Le parole che ci salvano
- Autore: Eugenio Borgna
- Categoria: Narrativa Italiana
- Casa editrice: Einaudi
- Anno di pubblicazione: 2017
Eugenio Borgna, classe 1930 ˗ che ha preferito nel corso della sua carriera un incarico a più stretto contatto con la malattia lavorando nel reparto femminile dell’ospedale psichiatrico di Novara alla posizione di docente, come da lui stesso dichiarato ˗ scrive da tempo dei bellissimi saggi adatti a tutti in quanto non di divulgazione scientifica.
Esponente della corrente fenomenologica, mette al centro della cura delle patologie mentali il paziente come persona: in base a questo approccio vengono rigettate tutte quelle forme di trattamento che ledono la dignità umana, opponendosi alla concezione che vede l’origine di tali malattie in un malfunzionamento esclusivamente cerebrale. Il suo penultimo lavoro intitolato “Le parole che ci salvano” (Einaudi, 2017, pp. 232, euro 14,00) contiene in realtà tre precedenti libri, ovvero: “La fragilità che è in noi”, “Parlarsi” e “Responsabilità e speranza”.
Il filo conduttore, come indicato nel titolo, sono le parole. Non dal punto di vista semantico o ermeneutico ma da quello comunicativo e sul peso che esse hanno nella nostra vita e in quella degli altri, soprattutto quando c’è angoscia e sofferenza. Le riflessioni di Eugenio Borgna riguardano non solo le parole ma anche il silenzio: è bene sapere quando parlare e anche quando tacere, in base alle situazioni.
Questo è di fondamentale importanza per chi, per ruolo o professione, deve stare molto attento all’uso che fa del linguaggio, e questo vale in particolare per medici, genitori e insegnanti (ma anche nelle relazioni interpersonali che ognuno di noi ha quotidianamente).
In un discorso che unisce psichiatria a letteratura, poesia e filosofia, come i suoi lettori sanno bene, l’autore prende in esame anzitutto la fragilità, in particolare femminile, che è poi quella che lui conosce meglio. La coscienza della fragilità del corpo e dello spirito, infatti, è più profonda rispetto a quella dell’uomo; ne è un esempio la depressione che, nella donna, è più “straziata” da parole e da gesti. Le persone fragili (quando non riconducibili a forme patologiche, ovviamente) hanno bisogno di speranza, di cura e attenzione.
“La speranza è una sfida continua alle banalità e alle apparenti certezze della vita, e alla sua essenza appartiene l’impronta inesprimibile della fragilità”.
Uno psichiatra del secolo scorso al quale si deve la rifondazione della fenomenologia in questo campo (Ludwig Binswanger) sostiene che le esperienze psicopatologiche non siano altro che disturbi della comunicazione, riconducendo quindi la materia a stato di scienza prettamente umana, e che la cura la si debba intraprendere con la ricerca e la ricostruzione di un dialogo perduto. Comunicare non significa solo scrivere o parlare con qualcuno; significa avere empatia, porsi in ascolto attento, essere orientati sinceramente con un’altra persona, accettarne le differenze e uscire da sé stessi. Certo non è facile in un’epoca come la nostra dove la tecnologia predomina e con le nostre vite alquanto frenetiche, ma non è nemmeno impossibile se si vuole seriamente entrare in relazione con gli altri. Questo lo si può fare unicamente con la responsabilità cui devono essere sempre improntare le nostre azioni:
“Siamo chiamati a rispondere al grido silenzioso di una persona che non ha nemmeno la forza o il coraggio di chiedere aiuto, e in questo non ci sono differenze fra la richiesta silenziosa di aiuto che un paziente rivolge a un medico, e quella che ci rivolge un mendicante”.
Come non ricordare ˗ dice ancora professor Borgna ˗ le poesie struggenti di Rilke o di Antonia Pozzi, le scelte di vita di Simone Weil e Madre Teresa di Calcutta, il tempo della malattia per Virginia Woolf, il misticismo di Teresa d’Avila o di Teresina di Lisieux, gli scritti profondi dello scrittore Georges Bernanos? E, a proposito di poesia, l’autore ne cita una, meravigliosa quanto emblematica perchè si fonda proprio sul mistero del “verbo”, di Emily Dickinson, che ci sembra giusto evidenziare:
Una parola muore
appena è detta
dice qualcuno ˗
Io dico che comincia
appena a vivere
quel giorno.
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“Le parole che ci salvano” di Eugenio Borgna, psichiatra e docente autore di “Le emozioni ferite”, raccoglie tre scritti pubblicati tra il 2014 e il 2016: “La fragilità che è in noi”, “Parlarsi”, “Responsabilità e speranza”.
Nella prima parte, “La fragilità che è in noi”, viene vista sotto un’accezione inusuale il termine fragile. Essere fragile può essere visto in senso positivo come essere sensibili nei confronti di noi stessi, delle persone con cui entriamo in contatto, del mondo che ci circonda e delle azioni che facciamo. La fragilità viene messa in relazione con il silenzio, la timidezza, la gioia, la speranza, la tristezza, l’amicizia e la malattia.Retour ligne automatique
La sensibilità e la capacità di calarsi nei panni degli altri deve essere per noi una guida quando comunichiamo, sia a livello verbale che non verbale.Retour ligne automatique
Nella seconda parte, “Parlarsi”, viene analizzata la comunicazione nei suoi vari livelli:
questo libro non ad altro aspira se non alla speranza di aver indicato le radici complesse e stratificate della comunicazione, e la grande importanza che ha in essa il linguaggio delle parole insieme a quello del silenzio e a quello del volto e degli sguardi, della solitudine e delle lacrime.
In “Responsabilità e speranza”, Borgna mette in rapporto la comunicazione con la responsabilità di come e cosa viene detto quando si comunica. In questa parte pone l’attenzione su come parlare a chi sta affrontando un momento difficile a livello fisico o mentale. Retour ligne automatique
Consiglio questa lettura a chi dà valore alle parole, alle emozioni e ai sentimenti.