Le donne che pensano sono pericolose
- Autore: Stefan Bollmann
- Genere: Storie vere
- Categoria: Saggistica
- Casa editrice: Piemme
- Anno di pubblicazione: 2014
“Come diceva l’inarrivabile regina Elisabetta di Judi Dench in “Shakespeare in Love”: Ne so qualcosa io delle donne che fanno mestieri da uomini”.
25 ritratti di donne speciali che si sono distinte nel loro ramo specifico (politica, letteratura, scienze, filosofia, giornalismo, pubblicità, sociologia), ribaltando il pensiero diffuso che solo gli uomini riescono a raggiungere massimi livelli in campi difficili. Campi in cui alle donne per molti secoli non è mai stato riservato un posto nella storia. Marie Curie, Jane Goodall, Cicely Saunders, Simone Veil, Simone De Beauvoir, Susan Sontag, Margaret Mead, Oriana Fallace, Anna Politkovskaja, Indira Gandhi, Margareth Tatcher, Angela Merkel, Aung San Suu Kyi sono alcune delle donne raccontate nella loro vita pubblica ma anche privata da Stefan Bollmann nel suo saggio dal titolo emblematico “Le donne che pensano sono pericolose” (Piemme, 2014), saggio arricchito da un’esilarante prefazione di Lella Costa.
Le protagoniste del libro di Bollmann come si vede sono tutte donne che appartengono al novecento, secolo che ha permesso loro, anche se con enorme difficoltà, di esprimersi pienamente anche fuori delle mura domestiche. Secondo l’autore una svolta decisiva del ruolo della donna nella società è avvenuta durante la Rivoluzione francese quando Olympe de Gauges ha ben pensato di riscrivere la “Dichiarazione dei diritti“ in chiave femminile, insomma per le cittadine. Questo l’ha portata dritta alla ghigliottina ma ha aperto la porta al riconoscimento delle pari opportunità. Un’altra sterzata è avvenuta con la pubblicazione nel 1847, con un pseudonimo maschile, del noto romanzo “Jane Eyre” di Charlotte Brontë in cui la protagonista, una giovane ragazza orfana, con grande sforzo cerca di conquistarsi un’indipendenza economica. D’altronde della situazione della donna nel settecento e ottocento ne parla con chiarezza il grande filosofo Immanuel Kant quando dice
“il coraggioso passo verso l’emancipazione femminile non è stato solo molto faticoso ma anche tanto pericoloso”
e per questo che gli uomini
“con tanta benevolenza si sono fatti carico di sorvegliare le donne”
a tal punto che le hanno imbrigliate, tarpando loro le ali. Bollmann suddivide il suo libro in cinque capitoli:
- le scienziate;
- le femministe;
- le prime donne a fare mestieri riservati da sempre agli uomini;
- le giornaliste;
- le politiche.
Donne che hanno dimostrato che “pensare“ non è un’attività squisitamente maschile, ma nelle sue diverse accezioni
“capacità di ragionare in concreto e in astratto, di decifrare i misteri dell’universo, di elaborare teorie e ideologie, di dare un ordinamento alle strutture sociali, di amministrare, legiferare, governare e programmare”
appartiene anche all’emisfero femminile, sfatando così il detto che
“gli uomini pensano e le donne fanno i pensierini”.
Donne che hanno programmato il futuro, lavorando, lottando, studiando, viaggiando, rischiando in prima persona “nella prospettiva che ci fosse un futuro e migliore non solo per se stesse”. Il saggio di Bollmann ribalta la tesi “ognuno al suo posto, a ciascuno il suo ruolo” dimostrando con quanto spirito battagliero le donne si sono fatte strada pensando non solo alla famiglia e ai figli, ma anche con grande autonomia di pensiero all’azione, alla partecipazione nel mondo lavorativo e sociale. Chi ha mai detto che “il pensiero è pericoloso?” e poi “pericoloso per chi?”
Le donne che pensano sono pericolose
Amazon.it: 25,00 €
© Riproduzione riservata SoloLibri.net
Articolo originale pubblicato su Sololibri.net qui: Le donne che pensano sono pericolose
Lascia il tuo commento
Ninnj Di Stefano Busà
Certo, sono pericolose per il benessere mentale dell’uomo che non vuole essere solo raggiunto, ma neppure sfiorato da un ribaltamento di privilegi e di "cose" stabilite, già consolidate nei secoli e nella vicenda di ognuno...
Perciò diventano nevrotici, socialmente pericolosi, poichè non ammettono che la loro supremazia stia per vacillare, si trovi in pericolo e in discussione la loro forza di gravità che è la prepotenza, l’arroganza e il rptagonismo.
Oggi le donne che li rimettono in discussione vengono trucidate con una tale malvagità da sfiorare il pericolo di un vero e proprio "femminicidio" tale è il potere e l’arroganza da volerlo appiattire e rimuovere solo a sfiorarlo. Ieri 28 marzo a Palazzo Marino (MI9 si è parlato di tale rischio.
L’impegno dei paesi aderenti alla lotta contro la violenza di genere, si comincia a fare sentire. E’ tempo di fare qualcosa, è tempo di agire e di arginare e prevenire che si espanda il fenomeno di inciviltà e di oppressione nei confronti della donna. Devono spegnersi i FEMMINICIDI, intervenire nelle scuole e sin dalla più giovane età a insegnare il rispetto e le regole.