Le ciociare di Capizzi
- Autore: Marinella Fiume
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2020
Un libro testimonianza di cui non si può fare a meno, perché troppo si è taciuto sulle vicende raccontate a cura di Marinella Fiume nel libro Le ciociare di Capizzi , pubblicato a luglio 2020 da Iacobelli Editore di Guidonia (120 pagine).
“Marocchinate”, una parola che suona come un’infamia per chi ha commesso le violenze e come una vergogna per chi le ha subite. Se le siciliane di Capizzi non avessero scelto di tacere ed esorcizzare l’orrore col silenzio, lo splendido film di Vittorio De Sica e prima ancora il romanzo di Alberto Moravia avrebbero avuto per titolo La capitina, non La ciociara. Sono state le donne di un piccolo paese arrampicato sui Nebrodi, in provincia di Messina, a finire preda dei goumiers, i soldati nordafricani del Corpo di spedizione francese alleato, sbarcati nell’isola a luglio del 1943 nell’operazione Husky, che avviò la liberazione dell’Italia ad opera degli anglo-americani.
Questo è un libro di memorie dolorose, di donne, di superstiti, di famiglie e di chi ha potuto apprendere solo più tardi, a stento, da chi la memoria aveva voluto perderla.
Nativa di Noto, ricercatrice in lettere con un presente di attivista antiusura-antiracket ed esperienze di pubblica amministratrice (è stata sindaco in provincia di Catania), è venuta a conoscenza della vicenda partecipando cinque anni fa ad un convegno a Capizzi, nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Volendo fortemente approfondirla, ha superato poco a poco la ritrosia locale, raccogliendo le testimonianze degli abitanti del paesino, anziani e giovani e portando così alla luce “una violenza insensata e indicibile, rimasta ignota per settantacinque anni".
Per la prima volta, da allora, il libro denuncia le violenze sessuali di gruppo commesse da reparti coloniali francesi sbarcati in Europa, i goumiers (dall’arabo goum, banda, formazione) magrebini del IV Tabor, responsabili di azioni violente e crimini efferati ai danni della popolazione civile dovunque siano transitati, dalla Sicilia alla Campania, Lazio (Ciociaria) e Toscana.
Il tema è affrontato in un testo antologico. Marinella Fiume introduce. La ricostruzione dei fatti è affidata al veterinario capitino Giuseppe Vivaldi (i marocchini, come vennero chiamati i goumiers, si intrattennero a Capizzi dal 30 luglio al 6 agosto, per questo violenze sessuali, furti e danni furono più limitati che altrove). La sociologa Maria Pia Fontana affronta una riflessione sugli stupri di guerra. L’avvocato Melinda Calandra, presidente Fidapa a Capizzi, aiuta a mettere a fuoco la fase di avvio della ricerca, scaturita dall’incontro promosso nel 2015 dalla sezione locale della Federazione donne imprenditrici.
Fondamentali e illuminanti le testimonianze orali raccolte tra la gente di Capizzi, che rendono questo libro particolarmente coinvolgente dal punto di vista emotivo. I racconti chiariscono che le capitine avevano conosciuto violenze sporadiche anche dai tedeschi, che non avevano mai assunto la sistematicità e gravità di quelle di gruppo dei marocchini, queste ignorate, tollerate, molto probabilmente accordate dai superiori europei in cambio dell’impegno bellico contro la Wermacht.
Non ci furono denunce, la popolazione locale e si chiuse in se stessa, visse la drammatica esperienza come un tabù da nascondere. Molti mariti, al rientro dalla guerra, coprirono le ferite fisiche e morali delle mogli, subite per le violenze alle quali non avevano potuto sottrarsi. Si calcolarono in numero minore che altrove i casi di aborto e abbandono negli orfanotrofi dei frutti dello stupro.
Quella che si registrò invece su grande scala fu la vendetta dei capitini, sia pure anziani e giovanissimi, rimasti in paese dopo il richiamo militare dei maschi adulti e che spesso avevano assistito impotenti o immobilizzati ai gravissimi abusi contro le donne di famiglia. La reazione inattesa, la rivincita degli uomini, talvolta con la partecipazione delle donne, ha reso alla comunità in qualche modo accettabili le conseguenze degli stupri e incoraggiato a mantenere il silenzio sulla vicenda, avendo riscattato l’onore maschile sul quale si fondava quella comunità sociale patriarcale, come in tantissime parti d’Italia allora.
Tendendo imboscate nelle macchie, che conoscevano perfettamente, i capitini avevano la meglio sui goumiers isolati. I corpi venivano fatti trovare impiccati agli alberi (ed evirati) o con la testa troncata. E questo terrorizzava i soldati musulmani: perché l’anima avrebbe raggiunge il paradiso solo se il cadavere resta integro.
Una giustizia ancestrale, ma va detto che gli stupri avevano toccato forme di una barbarie allucinante, come si legge nel lavoro di Marinella Fiume e come si ripeterà in Ciociaria e in provincia di Siena, sempre ad opera dei marocchini.
Nessun tribunale militare ha punito le atrocità, non c’è stata una Norimberga per riscattare le capitine, le ciociare, le senesi (anche i maschi, perché i goumiers non andavano per il sottile, anziane, bambini, vecchi, tutti bottino del goum).
Ma furono certamente le donne a pagare il prezzo più alto, a subire le conseguenze di un disinteresse cinico dei Comandi alleati nei confronti delle sofferenze della popolazione locale e di una tolleranza della bestialità in cambio di un apporto della stessa violenza contro il nemico germanico.
Questo libro è un documento vivo. Episodi crudi si leggono come una cronaca dolorosa, che suscita reazioni emotive: sdegno, ribrezzo, rabbia. Ma la storia va conosciuta e studiata, anche quando fa male.
Le ciociare di Capizzi: I racconti delle donne siciliane stuprate durante la Seconda guerra mondiale (Frammenti di memoria)
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Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le ciociare di Capizzi
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Con gioia leggo questa splendida recensione di cui ringrazio molto l’ottimo estensore F. Laudadio. Cordialmente, Marinella Fiume