La sorella di Sandor Marai

Z. è un famoso musicista e compositore. Dopo la sua morte, uno scrittore che l’aveva frequentato per un breve ma intenso periodo durante una vacanza in Svizzera si vede recapitare un suo manoscritto che racconta dei mesi in cui Z., afflitto da una grave malattia, è rimasto ricoverato in una clinica fiorentina.

Se si esclude la parte iniziale in cui lo scrittore racconta delle circostanze in cui ha incontrato Z., tutto il libro narra della malattia e di ciò che vi ruota attorno: i forti dolori, la paralisi, i medici e le sorelle, gli oppiacei che regalano qualche ora di sollievo.
Sebbene non con l’insistenza con cui compare in altri libri di Marai, anche qui il tema della Verità (con la V maiuscola) svolge il suo ruolo:

"La menzogna (...) è quella che fino al giorno prima si chiamava lavoro, o dovere, o ambizione, o amore, o famiglia. Ci vogliono mille, diecimila giorni e notti, affinché in un corpo, e al suo interno in un sistema nervoso, nei centri sensori, quella menzogna si trasformi nell’unica insopportabile realtà; finché un giorno l’organismo, l’intero individuo, con un atroce rantolo, si mette a urlare al mondo sotto forma di malattia (...)."

Stavolta Marai ci parla anche della musica, quell’invenzione umana che ha permesso a Z. di entrare in contatto con la bellissima e frigida E., la donna che ha amato, pur negandolo per anni a se stesso e al mondo.
La storia del manoscritto è ambientata durante la seconda guerra mondiale, ma di tutto ciò che sta fuori della clinica, dai fasti fascisti alle città che bruciano, nulla arriva a Z.

Il dolore, che assume a volte un volto umano, a volte un volto animale, è il grande protagonista: si parte dal dolore fisico, che permette la presa di coscienza in merito all’amore per E., e si arriva a quello spirituale, che accompagnerà Z. per il resto della vita e che si concretizzerà, come un marchio, in una paralisi a due dita della mano, che gli impedirà per sempre di suonare.