La terra rossa
- Autore: Santo Gioffrè
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Rubbettino
- Anno di pubblicazione: 2010
Terra rossa, per la composizione del suolo, per la componente passionale e tragica comune ai suoi abitanti, per il sangue che sovente su di essa viene versato.
Il rosso, colore di tramonti infuocati e di morti violente, è spesso associato al nero, metafora del buio, dell’ignoranza, della malvagità.
Tutte le sfumature di questi due colori sono presenti nel romanzo e si mescolano attraverso i moti degli animi e le azioni dei suoi personaggi.
Primo fra tutti il protagonista, u signurino don Ciccio D’Alessandro, spavaldo nobile di un paese senza nome nella Calabria del primo novecento. Giovane, bello, ricco, colto, don Ciccio è l’emblema del prestigio e del potere, che tutto può e a cui tutto è concesso.
Attorno a lui una massa indistinta di umanità disumanizzata, che trascina la propria esistenza nella miseria fisica e morale: uomini violenti, che abusano delle proprie figlie; madri disperate, che arrivano persino a coprire le nefandezze dei propri mariti; fanciulle ignare di tutto la cui unica sorte è la sofferenza e l’accettazione degli abusi subiti. La moralità e il rispetto di sé non abitano questa terra.
Le bellezze naturali non servono a riscattarla da un profondo stato di indigenza, che toglie umanità a uomini e donne; persino i bambini non conoscono il sorriso e divengono spesso merce di scambio o vittime innocenti della lussuria o dell’avidità degli adulti.
Stenti e miserie si dipanano con l’ineffabilità del fato. Un mondo tragico, in cui l’amore non è un sentimento, uomini e donne si accoppiano con violenza, la tenerezza non appartiene neanche alle madri, private spesso e dilaniate dal loro frutto, o troppo stanche e svuotate per provare emozioni.
Scenari delle vicende sono un paese calabrese e il latifondo attorno ad esso, ma sono menzionate anche Argentina, Brasile, America e nord d’Italia, luoghi in cui l’emigrazione condusse migliaia di disperati, prevalentemente uomini sani nel corpo e nella mente, costretti a cercare sostentamento altrove, lasciandosi alle spalle donne e bambini, in balia dei peggiori rimasti, uomini di malaffare o ricchi proprietari terrieri, entrambi privi di scrupoli.
Nobiltà e ‘Ndrangheta, spesso in accordo, hanno il controllo totale su cose e persone, in un territorio ostile, dove la vita non è un dono, ma un pesante fardello.
Il romanzo termina là dove era iniziato, con lo sguardo perso di un ragazzo accovacciato sotto a una quercia centenaria, simbolo di un cerchio che si chiude su se stesso, lasciando fuori aspirazioni e speranze.
Gioffrè sembra conoscere bene luoghi e genti, sa entrare negli animi, sa leggere nell’immutabilità dei tratti, riconoscere situazioni e condizioni.
Ci racconta dei ritmi delle stagioni e delle pratiche agricole, delle cerimonie di affiliazione, dei riti brutali e dei pregiudizi. Narra eventi e vicende con distacco e freddezza, senza commentare, rappresentando una realtà che parla da sola.
La terra rossa
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Libro bellissimo, leggetelo non ve ne pentirete.