La terra dei vincitori
- Autore: Giuseppe Autiero
- Anno di pubblicazione: 2010
Nel prologo de "La terra dei vincitori", Giuseppe Autiero pone l’antefatto, prepara il lettore a ciò che seguirà, sapientemente accennando alla vanità del potere e dell’oro, alla follia della cupidigia. L’avidità, infatti, sarà il “leitmotiv” che determinerà l’agire dei numerosi personaggi della storia. Una caccia all’oro, il famoso oro di Alarico, espediente prezioso per una profonda e sapiente disamina del genere umano.
Uno spaccato interessante e ameno della vita di paese, delle abitudini, dei passatempi, dei vizi e delle poche virtù di un gruppo di paesani calabresi, ambientato negli anni sessanta.
Gli adolescenti, ancora poco smaliziati, ma alle prese con un corpo che si sta svegliando, affascinati dalla natura che li circonda e che offre loro svago; fra loro Tutùre si distingue per serietà e buoni sentimenti, sensibile e solitario troverà conforto alla sua innata tristezza nel Vecchio, figura emblematica e ricca di carisma, che lo aiuterà a crescere e a conoscere la vita e i suoi segreti, divenendo per lui una sorta di padre elettivo.
Il Vecchio racconta, seleziona i suoi ricordi scegliendo quelli che giudica più adatti per Tutùre …. E il ragazzo ascolta rapito … e impara! Il Vecchio lo accoglie, lo difende, lo sfama, gli dà consigli; sembra conoscere ogni cosa, del passato e del presente, della natura e dell’animo umano.
Solo la solitudine e il silenzio regalano il potere del “sentire”, di percepire ciò che ad altri sfugge. Entrambi si cercano, anche nei pensieri, si compenetrano. Tutùre gli regala l’allegria e il nuovo interesse alla vita e lui sembra riprendere il suo vecchio mestiere di “forgiaro” per metaforicamente plasmare e portare in luce l’uomo retto che già intravede nel ragazzo. L’importanza del passaggio del sapere è una delle tematiche del racconto, e ancor più dell’oralità, che grazie al suono delle parole e dei silenzi, trasmette passione e sentimento, oltre che conoscenza.
… e poi c’è Adele, un dono imprevisto della vita, che appare ogni estate, ad abitare la casa del Barone Lopardi, suo padre, ed a riempire la vita e le fantasie di Tutùre. Nei giochi, negli sguardi, negli scherzi, nei bronci e nell’allegria sfrontata di lei, un po’ maschiaccio e un po’ ninfa, il ragazzo si perde e si rianima. Le corse in bicicletta, le sue mani appoggiate sui fianchi sinuosi di lei, il profumo e la carezza dei suoi capelli risvegliano le prime pulsioni erotiche, lo sorprendono, lo confondono.
L’altro punto fermo della sua vita è Lisetta, sua madre, con la quale vive da solo.
Sono frequenti le descrizioni del paese e dei suoi abitanti, immagini quotidiane colte e fermate, come uno scatto fotografico; l’autore, in pochi tocchi, dipinge scenari, rievoca atmosfere. Le caratterizzazioni dei personaggi sono magistrali, inseriti nel loro habitat quotidiano.
Anche gli stati d’animo, tristi, malinconici o gioiosi, sono resi con tratti brevi e significativi, grazie anche all’uso di similitudini e metafore pertinenti e creative.
L’autore si manifesta acuto conoscitore dell’animo umano, cogliendo nel dettaglio le peculiarità dei vizi e delle debolezze di uomini e donne. Il contesto si completa col ricordo di usi e costumi di una terra amata e sognata, di una regione dalla storia complessa , storia che viene rievocata in un più ampio panorama nazionale.
Causa ed effetto di tutto ciò risulta essere la Calabresità!
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La terra dei vincitori
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