La ragazza dai guanti bianchi
- Autore: Leah Fleming
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2019
“La ragazza dai guanti bianchi” (Newton Compton 2019, titolo originale "The Glovemaker’s Daughter", traduzione di Serena Stagi) è il romanzo della scrittrice inglese Leah Fleming, che si dedica a tempo pieno alla scrittura e ha all’attivo sei romanzi tra i quali “La strada in fondo al mare” (Newton Compton 2012), che ha vinto il Premio Roma 2012 ed è stato per mesi ai vertici delle classifiche italiane.
Mi mise il fagotto in mano. Profumava di lavanda essiccata e fiori di tanaceto macinati. Lo tastai, incerta. Dentro c’erano i guanti più squisiti che avessi mai visto: guanti di pelle di daino color crema con polsini di pizzo in filo d’oro, lustrini e motivi decorati in velluto di cotone, ricoperti di perline in elaborate fantasie e la lettera M svolazzante, sbalzata e ben in evidenza.
Un paio di guanti preziosi erano l’unico ricordo tangibile che restava a Rejoice Moorside dei propri genitori, morti il giorno stesso della sua nascita. Nell’Inghilterra del XVII secolo, Alice e Matthew Moorside seguaci di George Fox, appartenenti alla “Società degli Amici”, ritenuti colpevoli per essersi sposati secondo coscienza e non in chiesa, sotto la guida di un prete, erano stati costretti ad abbandonare il villaggio delle Yorkshire, dove vivevano. Rejoice aveva visto la luce nel 1666 nell’abitazione di campagna del fratello di Alice, Roger.
Se Alice era morta di parto, Matthew, colpito da un violento accesso di tosse, aveva smesso di respirare, subito dopo aver imposto un nome alla sua unica figlia neonata: Rejoice, cioè “gioire, “essere lieto”, perché tutti in questa vita hanno delle tribolazioni da affrontare prima di trovare la vera gioia. E i quaccheri di tribolazioni ne dovevano affrontare parecchie per vivere liberamente la loro fede. Quante famiglie quacchere nella Gran Bretagna del tardo Seicento sarebbero state costrette, dopo aver subito terribili persecuzioni, a lasciare la propria terra per approdare come pionieri in America. Anche Rejoice, chiamata anche Joy, si sarebbe imbarcata su di una nave destinazione il Nuovo Mondo per intraprendere un viaggio oltreoceano pronta a iniziare una nuova vita in un nuovo insediamento. Ed era a causa di ciò che circa trecento anni dopo, nel 2014, nella cittadina di Good Hope in Pennsylvania, durante i lavori di ristrutturazione di un’antica chiesa quacchera, nascosto nel muro, era stato ritrovato un libro rilegato in pelle e ingiallito dal tempo. Il documento ben conservato e risalente al 1725, firmato da una certa “RMT”, era un diario e la prima parte del resoconto era ambientata nel West Riding dello Yorkshire, nei pressi del villaggio di Windebank.
Rievocare ogni dettaglio possibile di quei giorni andati si è rivelata una lenta e costante fatica d’amore.
Come già accaduto per “La strada in fondo al mare”, episodi e fatti accaduti nel passato sono una ricca fonte d’ispirazione per la Fleming. Questa volta la brava autrice sceglie di narrare le peripezie della protagonista, che decide di attraversare l’Oceano Atlantico per avere il diritto di professare la propria fede religiosa. Ne esce un interessante spaccato sulla fondazione dei primi insediamenti coloniali d’ispirazione religiosa in Pennsylvania. Nelle pagine finali del volume Leah Fleming scrive che ha trovato l’ispirazione per scrivere questo romanzo dopo aver visitato l’arazzo quacchero in mostra alla casa del silenzio di Kendal, Cumbria, che racconta la storia del movimento in un lavoro di cucito. Rivela la scrittrice:
Mi ha colpito in particolar modo il pannello in cui i bambini siedono in silenzio, sfidando l’autorità che gli proibiva di pregare a modo loro. È stato questo il punto di partenza del viaggio di Joy.
La ragazza dai guanti bianchi
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