La spiaggia degli affogati
- Autore: Domingo Villar
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Ponte alle Grazie
- Anno di pubblicazione: 2021
Lo scrittore spagnolo Domingo Villar vive a Madrid, ma è nato e cresciuto a Vigo, in Galizia – la regione più occidentale del nord della Spagna –, dove ha ambientato i romanzi gialli con protagonista l’ispettore Leo Caldas: fin dal suo primo libro, Occhi di acqua, ha vinto numerosi premi e ottenuto un grande successo.
In Italia, la casa editrice Ponte alle Grazie, dopo L’ultimo traghetto (2020), ha da poco pubblicato La spiaggia degli affogati (2021, traduzione di Simone Cattaneo), che ha consacrato questo autore protagonista della narrativa poliziesca internazionale e da cui è stato tratto un film diretto da Gerardo Herrera.
Un mattino mite e luminoso di ottobre in cui l’autunno ha concesso una tregua dopo varie settimane di pioggia, nei pressi della spiaggia di Panxón, a sud di Vigo, tra il porto e il Monteferro, è stato trovato il corpo di un uomo che galleggiava alla deriva tra le alghe: è Justo Castelo, un pescatore del posto incline alla depressione e con un passato di tossicodipendenza.
È stato visto uscire in mare il giorno prima, la domenica mattina presto, ma non ha più fatto ritorno e anche la sua imbarcazione sembra svanita nel nulla.
Il caso viene assegnato all’ispettore Leo Caldas, galiziano autentico, e a Rafael Estévez, il suo impetuoso aiutante aragonese – originario di Saragozza, si trova a mal sopportare l’ambiguità e l’ironia dei suoi nuovi compaesani e il clima della Galizia, caratterizzato da piogge insistenti, mattine primaverili che si trasformano repentinamente in invernali, nebbia fitta come una nube di cenere...
Celibe, solitario e tranquillo, senza fidanzata né figli, una madre inferma che vive con la sorella e il marito di lei, il Biondo – questo è il soprannome della vittima – aveva le mani legate con una fascetta di plastica, come quelle che si usano per fissare cavi o tubi, circostanza che non esclude del tutto l’ipotesi del suicidio. Spesso, infatti, i suicidi si gettano in acqua con le mani o i piedi legati per riuscire nel loro intento. Il medico legale, però, è sicuro che qualcuno lo “abbia aiutato ad affogare”, visto che, oltre a una serie di lesioni post mortem, ci sono due ferite contuse inflitte quando era ancora vivo.
Fra i suoi oggetti personali c’è una bustina con della polvere bianca – che si scoprirà essere sale – e una higa, una specie di amuleto, entrambi usati per tenere lontano il malocchio e le fatture. Evidentemente aveva paura, qualcosa preoccupava il pescatore, che era già stato protagonista, dieci anni prima, di un naufragio: in una notte di burrasca, il 20 dicembre 1996, il peschereccio su cui lavorava, lo Xurelo, era affondato con quattro uomini a bordo, in circostanze mai del tutto chiarite.
I tre marinai erano riusciti a raggiungere a nuoto la riva, mentre l’armatore, il capitano Sousa, era scomparso fra le onde. Con il ritrovamento del corpo, avvenuto alcune settimane dopo, il frettoloso riconoscimento si era basato solo sui vestiti, su una medaglietta e sulla testimonianza del figlio.
Dopo il naufragio, Justo Castelo è cambiato: è diventato ancora più taciturno e ha cominciato ad aver paura del mare. Anche gli altri due marinai sopravvissuti hanno cambiato vita: uno è partito per la Scozia ed è tornato da poco in paese, l’altro, si è dato all’edilizia e i loro rapporti si sono ridotti al minimo indispensabile.
Nel corso delle indagini, Leo Caldas, si conferma uomo riservato, di poche parole, serio e pacato, con un’esistenza complicata dal rapporto con il padre, che alla città preferisce le sue vigne a cinquanta chilometri da Vigo, dalla morte prematura della madre e dalla fine della relazione con Alba, che ritrova spesso nei pensieri, in ricordi fuggevoli – libri che gli ha consigliato, film che hanno visto insieme, luoghi che hanno frequentato – e nei dettagli fisici delle donne che incontra.
Mentre a Rafael Estévez i morti non piacciono – del resto neanche lui piace ai vivi – e preferisce tenersi a distanza, l’ispettore ha un approccio diverso:
“Non l’avevano mai impressionato i morti, che si trattasse di un cadavere tiepido o di resti in decomposizione. A differenza di Rafael Estévez, la cui rudezza si incrinava di fronte a un corpo esanime, quando aveva a che fare con un omicidio riusciva a concentrarsi senza sforzo sugli indizi che gli avrebbero permesso di chiarire cos’era accaduto. Considerava i cadaveri come strumenti a sua disposizione per risolvere i casi di cui si stava occupando, per lui erano figure in bianco e nero. La scoperta di un dettaglio intimo delle vittima, però, presupponeva una pennellata di colore che, a poco a poco, finiva per rivelargli i risvolti umani celati dietro l’indagine di un omicidio”.
Si immerge così nell’atmosfera di una località di mare che durante l’estate viene invasa dai turisti e che ha qualcosa di provvisorio e, nello stesso tempo, di solido.
Negli abitanti si percepisce un che di tragico, di irrimediabile, nel rapporto con il mare, che diventa sfida con se stessi e con la sorte.
