Le sigarette del manager di Bruno Morchio

Torna Bacci Pagano, felice creatura uscita dall’abile penna di Bruno Morchio, ne Le sigarette del manager (Garzanti, 2019), un giallo trascinante che accanto ad una narrazione perfettamente di genere, propone descrizioni di ambiente di ottima ricostruzione. L’ambiente è ancora una volta Genova, ma in questo libro è in Val Polcevera, assunta agli onori della cronaca dopo il tragico crollo del ponte. Una valle in crisi già in precedenza all’evento, dove:

In vent’anni ha perso tutto: ricchezza, decoro, anima.

Bacci Pagano viene chiamato ad investigare su un caso alquanto strano: la scomparsa di un manager molto strano, infatti lui è:

un ingegnere che non è un ingegnere, un manager che non è un manager.

Lui è Oreste Mari, arricchito con metodi alquanto discutibili, un uomo che ora è scomparso nel nulla, lasciando dietro di sé una scia di debiti, di nemici e di amanti deluse. È morto? Oppure è scappato in qualche paradiso esotico? La moglie con un figlio adolescente è disperata e incarica l’investigatore, pur sapendo di non poter pagare la parcella dovuta. Ma è alla ricerca di una verità, qualunque essa sia. Bacci Pagano inizia ad indagare inseguendo:

Le tracce di un odore, come fanno i ciechi. (…) Si tratta della scia di fumo seminata da un accanito tabagista che è scomparso.

E sulla scia di un fumo, che ammorba persone, cose e vicende, si snoda una narrazione particolareggiata, travolgente, che ben risponde alle caratteristiche del genere di appartenenza. Una storia in cui nulla è come appare, che mescola con sapienza amore, morte, tradimenti e mafia in un crescendo di tensione che coinvolge il lettore in un vortice emozionante. Nella convinzione che:

Dalla scomparsa del passato ci si può consolare, ma della sparizione del futuro non ci si riprende più.

Le sigarette del manager è una lettura che merita.