La stagione degli innocenti
- Autore: Samuel Bjork
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Longanesi
- Anno di pubblicazione: 2015
Se avete stomaco e il fegato non va in pappa davanti a qualche situazione forte di troppo, se trovate accettabile che anche bambine e bambini siano vittime dei delitti efferati di un serial killer, “La stagione degli innocenti” è un libro adatto a voi (Longanesi, 2015, 490 pagine 16,90 euro), romanzo nerissimo di Samuel Bjork, lo pseudonimo col quale un noto musicista e cantautore norvegese, Frode Sander Ojen, firma una storia forte, di sangue e brutalità, piena di deviazioni, trasgressioni, aspetti crudeli degli uomini e delle donne di oggi.
Una vicenda rovente, in un habitat spesso gelido come quello scandinavo e in una società che per convenzione siamo portati a considerare misurata e tutto sommato fredda, come a distanza ci sembra quella norvegese. Diciamo subito che a vomitare e a sciogliersi in lacrime non dovrebbe essere solo il malcapitato passante che portando a spasso il suo cane scopre il cadavere di una bimba di sei anni appena, impiccato ciondolante a un albero, poco fuori Oslo. La bambina ha indosso un vestitino demodè da bambola, lo zainetto scolastico sulle spalle e un biglietto al collo: Viaggio da sola.
Ha pure inciso con una punta, su un mignolo, un numero quasi invisibile. Uno. Vuol dire che è la prima. Solo Mia Kruger se n’è accorta, l’abilissima ma estremamente turbata agente di polizia che il detective Munch ha voluto a tutti i costi coinvolgere nelle indagini, per giovarsi delle sue non comuni capacità investigative. A lei salta agli occhi quello che passa inosservato agli altri. L’aspetto singolare è che quando Olger l’ha raggiunta nell’eremitaggio in cui si è ritirata a consumare psicofarmaci e lagnarsi della sua esistenza, un posto qualsiasi in un luogo qualsiasi, mancano solo dodici giorni alla data della sua morte: 18 aprile.
Un’anticipazione letteraria? Un progetto di suicidio? Un male incurabile? Niente di tutto questo, solo paranoia, un’autosuggestione legata alla morte della sorella gemella, tossicodipendente.
Olger Munch vanta la più alta percentuale di casi risolti. Non è parente del pittore, come tutti trovano irresistibilmente spiritoso chiedergli. Grande e grosso, ma con la vanità di rimandare sempre a domani, al più tardi dopodomani, la dieta decisiva o un’alimentazione più sana e dietetica. Odia volare, ma lo fa suo malgrado. Cinquantaquattro anni, divorziato, ha una figlia venticinquenne in procinto di convolare a nozze.
Protagonisti di Polizia a parte, il caso degli angeli impiccati nel bosco cresce. Due ragazzini trovano un’altra bambina della stessa età, sempre vestita da bambola, sempre in procinto di cominciare la scuola. Quanto alla prima, l’assassino non voleva che soffrisse, spiega Mia a Munch, l’ha uccisa con una dose letale di un potente narcotico, una morte dolce, se possibile. Le piaceva, dice proprio così la Kruger, le voleva bene.
Pauline era scomparsa dall’asilo della chiesa di Skoyen, Johanne dall’asilo di Lille Ekenberg. Non è stato facile stabilire l’ora della morte, ma sembra siano state tenute prigioniere per un po’, prima di far loro indossare i costumi e allestire la messinscena nei boschi. Non c’è stata violenza, le vittime erano lavate, pettinate, messe in ordine, pronte di fatto ad andare a scuola. I tanti particolari indicano chiaramente lo stesso assassino e una meticolosa pianificazione dei rapimenti e omicidi.
L’agente Kruger raggiunge la sartoria Jenny, dove sono stati confezionati i due vestiti, da una dolce vecchina. Li ha ordinati un uomo, che si è limitato ad entrare con delle fotografie di bambole, dicendo che voleva la riproduzione degli stessi abitini, a misura di bimbo. L’ordine risale a circa un anno prima. È tornato diverse volte, non ha mai fatto problemi per le somme.
Che aspetto aveva, come parlava, a chi somigliava? Mah, un tipo normalissimo, né grasso, né magro, non alto, sui quarantacinque, gentile, ben vestito. Norvegese, a quanto pare. Ordinario, a parte un grande tatuaggio sul collo, nascosto da un maglione: un’aquila.
Mia riferisce a Munch. Dieci abiti? Dannazione! Ci saranno altre otto vittime?
Però, quel tatuaggio. Quanti uomini ci saranno con un grande rapace disegnato tra collo e scapola? Un collega dice di aver incontrato un tale che corrisponde. Lavorava in un’agenzia di spedizioni, come corriere. Un soggetto strano, un disadattato, abitava in un ospizio di carità.
Mia lo raggiunge. Un posto con la disperazione appiccicata alle pareti. Interrogano un anziano receptionist. Certo, quel Bakken risiedeva lì, molto tatuato, sulla quarantina, ma se n’è andato, si è buttato dall’ottavo piano, sarà un mese o poco più...
La stagione degli innocenti: 1
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