Le mutande di Casanova. La guerra tra Terronia e Polentonia
- Autore: Massimo Trifirò
- Genere: Romanzi erotici
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2024
Massimo Trifirò, lecchese benemerito, non ce la racconti giusta. Con quel cognome accentato alla fine, nelle tue vene scorre sangue mediterraneo, siciliano o calabrese, comunque della Magna Grecia. Dovendoci però attenere alla biografia ufficiale, consideriamo lombardo uno scrittore collaudato e accostiamoci con curiosità alla sua fatica più recente, il romanzo divertente e dissacrante Le mutande di Casanova. La guerra tra Terronia e Polentonia, ovvero come le donne umiliarono gli uomini con l’involontaria complicità del grande seduttore veneziano. Un capolavoro d’immaginazione, di scrittura creativa ed "eroticomica", in commercio da maggio 2024 per i tipi NeptUranus (Ferrara, 496 pagine), nella collana Il nome della prosa, sezione del catalogo appannaggio esclusivo di Trifirò, presente con una quantità industriale di suoi titoli di genere vario. Che dico vario, disparato.
Autore e casa editrice meritano più di un cenno, per la lunga carriera dell’uno e la strampalata presentazione dell’altra.
Anche storico e saggista, nato e residente a Lecco, Trifirò è lo scrittore che ha dedicato più pagine di narrativa alla sua città, della quale è Cittadino Benemerito. Laureato in scienze politiche e specializzato in storia, si è dato alla scrittura da giovane: racconti, satira politica, ricostruzioni storiche e romanzi brevi a puntate. Ha collaborato con giornali nazionali, regionali e locali, riviste nazionali e Segretissimo Mondadori. Ha partecipato al Mysfest, il Festival del Giallo di Cattolica. Decine i libri: antologie di racconti, spy-story, romanzi comici e di genere fantastico, biografie religiose, studi evangelici, rievocazioni storiche saggistico-narrative, dialoghi filosofici, raccolte di aforismi, antologie poetiche e libri di satira politica a fumetti.
Trifirò va più che bene, ma NeptUranus? Non si può essere più spiritosi della casa editrice ferrarese, fedele al motto: “meglio essere dilettanti che lavorano in maniera professionale, che professionisti che operano in modo dilettantesco”. Si considera “una piccolissima casa editrice, anzi una microscopica casa editrice, meglio ancora una capanna editrice, al limite anche una tenda editrice”. E basta così, “perché sacco a pelo editore non suona molto bene”.
Non c’è che dire, il tono è in sintonia perfetta con il climax narrativo di Massimo Trifirò. Spiritoso l’autore, faceto l’editore. Ironico pure il romanzo e anche unico, originale, sarcastico, di un livello altro, più elevato rispetto al narrare italico medio contemporaneo, voglio dire attuale, insomma degli ultimi tempi. L’esclusività nordica delle radici del narratore resta sospetta, ma se padano ha da essere, lo sia. Terronicamente parlando, non se ne farà un problema, preferendo badare alla sostanza, alle indubbie e dimostrate qualità di autore di vaglia, che ci sono tutte: scrittore ispirato, non facilmente inimitabile.
Se dobbiamo stare alla padano-lacustre-centricità di Trifirò, complimenti per la la soggettiva ma suggestiva descrizione di un paesino del Sud. Località immaginaria eppure tanto verosimile da poter essere scambiata per vera, perfino nei difetti esasperati della sua gente e nello scenario socio-geografico-ambientale non esattamente da Eden terrestre. Una Spinapulici che non esiste, in un Sud altrettanto inventato dall’autore, ma sembra di poterlo raggiungere domani. Un paesino popolato da veri uomini, più che uomini veri. Vetero patriarcali, orgogliosi di una virilità più data però per scontata che realizzata. Uno scenario da Cavalleria rusticana di Mascagni, sul palcoscenico lirico o da Liolà di Pirandello, sulle scene teatrali. Che poi, del drammaturgo agrigentino il nostro autore non dimostra una gran stima. Lo cita di sbieco - magari un po’ gratuitamente - per presentare Caos, la contrada di Mimì giovane a Spinapulici. Caos, come la contrada di Girgenti, l’attuale Agrigento, dov’è nato Pirandello,
il quale, forse per essere venuto al mondo in un posto con un nome tanto inquietante, un po’ di pace non l’aveva mai più ritrovata, né l’aveva concessa agli altri.
La Caos del romanzo è una landa semi deserta. Quattro case in croce, il cosiddetto quartiere e due sentierini polverosi che l’attraversano sghembi. Del doppio paio di casette da quelle parti, di qua e di là dall’incrocio delle stradicciole, in una abitava Mimì, ovvero Addolorata Lo Cascio, autentico motore tutt’altro che immobile della trama. I soliti del bar finiscono per riconoscere nelle forme sovrabbondanti di una danarosa signora oversize, arrivata in piazza e scambiata per nativa della Polentoniland, la maestrina ossuta che si era trasferita per lavoro a Milano, qualche lustro prima.
Un romanzo sferragliante d’ironia e autoironia, pervaso da un erotismo sorridente, carnevalesco, non laido e mai venale. Una storia tesa in un’atmosfera esasperatamente ma volutamente testosteronica, per quanto i non pochi maschi che popolano le pagine finiscano per dimostrarsi più adusi a parlare di donne che a conoscerle biblicamente. Quanto a loro, Mimì & Compagne fanno di tutto e di più per sovvertire l’ordine costituito dei sessi. Quello forte si dimostra debole. E quello debole?
Un libro capace di strappare sorrisi con la sua scoppiettante eversione del ruolo classico di potere dei generi, maschile e femminile. Quanto ci sarebbe da dire delle donne alla riscossa e pure di Casanova. E già, c’entra pure lui e mica poco! L’abbiamo trascurato, ma, accidenti, questo libro dovrete pur leggerlo!
Le mutande di Casanova. La guerra tra Terronia e Polentonia - ovvero come le donne umiliarono gli uomini con l’involontaria complicità del grande seduttore veneziano. Nuova ediz.
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