non vuole in nessun modo concedere un lasciapassare a qualsiasi gesto violento, vuole solo spiegare che la rabbia può diventare un sentimento politico utile ad acquisire libertà, a indicare un problema e a mostrare alla società civile un’oppressione.
Nel testo, Malcolm X, viene preso come esempio perché l’autore sfrutta come base per illustrare la sua tesi un brano dell’autobiografia dell’attivista nero, dove è spiegato perfettamente in che modo la rabbia si trasformi in un simbolo.
Malcolm X scrive dopo il suo viaggio alla Mecca:
Cominciai per la prima volta [...] a sentire che l’espressione ‘uomo bianco’, così com’è usata comunemente, si riferisce solo in misura secondaria al colore della pelle e riguarda invece in primo luogo gli atteggiamenti e le azioni. Una persona bianca che non assuma un comportamento discriminatorio verso una persona non-bianca [...] smette di attribuire una rilevanza politica alla propria bianchezza, contribuendo a renderla una caratteristica come un’altra.
Il libro cerca di farci ragionare sull’idea di rabbia, la quale, secondo l’autore, può diventare strumento politico se usata per dire: “Mi infurio perché quello che vedo e sento non mi va più bene”.
Franco Palazzi fa notare che qualsiasi protesta è di per sé figlia dell’ira ed è assurdo bollare come inaccettabile uno sciopero a priori senza prima considerare da cosa sia scaturito e quali siano veramente le sue conseguenze. Bisogna studiare caso per caso, stigmatizzare una manifestazione violenta quando è necessario e comprenderla quando c’è bisogno.
La rabbia radicale è l’equivalente politico della mancanza di fede — della fede che le cose resteranno uguali [...]. Non c’è pazienza nella rabbia, solo intolleranza verso lo stato di cose presente.
La politica della rabbia. Per una balistica filosofica
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