La vita idiota
- Autore: Dario Bellezza
- Categoria: Poesia
- Anno di pubblicazione: 2014
Con Dario Bellezza è facile fare pasticci, perché non era mai contento delle sue prime poesie, ma nemmeno delle altre. Era insicuro e poi gli sembravano “poca cosa”, con quello che, già all’epoca, capitava in Europa.
Lui le scrisse per Nuovi Argomenti, ma senza titolo definitivo. Si guardava al maggio francese. Il 1968 fu un anno indimenticabile, anche per vari avvenimenti negativi, ovvero quelle manifestazioni cinematografiche come Cannes o la Mostra del Cinema di Venezia che avevano bisogno di un programma e l’andirivieni di attori e registi.
Fu una tale confusione, non si capiva niente. Fu l’anno dei giovani che spuntavano dappertutto. Dario Bellezza ci si trovò in mezzo e le sue prime poesie furono quindi trascurate.
Da ultimo poi sono arrivati nuovi libri di poesia, che sembrano risalire al periodo in cui ormai Bellezza stava malissimo, poiché la salute lo aveva abbandonato.
La vita idiota (LietoColle, 2004, curatela di Fabrizio Cavallaro, Massimo Raffaeli, scritto di Enzo Siciliano) resta un unico blocco di poesie, scritte dall’autore quando era giovane, sui ventitré anni. Erano gli anni universitari per Bellezza, che non arrivò mai alla laurea.
Il poeta non faceva mistero del suo orientamento sessuale, e parliamo di fine anni Sessanta, dove l’immaginazione al potere era uno slogan che non toccava la piccolo media borghesia romana.
Già allora, il 1968, la rivoluzione, per il poeta era anche un tentativo di liberazione sessuale, tenendo a mente il suo poeta preferito, Rimbaud:
La vergogna del sesso sconclusionato / che l’eterne piste percorre con il giu- / sto fratello / che s’ubriaca dell’amore per l’origina-/ rio incesto./ non concede tregua al mio purgato - / rio incesto / l’angolo della perdizione è un mi- / sfatto / che danna a occhi chiusi, occhi cre- / pati / dalla malinconia di te fanciullo mio / che mi tradisci con gli avvoltoi interi / della Rivoluzione;
/consumo fiumi di inchiostro, aspetto, / che il neghittoso e perfido mare bol - / ito in pentola / mi purifichi del tuo petto d’uccellino / la fuga, l’oblio non bastano all’incontro / con il nulla che mi s’aggrappa ad- /dosso.
Una poesia che non tiene conto delle decisioni letterarie del 1963, qui il poeta si guarda in uno specchio e si bea del suo egocentrismo.
In realtà a Bellezza piaceva una poesia carnale, che non tenesse conto troppo della formalità stilistica. E poi il suo desiderio di entrare coi tre capisaldi della cultura dell’epoca, poter avere una vita sociale che prevedesse Moravia, Pasolini e Elsa Morante. Ma i desideri non diventano mai veramente reali.
Dei tre, quello che lo attirò nel suo mondo fu Pasolini, mentre Moravia era troppo conciliante con gli altri e le sue inimicizie erano piuttosto scarse. Poi c’èra la Morante che inizialmente lo trovava simpatico, ma una litigata mise fine a un’amicizia non ancora compiuta. Questioni letterarie?
La verità è che piaceva a tutti e due lo stesso ragazzo: glielo fece conoscere Bellezza che quindi si avvaleva del diritto di prelazione. La verità è che lui era ossessionato dalla scrittrice, mentre lei se sapeva della sua presenza andava via di corsa.
Lui poi aveva una venerazione per Pasolini, avrebbe lavorato per lui anche gratuitamente. Pasolini cercò di aiutarlo con la silloge Invettive e licenze, che venne pubblicata nel 1971 per Garzanti. E non solo, lo accolse nel suo mondo.
Ma di quella raccolta di poesie scrisse, senza tanti giri di parole, che Dario Bellezza era il poeta migliore della nuova generazione.
La vita idiota
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