Le aquile della guerra
- Autore: Ben Kane
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: Newton Compton
- Anno di pubblicazione: 2016
Tre legioni in lunga fila nella foresta di Teutoburgo
Varo, rendimi le mie legioni! Per chi ha passato l’adolescenza a tradurre dal latino sui banchi di scuola, ogni volta che si torna sulla disfatta nella foresta di Teutoburgo il pensiero va al dolore di Augusto alla notizia dell’annientamento di tre intere legioni da parte dei Germani, nel 9 dopo Cristo. Non a caso, la rabbia del primo imperatore, resaci dagli scritti di Svetonio, apre un nuovissimo ed eccitante romanzo peplum di Ben Kane, astro nascente della narrativa storica, anche a detta dei suoi più validi colleghi. Il titolo è “Le aquile della guerra”, avvia una nuova trilogia ed è pubblicato da Newton Compton in grande veste editoriale, a un prezzo di copertina però quasi da tascabile (gennaio 2016, 430 pagine, 12 euro).
Si racconta la sorte tragica, favorita da tanti errori, di Publio Quintilio Varo, governatore di Germania, un territorio immenso, attraversato dal fiume Rhenus, raggiunto e controllato 2000 anni fa dalle armi di Roma. Si seguirà, marcia dopo marcia, l’avvicinamento dei suoi uomini – migliaia - al luogo dell’agguato fatale. Si andrà con il cuore in gola alla scoperta del destino di Lucio Tullo, centurione maggiore della Diciottesima Legione, massiccio veterano “rotto” a tutte le esperienze e segnato nel corpo da anni di guerre per l’Urbe.
Ma questo è il romanzo di un bambino, che due decenni prima, ad appena sette anni, tremava alla vista dell’orrendo sacrificio rituale offerto a Donar, il potente dio del tuono. Il papà Sigimero, capo dei Cherusci, lo aveva svegliato in piena notte e condotto in una radura popolata da rappresentanti di tutte le tribù germaniche (c’erano anche Bructeri, Catti, Angrivari, Tencteri e Marsi), stretti intorno a due altari.
Erano stati spinti avanti otto romani, legati al collo e ai polsi, nemici della sua gente. Aveva cominciato a sentire un po’ di nausea: immaginava che non sarebbe stato piacevole ciò che attendeva quegli uomini, eppure rappresentavano tutto quello che i germani rifiutavano. Il loro impero si espandeva più di quanto un uomo possa coprire a piedi in un anno, ma non erano ancora contenti. Un villaggio vicino era stato incendiato; molti gli uccisi, anche suo zio e due cugini.
Non era riuscito ad evitare di distogliere lo sguardo, quando un sacerdote aveva cavato gli occhi al primo dei prigionieri (senza, un romano non può vederci), tagliato la lingua (senza, il romano non può mentire), estratto il cuore (senza, non ha più coraggio, nessuna forza). L’esecuzione si era ripetuta uomo dopo uomo.
Il padre aveva colto l’esitazione e lo aveva ammonito a riflettere che i compagni di quei romani avevano impalato su una lancia il cugino, ma non tanto da ucciderlo, perché assistesse allo stupro della madre e alla tortura del fratello. Da quel momento non si era sottratto a nessun passaggio della cruenta cerimonia, tra urla assordanti dei prigionieri e odore di carne bruciata. Penando al cugino, il bambino si era ripromesso di ricordare quella notte per sempre, per dare ai romani una lezione indimenticabile. Io, Ermanno dei Cherusci, lo giuro.
Vent’anni dopo, i romani sono ancora sul Rhenus, più forti di prima. Come d’abitudine, arruolano guerrieri di tribù alleate nei reparti ausiliari delle legioni. Anche Germani. Ne spicca uno, in particolare. Alla pari dei suoi, veste a metà fra il legionario e il germanico: cotta di maglia ed elmo argentato della cavalleria, mantello di lana tribale, tunica, calzoni colorati e stivaletti alla caviglia. Le armi sono una spatha, una lunga sciabola, pendente da una fascia decorata d’oro, poggiata in diagonale tra petto e spalla. Vigoroso, occhi grigi penetranti, barba folta e capelli neri. Comanda cinquecento Cherusci. Formano l’Ala, l’unità di cavalleria, nel loro caso della Diciassettesima Legio. Sono impiegati come esploratori e durante la marcia proteggono i fianchi delle legioni.
Quel germano è Arminio. Il padre ha voluto il suo arruolamento nel servizio ausiliario con i romani. Hanno un piano, si capirà presto, a danno di Varo e di Lucio Tullo. Roma impone tasse pesanti a tutti. Oltre il fiume quella gabella non va giù e la rabbia si aggiunge all’odio atavico.
Scrive alla grande Ben Kane: la sua competenza storica su Roma e sul suo esercito è appassionante per i lettori che lo seguono e conquisterà tutti quelli che lo conosceranno grazie a questo titolo.
Ben Kane è nato in Kenya, poi ha raggiunto l’Irlanda, dove vive e scrive, tanto. Ha una laurea in veterinaria, ma sono già numerosi i romanzi storici (le avventure di Spartacus, la colonizzazione romana della Britannia…). La storia è la sua grande passione ed è singolare per un irlandese, lo riconosce lui stesso, visto che le legioni non sono mai sbarcate nell’isola, non esistono rovine o tracce della loro presenza. Fatto sta che da ragazzo ha divorato qualunque libro di argomento storico, dai saggi alla narrativa e lo fa tuttora.
È vero, sono un fissato dei tempi antichi, confessa. Li trova divertenti.
Le aquile della guerra (eNewton Narrativa)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le aquile della guerra
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