Soldatessa del Califfato
- Autore: Simone Di Meo
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2015
La verità, tutta la verità, solo la verità sulle stragi e sugli obiettivi dell’Isis.
Colpiscono i turisti per frenare lo sviluppo economico della Tunisia, regalando al fondamentalismo islamico masse di disoccupati “arrabbiati”. Altri diseredati del Paese che già offre più guerrieri al jihad andrebbero a rafforzare così le armate del Califfato. È la strategia dell’IS, confermata da una muhajirah, una militante tunisina. Ventisei anni, laureata nell’equivalente di giornalismo o scienze della comunicazione, Aicha – non è il vero nome – è “Soldatessa del Califfato”, titolo del libro-confessione firmato dai giornalisti napoletani Simone Di Meo e Giuseppe Iannini e pubblicato da Imprimatur nel 2015 (190 pagine, 16 euro). È il racconto asciutto di prepotenze orribili e di morti provocate con crudeltà, sadismo o anche indifferenza e non si tratta che della verità, tutta la verità, solo la verità. Non c’è spazio per vicende che la protagonista non abbia vissuto personalmente o di cui non le abbia riferito il marito. Era un promettente calciatore tunisino, ma dopo la svolta verso l’Islam radicale è diventato un foreign fighter nell’esercito dell’Isis, addirittura uno dei capi militari, nella capitale dello Stato islamico. Lei stessa si era convertita all’integralismo ed era partita per la Siria, via Turchia. Poi, spaventata e pentita, si è sottratta all’arruolamento tra le guerrigliere di Allah, nella “polizia morale” della brigata di Al-Khansa, dove si occupava della propaganda attraverso i social network e del controllo dei bordelli dove vengono stuprate le cristiane rapite per soddisfare le voglie degli uomini dell’esercito nero. È fuggita in Libia e vive in incognito.
È l’anti-Fatima, la risposta all’italiana Maria Giulia Sergio, la ventottenne di Torre del Greco emigrata a Inzago, nel milanese, sposata prima a un marocchino ora ad un albanese ed entrata clandestinamente in Siria. Insiste da lì perché i genitori e la sorella la raggiungano, per condividere le meraviglie dello Stato islamico. La convertita sputa veleno sui non musulmani:
dobbiamo odiare i miscredenti, a questa gente va tagliata la teste
e non vede l’ora di morire da martire. Invece, l’ex miliziana non smette un momento di provare
vergogna per quello che ha fatto e per quello che ha visto.
È sempre lei a mettere in luce il progetto di destabilizzare la Tunisia, per frenare lo sviluppo economico, che toglierebbe braccia al fondamentalismo. La Primavera araba non ha fatto bene al Paese, sebbene nel 2011 i tunisini fossero entusiasti delle prime elezioni libere. Sognavano una democrazia vera, invece ha prevalso Ghannouchi, un conservatore intollerante, che ha vinto adottando la tecnica assistenzialistica dell’Isis: il suo partito si faceva carico delle bollette e delle spese di matrimonio delle famiglie povere, offriva lavoro e pasti gratis ai giovani. Una volta al potere, ha cambiato lo scenario del Paese: in strada si vedevano uomini con la barba lunga e donne coperte dal niqab. I negozi di alcolici venivano assaltati e l’intera economia ha cominciato a subire un pesante arretramento. Chi ha potuto è partito per l’estero. Gli altri sono rimasti in balia degli eventi, senza una guida e con un livello di povertà spaventoso.
L’attacco al museo del Bardo ha provocato effetti ancora più gravi, ora esasperati dalla strage al Resort di Sousse. Gli attentatori hanno colpito il turismo, la risorsa economica principale del Paese, con l’agricoltura, per sabotare gli sforzi di modernizzazione che il nuovo governo sta compiendo. Se l’economia crollerà, se si bloccheranno anche i flussi turistici, se le navi da crociera si allontaneranno, la Tunisia verrà risucchiata nel Terzo Mondo e per lo Stato Islamico eserciterà ancora più attrazione sui giovani e sui disperati a caccia di soldi.
Oggi in Tunisia i reclutatori dell’Isis incassano dai tremila ai diecimila dollari per ogni nuovo ingaggio. L’importo varia secondo le potenzialità dell’arruolato: un ingegnere, un informatico, un medico, valgono tantissimo, sono particolarmente apprezzati nel Califfato. Aicha spiega che se un battaglione perde cento combattenti manovali non è un problema, sono carne da macello. Il danno è molto maggiore se a cadere sono dieci laureati.
La sfida al mondo occidentale è serissima, ma non si può fare a meno di sdrammatizzare, leggendo la disarmante replica di anonimi romani alle minacce dell’Isis. Al Conquisteremo Roma, distruggeremo la croce e faremo schiave le vostre donne, apparso su certi siti, qualcuno ha risposto spiritosamente: però nun pijate er raccordo, che restate imbottijati.
- Leggi l’intervista agli autori del libro
Soldatessa del Califfato. Il racconto della miliziana fuggita all'Isis
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