Le ceneri di Londra
- Autore: Andrew Taylor
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Narrativa Straniera
- Casa editrice: BEAT
- Anno di pubblicazione: 2020
Le ceneri di Londra (Beat 2020, titolo originale The Ashes of London, traduzione di Alessandra Petrelli) è il primo episodio di una serie che ha avuto molto successo in Inghilterra scritta da Andrew Taylor, autore di numerosi romanzi gialli, storici e per ragazzi.
“Il rumore era la cosa peggiore. Non il crepitio delle fiamme, né le esplosioni e il fragore degli edifici che crollavano, neppure le grida e l’incessante rullare dei tamburi, o i gemiti e le urla della folla: era l’ululato dell’incendio. Ruggiva la sua collera. Era la voce stessa della Grande Bestia”.
Londra, 4-8 settembre 1666. La città era in fiamme, un grande incendio, che sembrava non avere pietà di niente e di nessuno, la stava distruggendo. Anche St. Paul era avvolta dalla fiamme. Il re Carlo II, il Duca di York e molti cittadini stavano assistendo attoniti all’agonia della cattedrale. Tra la folla che osservava tale immane disastro, c’era anche James Marwood, giovane cronista della “London Gazette”, ma occorreva allontanarsi presto da lì, perché i polmoni si riempivano di calore e fumo e diventava sempre più difficile respirare. Durante la fuga James aveva avuto anche modo di salvare una giovane donna, che non sembrava una mendicante e neanche una prostituta, ma si era dileguata con il mantello di Marwood addosso.
Ciò che James aveva veduto durante il grande incendio erano cose contrarie alle consuetudini e alla natura, contrarie alla ragione e all’ordine divino e sembravano preannunciare disastri futuri ancora più gravi. “Monstra”, era la parola latina con cui gli eruditi denominavano certe cose per indicare meraviglie, prodigi o cattivi presagi. La distruzione di St Paul era stato uno di questi.
Era un tempo difficile quello che James stava vivendo, suo padre, era “un uomo segnato”, perché era un convinto sostenitore di Oliver Cromwell e del Commonwealth. Sostenuto dall’esercito, Cromwell aveva governato il Paese con spietata e sanguinaria efficienza. Avendo rifiutato l’offerta di clemenza del nuovo re Carlo II in seguito alla Restaurazione1, Marwood era stato imprigionato. In seguito l’anziano uomo era stato scarcerato sotto la responsabilità del figlio. Ecco perché entrambi ora vivevano fuori Londra in un cottage all’interno di un orto recintato, i cui prodotti venivano venduti al mercato.
Il giorno dopo il “Grande Incendio”, tra le ceneri ancora calde di St. Paul era stato trovato il cadavere di un uomo con la gola tagliata e con i pollici legati dietro la schiena. Il cronista James Marwood per conto della “London Gazette” avrebbe dovuto indagare su una serie di efferati omicidi.
“Il corpo non puzzava, ma questo non significava per forza che la morte fosse recente, pensai, perché il calore poteva averlo mummificato”.
Con estremo realismo l’autore descrive l’incendio del 1666, che fu una delle più grandi calamità nella storia di Londra ed ebbe profonde conseguenze anche dal punto di vista sanitario, poiché per effetto della morte dei ratti che ne propagavano l’epidemia determinò la fine della grande peste che aveva falcidiato la popolazione cittadina. Durante l’epidemia più virulenta, il tasso di mortalità aveva raggiunto l’incredibile quota di uno a cinque.
Taylor compone un quadro perfetto dell’epoca e di Londra, che era la terza città più grande del mondo occidentale dopo Parigi e Costantinopoli e la sua popolazione si attestava fra i trecento e i quattrocentomila abitanti. Una città che cresceva e prosperava,
“fino a quando il 2 settembre 1666, il Grande Incendio scoppiò nella bottega di un fornaio di Pudding Lane, nel cuore della vecchia City densamente popolata”.
1 Nel 1660 Carlo II Stuart (Londra, 29 maggio 1630 – Londra, 6 febbraio 1685) aveva riconquistato il trono tra scene di euforia quasi universali, nei venti anni precedenti, la guerra civile tra la Corona e il Parlamento aveva causato centinaia di migliaia di vittime, compreso il padre di Carlo, Carlo I Stuart, decapitato con atroce simbolismo dinanzi alla residenza reale, il palazzo di Whitehall il 30 gennaio 1649.
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