La sarta di Maria Antonietta. Memorie
- Autore: Rose Bertin
- Anno di pubblicazione: 2013
“La fila di carrozze che stazionavano in rue Saint – Honoré davanti a un negozio, il Grand Mogol, era molto eloquente”, ma ancora più dell’appariscente insegna Modista della regina era eloquente il tono di sufficienza con cui Rose Bertin (1747 – 1813) si rivolgeva alle dame che riceveva all’interno della sua boutique.
Nella Francia pre – rivoluzione degli ultimi anni del XVIII, una donna, nata in Piccardia “da genitori conosciuti e stimati nell’ambito del commercio” che desiderava ardentemente giungere dalla provincia a Parigi perché era persuasa che “vi avrei fatto grande fortuna”, sarebbe diventata la modista personale della Regina di Francia Maria Antonietta dal 1772.
Nella prefazione di questo interessante libro curato da Giuseppe Scaraffia e tradotto da Vittoria Ronchey e che si basa sull’edizione del 1851 delle Mémoires de Madamoiselle Bertin sur la Reine Marie Antoniette, avec des notes et des éclaircissements, il francesista definisce la Bertin “plebea venuta da un paesino”. La parvenue Rose com’era chiamata con disprezzo da Madam Campan, la prima cameriera della Regina, aveva il privilegio di avere un rapporto di totale fiducia con Marie Antoiniette fino a seguirla nell’esclusivo Cabinet de la Méridienne “contravvenendo a qualsiasi norma dell’etichetta”. L’ascesa di Rose era stata rapidissima da semplice modista a Ministro della Moda di Sua Maestà che aveva aperto nel 1770 la sua boutique a pochi metri da Palasi Roba. Qui una fila di aristocratiche gentildonne erano ansiose di essere abbigliate come la loro sovrana “essere vestite da lei indispensabile, il suo ascendente sulle illustri clienti era impressionante”. I prezzi erano alti ma non aveva importanza, giacché se il popolo aveva fame e non solo di pane, nessuno come la couturière sapeva sistemare con tanta abilità le immense gonne, i panier larghi anche tre metri, ornati di fiocchi, mazzolini di fiori, nuvole di garza, ghirlande, perle e pietre preziose. Ma le specialità della Bertin erano le complesse architetture destinate a sormontare le già alte pettinature femminili.
“Chiamo questo tipo di acconciatura un pouf per la confusione di oggetti che può ospitare, e la chiamo ‘al sentimento’ perché gli oggetti devono rappresentare quello che si ama di più”.
Inventrice inesauribile di modelli sempre nuovi questa donna, dallo sguardo ostinato che nella sua vita non si sarebbe mai sposata, aveva avuto il merito di diffondere in Europa le cosiddette “bambole della moda” le quali vestite con i nuovi modelli, viaggiavano allo scopo di diffondere lo stile della corte di Francia divisa in correnti e fazioni che avevano in odio l’”Austriaca”. Scaraffia tiene a precisare che i Mémoires nei quali la Bertin parla anche di “quel disgraziato affare della collana del quale la regina non ebbe alcuna colpa” vennero probabilmente redatti da Jacques Peuchet (1758 – 1830), poligrafo, giornalista, enciclopedista, archivista, esperto di economia e di statistica.
“Ho passato vent’anni della mia vita vicino a lei e l’ho sempre vista come la bontà in persona”.
Secondo i ricordi della Bertin non si poteva vedere Marie Antoinette senza adorarla: la Delfina possedeva un’espressione infantile e scherzosa, “bisognava averla vista al suo arrivo in Francia”. Immaginate un colorito niveo abbagliante mescolato alle sfumature delle rose primaverili, grandi occhi d’azzurro profondo a fior di pelle, una fonte incoronata da una massa di capelli biondi. La sola imperfezione del viso era data dal labbro inferiore leggermente sporgente “ma era quel carattere distintivo comune alla Casa d’Austria che ricordava a tutti che era la figlia di Maria Teresa”. La grande stagione di Rose si protrasse fino al 1786 quando la drammatica situazione economica impose persino a Maria Antonietta di rallentare il ritmo folle delle sue dissennate spese. Anche nel 1791 Marie Antoinette ormai prigioniera degli insorti continuava a farsi vestire dalla sarta preferita fedele fino all’ultimo al suo amore per l’eleganza. Per uno strano scherzo del destino il 16 ottobre 1793 il carro che conduceva alla ghigliottina l’ex Regina di Francia Maria Antonietta d’Asburgo Lorena consorte di Luigi XVI passò sotto le finestre di quello che era stato il Grand Mogol. Rose Bertin invece riuscì a salvare la testa adeguandosi alle mode imposte dalla rivoluzione nonostante i ribelli l’avessero accusata di aver spinto la regina a quelle folli spese. Solo all’ultimo Rose si era rifugiata a Londra, dove la donna aveva continuato a lavorare e servire i suoi vecchi clienti tramite gli émigrés.
“Sembra che la rivoluzione non sia esistita che per far rifulgere le più grandi virtù, come per incutere terrore con i più grandi crimini”.
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