La scienza in trincea
- Autore: Angelo Guerraggio
- Genere: Scienza
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Raffaello Cortina Editore
- Anno di pubblicazione: 2015
Scienziati contro la guerra, scienziati in guerra, scienziati alla guerra: un tema inedito per la prima guerra mondiale. Sono italiani, nel caso del saggio di Angelo Guerraggio “La scienza in trincea”, un volume pubblicato a maggio 2015 da Raffaello Cortina Editore (pp. 242, euro 22,00). Un lavoro che ha meritato, nell’ottobre 2015, il Premio Frontino Montefeltro, sezione Cultura e Scienza, un saggio di argomento storico scientifico, realizzato da un esperto in programmazione e in storia della matematica generale nell’Università dell’Insubria di Varese, direttore del Centro di ricerca storica e metodologica della Bocconi di Milano.
Un matematico, quindi, che parla di matematici, di fisici e di chimici alle prese con un grande evento, cento anni fa, in un momento tanto epocale da non poterli lasciare neutrali. Hanno dovuto necessariamente schierarsi: aderire o contestare. Chi era a favore della guerra patriottica dovette prendere posizione e agire di conseguenza, chi non lo era non poté che dirsi contro. O coinvolti o contrari, tertium non datur.
Quella dei rapporti tra scienza e guerra è una lunga storia: la ricerca e il progresso tecnologico sono sempre stati applicati ad uso militare, da epoche primordiali. Non poche volte, le acquisizioni scientifiche hanno deciso le sorti dei conflitti e in non pochi casi le hanno ribaltate, sterilizzando magari una superiorità numerica impotente – se non destinata solo a incrementare il numero delle vittime – davanti alle novità scientifiche e tecniche che consentivano di realizzare nuovi e sempre più sofisticati strumenti di offesa e difesa.
L’esempio su scala più ampia è dato dalla collaborazione tra mitragliatrici, reticolati e trincee nel rovesciare il vantaggio degli attraccanti sui difensori. Fino al conflitto russo-giapponese e dieci anni più tardi alla Grande Guerra, lo slancio impetuoso, l’élan tanto caro ai francesi, aveva un’efficacia decisiva sul campo, del tutto cancellata dal fuoco d’interdizione nel 1914-18. E si pensi che il largo impiego di aggressivi chimici sempre più evoluti condusse al simmetrico progresso nella progettazione di maschere antigas.
In avvio, “La scienza in trincea” traccia lo sviluppo secolare dei rapporti tra il mondo della scienza e quello militare, fin dall’antichità, per giungere alla vigilia del maggio 1915, dopo aver sintetizzato la situazione italiana dell’epoca, sotto l’aspetto politico, militare e scientifico.
Il quarto dei sette capitoli analizza il contributo degli scienziati italiani al dibattito sull’interventismo e il neutralismo, nei mesi precedenti l’entrata in azione delle forze armate italiane. Il quinto passa a descrivere le innovazioni tecnologiche che caratterizzano la guerra 15-18, con l’apporto rilevante degli uomini di scienza. Nel sesto capitolo si può apprezzare il risultato: la guerra provoca in Italia un rinnovamento organizzativo della ricerca scientifica, che ad esempio condurrà alla nascita del CNR, nel 1923.
Non sorprenda l’insistenza prevalente sugli scienziati che hanno influito sulle vicende del conflitto, sul ruolo dei ricercatori schierati a favore dell’impegno patriottico. Si pensi alla figura di Vito Volterra, fisico matematico e politico, non a caso fondatore del CNR, anche se colleghi pacifisti come Tullio Levi-Civita avversarono l’intervento e la guerra.
Oltre al citato Volterra, volontario cinquantacinquenne nel neonato Servizio Studi Aeronautici e a Levi-Civita sul lato opposto, tra gli uomini di scienza che hanno assunto un atteggiamento bellicista spicca la figura in divisa militare di Guglielmo Marconi, anch’egli volontario, nell’Esercito, fin dal 19 giugno 1915, a quarantuno anni (aveva ritirato il Premio Nobel per la fisica già nel 1909). Ebbe il grado di tenente del genio, poi di capitano, in servizio presso l’Istituto Radiotelegrafico della Regia Marina. L’Arma Navale lo volle acquisire: nominato capitano di corvetta (maggiore) ad agosto del 1916, come tale venne congedato nel novembre 1919.
Quanto all’apporto concreto offerto dalla scienza e dalla tecnologia al nostro impegno nella Grande Guerra, al di là del contributo al perfezionamento delle armi (in particolare mitragliatrici e grossi calibri), quello diretto e più incisivo si lega all’elaborazione di tavole di tiro dell’artiglieria e alla composizione chimica dei gas venefici.
Non si dimentichi che quella guerra impresse un grande sviluppo alla tecnologia dei battelli subacquei e dei velivoli. Nel gennaio 1915, sommergibili ed aerei erano natanti e macchine volanti primitivi, soprattutto le seconde, ma quando uscimmo dalla guerra, la nostra Aeronautica era tra le primissime al mondo e i trimotori Caproni non avevano rivali tra i bombardieri, quanto ad efficienza e carico utile.
Seguendo la traccia di Angelo Guerraggio, non si può che concludere col Manifesto di Einstein-Russel del 1955, nel quale il fisico e il filosofo invitavano gli statisti a riflettere sulla pericolosità raggiunta dalle armi atomiche, letali per la vita umana nel pianeta. Dalla scienza, un monito a scegliere la pace.
“Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre” (Albert Einstein).
La scienza in trincea. Gli scienziati italiani nella prima guerra mondiale
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