Le tante voci, del presente e del passato, che si rincorrono, assumono forme impensabili: restii a rivelare i propri sospetti, quando decidono di parlare, i testimoni insistono sulla presenza di un fantasma. Qualcuno afferma di aver rivisto il capitano Sousa e che sia stato lui a minacciare il Biondo con delle scritte sulla sua scialuppa: la data del naufragio e la parola assassini.
Il ritrovamento del corpo è, nello stesso tempo, conseguenza di una serie di eventi che vengono da lontano nel tempo e l’inizio di un’indagine che, gettando luce su misteri e questioni irrisolte, cambierà per sempre la vita di molte persone.
L’attenzione del lettore viene catturata dall’analisi di un mondo di normalità e orrore latente, quello che ci viene rivelato all’improvviso dai fatti di cronaca:
“Spesso aveva incrociato gli occhi di un assassino e sapeva che erano identici a quelli di una persona qualsiasi. Il crimine è proprio dell’indole umana. Chiunque potrebbe uccidere”.
Per arrivare al colpevole, il lavoro investigativo si basa sulle intuizioni dell’ispettore, sulle prove raccolte dai suoi preziosi collaboratori – oltre a Rafael Estévez, l’agente della scientifica Clara Barcia, l’agente Ferro e il medico legale Guzmán Barrio – e si sofferma, fin dall’inizio, sui minimi dettagli:
“Sapeva che le informazioni raccolte nelle prime ore di rivelavano sempre le più utili nel corso delle indagini. In seguito le tracce, invece di prendere corpo, si dissolvevano fino a sparire e i dettagli sfumavano in una nebbia fitta che impediva di scovare la verità e trasformavano la risoluzione del caso non solo in questione di tempo, ma anche di fortuna”.
La trama, molto ben congegnata, più che sul ritmo incalzante, si basa sulla capacità dell’autore di intrecciare con mano sicura una ricerca che va ben oltre l’atto criminale: il romanzo poliziesco, al di là del gioco intellettuale, diventa vero e proprio ritratto sociale.
Villar riesce a delineare con grande equilibrio e profondità il mondo in cui si muove un personaggio dalla psicologia complessa: vita privata e lavoro, legami familiari e rapporti con i colleghi, emozioni e sensazioni, vita interiore e vita pubblica – perché Leo Caldas è anche una stella della radio, conosciuto, suo malgrado, per una trasmissione, molto seguita nella zona, Pattuglia in onda:
“Come in ogni puntata, si susseguirono le telefonate di competenza della polizia municipale: buche dovute alla pioggia, strisce pedonali trasformate dall’acqua in piste di pattinaggio, conducenti fuggiti dopo aver danneggiato veicoli in sosta. Caldas si limitava ad ascoltare e a prendere nota dei dettagli sul quaderno, senza capire come potesse avere successo una rubrica di consigli che offriva a malapena qualche soluzione ai problemi degli ascoltatori”.
Alla solidità dei personaggi e ai dialoghi brillanti, spesso esilaranti, si aggiunge la descrizione della Galizia: dalla geografia urbana di Vigo, a scorci di natura incontaminata, dai punti di interesse turistico, ai tipici paesini di mare – “un centinaio di case costruite attorno alla spiaggia e al porto”.
È un paesaggio in cui il lettore finisce per “vivere”: può sentire la salsedine, l’odore delle alghe portate a riva, del pesce appena pescato o delle sigarette fumate dall’ispettore; percepire sulla pelle l’aria che entra dal finestrino abbassato durante gli spostamenti in macchina; ascoltare i commenti degli anziani che giocano a domino nel Refugio del Pescador, le elucubrazioni dei “filosofi” da Eligio, la melodia di Gershwin messa come sottofondo durante la trasmissione radiofonica o la Canzone di Solveig, fischiettata dal Biondo; assaporare i piatti tipici di questa regione, come i percebes, i crostacei rari e molto costosi, bolliti nell’acqua di mare con una foglia di alloro.
Come la danza delle onde che si infrangono sulla battigia, nel loro incessante movimento di flusso e deflusso, così l’indagine procede per avanzamenti e arretramenti, fino al colpo di scena finale, in cui nulla viene lasciato in sospeso:
“Non gli erano mai interessati i colpevoli; per Leo Caldas era fondamentale conoscere il movente, il perché. Eppure non aveva provato il sollievo che di solito accompagnava la scoperta della verità. Questa volta tutto sembrava avere un sapore amaro”.
Al di là dell’originale accorgimento di iniziare ogni capitolo con una parola, un lemma e le sue diverse definizioni – che diventa titolo e sommario insieme –, merita una riflessione a parte il linguaggio usato e le sue sfumature, ovvero il filtro della lingua attraverso cui passano le vicende narrate: come spiegato in un’intervista dallo stesso autore, che ha la fortuna di avere due lingue madri, inizialmente scrive in gallego per poi tradurre in spagnolo lo stesso giorno.
La traduzione, intesa da Domingo Villar come "correzione", permette di scomporre il testo e di ricomporlo alla luce della sua architettura interna, in una prospettiva più ampia.
Una cifra stilistica che non è andata persa nella versione italiana grazie all’efficace lavoro di traduzione di Simone Cattaneo e di revisione di Silvia Sichel, capaci di rendere le peculiarità di un romanzo “nato tre volte”.
La spiaggia degli affogati
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La spiaggia degli affogati
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