Fabiana Giacomotti, giornalista, scrittrice, autrice tv, ha lavorato per radio, televisione, stampa quotidiana e periodica ricoprendo tutti i ruoli possibili, conduttrice, annunciatrice, inviato, direttore. Scrive per Il Foglio del sabato e ha una rubrica su Sette e Lettera43.it. Insegna all’Università di Roma La Sapienza nel corso di Scienze della Moda e del Costume, nel quale ha sviluppato e dirige la prima piattaforma multimediale di cultura e informazione sulla moda scritta e gestita dai suoi studenti. Con il costumista Alessandro Lai ha curato, per il Museo di Palazzo Mocenigo a Venezia, la mostra Trame di Moda. Donne e stile alla Mostra del Cinema di Venezia, diventata anche programma per Rai5.
Nel 2013 ha pubblicato la nuova edizione del volume La milanese chic. Guida alla città dello stile (Baldini & Castoldi 2013 - la prima era dell’anno precedente).
È da poco in libreria La tv alla moda, stile e star nella storia della Rai (Silvana Editoriale e Rai Eri 2014), affascinante e suggestivo excursus compiuto dall’autrice tra archivi, sartorie e collezioni che hanno fatto grande la televisione e lo stile italiano nel mondo. Lascia o raddoppia, Studio Uno, Canzonissima, Carosello, Fantastico, Indietro tutta, Il Festival di Sanremo... Da Mina a Raffaella Carrà, “il particolare anatomico come la vita sottile per la Carrà o le spalle candide e le mani bellissime di Mina”, dalle sorelle Kessler a Heather Parisi, da Edy Campagnoli a Gigliola Cinquetti, il libro può essere paragonato a una magnifica sfilata che testimonia come il piccolo schermo sia stato in tutti questi anni il riflesso della moda e della società italiana.
“... in televisione i conduttori devono essere loro stessi, e il costume ha il compito di rappresentarli, di renderli riconoscibili, inequivocabili”.
- Signora Giacomotti, nell’Introduzione al volume Franca Valeri tra le altre cose scrive che i costumi indossati dai protagonisti degli spettacoli targati Rai
“sono giustamente passati alla storia della Tv del secolo scorso”.
Condivide la definizione dell’attrice?
Questa opinione faceva seguito a un elenco del colossale numero di abiti che ogni settimana venivano realizzati per il varietà del sabato sera. I costumisti erano una presenza visibile, per non dire ingombrante, della tv di un tempo. Dunque, credo che il giudizio della signora Valeri sia anche, velatamente, ironico.
È vero che la Sua ricerca tra sartorie, archivi e collezioni è durata due anni?
È durata anche di più. Il primo passo di questo percorso fu una serie di incontri fra costumisti e stilisti che si tenne nel 2011 e si trasformò anche in un programma. Poi è arrivata l’idea di portare questi capi in mostra, in un progetto sostenuto in primo luogo dal direttore comunicazione e relazioni esterne della Rai, Costanza Esclapon. La scrittura del libro ha richiesto invece qualche mese. E una serie infinita di incontri.
- Quali sono stati i grandi costumisti Rai?
Il più scenografico: Danilo Donati, poi due volte premio Oscar. Il più sensuale: Folco. Il più raffinato: Corrado Colabucci. La più colta: Gianna Sgarbossa. La più ironica: Graziella Pera.
I costumi hanno saputo dimostrare quel magico connubio fra moda, costume e società in relazione al media televisivo?
Quelli italiani sì. Non sempre, naturalmente. Mina, per esempio, faceva moda anche vestita da costumisti come Folco o da un altro premio Oscar come Piero Gherardi.
- Per quale motivo la moda in televisione “è un fenomeno tutto italiano”?
Solo in Italia le competenze, la professionalità e le attività dei costumisti hanno incrociato così spesso il mondo della moda.
- Desidera rivelarci un aneddoto relativo a un abito e alla primadonna che l’ha indossato?
Quasi tutti gli abiti conservati alla Rai e nelle sartorie che per la Rai hanno lavorato sono custodi e interpreti di storie meravigliose. Ma credo che nessuna abbia saputo innovare, pur restando fedele al proprio personaggio, come Raffaella Carrà. Ha stabilito un rapporto di assoluta fiducia e scambio con il costumista che la segue tuttora, Luca Sabatelli, al quale credo debba tutto: dalle tute in lycra rossa alle spalle immense al famoso abito interamente ricoperto di cristalli Swarovski che abbiamo portato anche in mostra. Venne realizzato per un tour nel Sudamerica poi ridotto a un programma, "Millemilioni": è il primo mai realizzato con strass applicati a caldo. Per il mondo dello spettacolo, è un caposaldo.
- Alla mostra 1924-2014: la RAI racconta l’Italia, che si può ammirare fino al 30 marzo all’interno del Complesso del Vittoriano a Roma, la sezione Costume da Lei curata apre l’allestimento. Fra tutti i costumi originali esposti qual è il Suo preferito?
La mostra, dopo il successo di Roma, arriverà a Milano, alla Triennale, da fine aprile, con tutti i magnifici dipinti e disegni della quadreria della Rai e le altre sezioni, tutte molto interessanti. Il mio abito preferito? Tutta la serie dei Caroselli Barilla interpretati da Mina nel 1967 e disegnati da Piero Gherardi. Sono stati restaurati per l’occasione dallo stesso sarto e costumista che li aveva realizzati quasi cinquant’anni fa, Gabriele Mayer: sono spettacolari, immaginifici, grandiosi, benché tutti realizzati in materiale poverissimo. Ma capirlo dai filmati era impossibile, tanto che le diverse copie effettuate qui e là per l’Italia usano tessuti inutilmente sontuosi e tecniche lontane dalla realtà. Quei costumi, che nei caroselli sembravano tantissimi, erano invece composti da tre sole "basi", dei semplici fourreaux in cadì, e tanti elementi-accessori intercambiabili: una soluzione moderna e al tempo stesso antica, seicentesca.
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: La tv alla moda, stile e star nella storia della Rai: intervista all’autrice Fabiana Giacomotti
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