Le lunghe notti di Domenico Trischitta

Una generazione, quella nata nel 1960, immortalata in brevi racconti, destini non sempre compiuti, personaggi estremi che attraversano le lunghe notti degli anni ottanta e novanta. Come dice Domenico Trischitta in “Le lunghe notti” (Avagliano Editore, 2016):

“Siamo stati edonisti, abbronzati, biondi e latini. Abbiamo frequentato la Costa Azzurra, i locali alla moda, abbiamo trasgredito, siamo piaciuti. Abbiamo lasciato tracce e la nostra musica è diventata la nostra colonna sonora per sempre. Così si immortala una generazione e si diventa scrittori”.

Scrittori proprio come lui, Domenico Trischitta, catanese, drammaturgo, artista poliedrico, vincitore del Premio Martoglio, che ci emoziona sempre e ancor più con queste schegge di vita intensa di gente comune, come il camionista, la puttana, il marinaio, il carcerato, il barista, il pescatore, il travestito, il portiere di notte, l’infermiere, il soldato, il barbone. Gente comune abbiamo detto con i loro limiti, le loro paure, eroi della quotidianità che si incontrano, intersecano, intrecciano con la vita stessa dell’autore.

Una raccolta di racconti intensi che costruiscono un romanzo ciclico, destini, casualità, morte e di nuovo morte, casualità e destini, proprio com’è la vita di ogni essere umano.

“I personaggi de ‘Le lunghi notti’ sono personaggi estremi – prostitute, alcolizzati, assassini- tutti legati dal male di vivere. Sono figure penitenziali alla ricerca di un senso. Esistenze infelici che vacillano sul baratro della notte più cieca. Decideranno di cambiare pagina, di dare una svolta alla loro vita miserabile. In un solo giorno, in una sola notte, nulla sarà più come prima. Forse li spinge il desiderio inconscio di espiazione di una colpa, un pentimento che però arriva troppo tardi, perché un destino già scritto alla fine deve compiersi. Storie di chi vive male e troppo in fretta”.

I personaggi di Domenico Trischitta sono borderline. Loro bruciano in un attimo, nel bene e nel male, quello che altri attendono da una vita. Sono metafora di una tipologia, di una generazione, sono malati nel corpo e nell’anima, sono diversi, vinti, in bilico, senza possibilità di riscatto eppure veri, intensi, icone del ruolo che hanno e che portano avanti con grande dolore e dignità. Lo spazio in cui viaggiano e vivono parte da e ritorna sempre a Catania, raccontata in tutte la sua bellezza ma anche in tutte le sue ingiudicabili contraddizioni. Con una prosa forte, quasi cronaca crudele di tutti i giorni, Domenico Trischitta ci ha regalato un romanzo

“che destina i protagonisti ad una redenzione che non è umana nè terrena, ma più alta e più misteriosa”.