Le cento vite di Cagliostro
- Autore: Pasquale Palmieri
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: il Mulino
- Anno di pubblicazione: 2023
Che disdetta, per il mitico conte di Cagliostro, essere vissuto e affermato in Europa nel 1700. Avesse avuto a disposizione le cronache mediatiche odierne e soprattutto il mezzo televisivo, avrebbe amplificato a dismisura la sua notorietà, frequentando talk show e salotti virtuali. La sua autostima ne sarebbe uscita ulteriormente amplificata, perchè molto è stato detto su di lui e tanto negato, ma è certo che nutrisse una sconfinata considerazione di sé, come conferma il saggio più recente sul misterioso “mago” per eccellenza, framassone e fondatore di logge in Europa.
Il volume è Le cento vite di Cagliostro, pubblicato da Il Mulino nella biblioteca storica (2023, 247 pagine), a firma di Pasquale Palmieri, docente di storia moderna nell’Università napoletana Federico II, saggista e divulgatore di temi legati al XVIII secolo e dalla Rivoluzione francese.
Ma chi era questo protagonista arcinoto eppure sfuggente di un’età di grandi cambiamenti, la seconda metà del 1700, segnata dall’Illuminismo, dall’affermazione della laicità e chiusa dalla Revolution e dall’ascesa di Napoleone Bonaparte? Si trattava di Giuseppe Balsamo, nato nel 1743 a Palermo in una famiglia borghese? Era l’orfano di padre e novizio adolescente tra i Fatebenefratelli di Caltagirone, ribelle alle regole e alla religione? O un giovane lestofante che si affiancava a faccendieri e aveva acquisito nozioni di scienza alchemica e guadagnato la fama di guaritore, girando nel Mediterraneo con un certo Althota?
Era il compendio d’ogni malvagità e sedizione, condannato dalla Chiesa alla durissima reclusione nella fortezza di San Leo, dal 1791 al 1795 della sua morte? O l’aristocratico emissario del Gran Maestro del rito egizio, il Gran Cofto, presso le logge europee, come si presentò ai fratelli massoni inglesi?
L’innocente perseguitato dalla giustizia religiosa cieca e conservatrice, di cui parlavano i progressisti? Un famoso settario, un astrologo, un potente mago o un ciarlatano impostore?
Palmieri stesso non riesce a fermare un’immagine oggettiva di Cagliostro. Quando sembra di averlo inquadrato come un protagonista celebre della cultura e della cronaca, anche giudiziaria, nella sua epoca di grandi trasformazioni, ecco che sfugge e torna un fantasma. Da qui, la decisione del docente e saggista di affidarsi a documenti del tempo, in pratica di verificare come lo considerassero nel bene e nel male i suoi contemporanei illustri e immediati posteri.
L’autore mette a fuoco le conseguenze della “mediatizzazione del caso Cagliostro”. Cerca di verificare se abbia favorito una riflessione critica sulla giustizia, sulla morale, sul fanatismo religioso, sull’autonomia dei poteri costituiti o se non abbia strumentalizzato la sua figura, “favorendo l’insorgere di fanatismi”.
Alla ricerca di risposte, ha dovuto farsi strada tra una moltitudine di:
racconti ambigui, sfuggenti, ricchi di stereotipi, ma anche capaci di forzare i codici imposti dalle culture dominanti e di affermare nuovi punti di vista sulla realtà sociale.
Dopotutto, il docente dell’Ateneo napoletano non pretende di fare luce completa sul sempre impenetrabile Cagliostro, né cerca di assolvere o, al contrario, demonizzare il personaggio. S’inoltra nei sentieri saggistici, documentari, narrativi, leggendari che si sono moltiplicati sul Cagliostro vero o presunto, reale o immaginario. I quattro capitoli entrano nelle fasi cruciali della parabola dell’avventuriero: nascita e giovinezza; celebrità; scandalo della collana della regina di Francia; processo davanti all’Inquisizione. Nella lettura, si noterà la con-fusione di realtà e leggenda, “un colorato bouquet” di fatti taluni veri, altri derivati da una seducente mitografia.
Per una Chiesa minacciata dalla modernità, il Cagliostro impostore, un demone da esiliare in un maniero inaccessibile, era il mostro giusto al momento giusto. Esemplificava la risposta vigorosa di Roma alle spinte libertarie e alle istanze sovversive che si agitavano nel continente e che temeva volte a distruggere il potere temporale. Esploderanno nella Rivoluzione francese, coeva al processo e recrudescente nel 1791, mentre il Conte avviava la prigionia a San Leo, nell’inospitale stanza del Tesoro e successivamente nell’infelice cella del Pozzetto.
Era recluso da mesi nelle Marche, eppure le gazzette d’Europa continuavano nel 1792 a diffondere dettagli sulla sua detenzione.
A Parigi giungevano corrispondenze sulle condizioni precarie di salute, sui maltrattamenti, anche violenze e frustate. A Londra le logge massoniche da lui fondate continuavano ad attrarre adepti. Mentre le autorità ecclesiastiche cercavano segni di pentimento nel detenuto, Cagliostro chiedeva testi sacri da leggere, cilici per autopunirsi, sollecitava il conforto di un confessore, mangiava solo pane e acqua.
Ostentava un ravvedimento, ma erano gesti plateali per dissimulare l’obiettivo degli obiettivi: fuggire dal carcere, evadere, contando sulla distrazione dei carcerieri, rilassati dalla sua moderazione. I giudici, infatti, avevano disposto di sorvegliarlo giorno e notte, senza dargli respiro.
Quanto a lui, aveva provato a difendersi in ogni modo, garantendo fedeltà al cattolicesimo e rispetto alla Chiesa. Aveva ribadito che mancavano notizie certe sulla sua famiglia, sul luogo di nascita e che per circostanze indipendenti dalla sua volontà era stato costretto a viaggiare molto, in diversi paesi.
Del resto, aveva ricevuto un’istruzione ampia, dalle culture antiche alla medicina e alla chimica. Sfruttando le competenze acquisite e un eloquio convincente, era riuscito a conquistarsi una notorietà plateale in Europa.
Le cento vite di Cagliostro
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