Lacci
- Autore: Domenico Starnone
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2014
Domenico Starnone con “Lacci” (Einaudi, 2014) ci regala un romanzo particolarmente intenso che tocca qualunque lettore, perché questa storia, da un’angolazione o dall’altra, è anche di molti fra noi.
La vicenda è narrata a tre voci: quella di Vanda, la moglie tradita, di Aldo, il marito giornalista e collaboratore televisivo ormai in pensione, e della loro figlia minore, Anna, cui si unisce, in un dialogo chiarificatore, il fratello Sandro. La narrazione copre l’arco di cinquant’anni di matrimonio ma le voci non si odono tutte solo nel finale della vicenda.
L’incipit, ad esempio, appartiene a Vanda, moglie amareggiata, umiliata dal fatto che, dopo dodici anni di matrimonio, Aldo, l’uomo cui lei ha dato due figli, sacrificando le proprie energie, il proprio tempo, dopo le due gravidanze, un po’ della forma fisica, e cui ha rivolto i propri pensieri giorno dopo giorno, si è allontanato da casa in parte per desiderio di libertà ma, principalmente, poiché innamorato di Lidia, una giovane donna dall’aspetto solare.
Scoprire d’esser tradita è un’umiliazione, un dolore profondo per una moglie che può reagire in modi assai diversi. Vanda si riempie d’ira e scrive ad Aldo parole forti che la fanno sentire quasi carnefice mentre le pronuncia. E’ questo l’ennesimo senso di colpa che prova chi è ferito e reagisce con veemenza. Vanda, in quegli anni, aveva curato il marito, i figli e la casa in ogni minimo dettaglio; non aveva sprecato nulla perché tutto avrebbe potuto essere utile o, forse, perché il risparmio era un ulteriore modo per dire “Ti voglio bene” alla propria famiglia e la metafora del “trattenere” tutte le cose di casa e per la casa compreso l’uso parsimonioso del denaro nascondeva, in realtà, l’accumulo di tutto l’affetto possibile.
Eppure, come si vedrà nel dipanarsi della storia, nonostante l’allontanamento di Aldo, i lacci affettivi, a volte intrisi di dolore, rimangono saldi, non si spezzano.
E’ Aldo a raccontare i momenti più attuali del matrimonio: ecco la coppia ormai anziana riunita da decenni ma, in fondo, ognuno con una personale intimità che non fa confessare all’altro alcuni pensieri, alcuni vissuti, che fa nascondere dall’anziano marito in un soprammobile della propria casa le foto dell’amante non tanto per rivederla giorno dopo giorno, ma solo per sapere che lei è ancora lì, accanto a lui nonostante la loro relazione sia terminata da decenni. Aldo è l’uomo che incarna, oltre che l’amore per il femminile, anche quello per il proprio lavoro e così conserva, con un certo narcisismo, ogni sua pubblicazione, ogni suo scritto cui tiene tanto, forse troppo.
L’ultima parte del libro è quella che ha come protagonisti i figli Anna e Sandro. E’ lei a dialogare con il fratello, a ricordare, a mettere tante cose in discussione. Si ritrovano in quella casa con vista Tevere che i genitori hanno acquistato grazie ai successi lavorativi di Aldo: è un luogo quasi intoccabile, perfetto “con un ordine apparente e un disordine reale”, perché ogni oggetto parla di quell’unione che ha superato anni di difficoltà anche se non è intessuta del tutto d’amore e di serenità.
I due fratelli sono assai diversi. Anna appare più amareggiata e, ricordando un banale episodio dell’infanzia in cui mamma dissertava su come loro, bimbi, allacciassero le scarpe, dice:
“Gli unici lacci che per i nostri genitori hanno contato sono quelli con cui si sono torturati reciprocamente per tutta la vita”
Come a voler spiegare che forse lei e il fratello sono stati il motivo che ha permesso che i genitori si fossero riuniti, lasciando da parte le offese e i dolori ma che questi ultimi lasciano sempre e comunque profonde cicatrici difficili a rimarginarsi. E’ per questo che lei ha scelto di non avere figli, perché la vita familiare è fonte di gioia ma anche di tristezza.
“Dai nostri genitori ho imparato una sola cosa. Che di figli non bisogna farne. Ai figli finisci in ogni caso per fare del male e di conseguenza che ti facciano ancora più male.”
Frasi estreme per Sandro che, simile al padre, con un carattere più incline a prender la vita con leggerezza, di figli ne ha avuti quattro da tre donne diverse.
I quattro protagonisti sono l’esempio del rapporto che si crea nelle più comuni famiglie: ci si ama, ci si aiuta, si discute, si litiga, ci si allontana ma quei “lacci” che il destino stesso ha creato non si possono sciogliere. Alcuni vanno un po’ stretti, altri meno ma sono tutti il simbolo dell’intenso e talvolta doloroso rapporto che si crea tra le persone di una stessa famiglia. Certo, non è così in ogni nucleo ma quel che leggiamo nella vicenda è un condensato di sentimenti che un validissimo scrittore come Domenico Starnone ha saputo far emergere attraverso le dinamiche del romanzo.
Lacci
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