Le spose sepolte
- Autore: Marilù Oliva
- Genere: Gialli, Noir, Thriller
- Categoria: Narrativa Italiana
- Anno di pubblicazione: 2018
Occhio per occhio, giustizia dal basso, un brivido attraversa la schiena degli uomini e chissà che certi soggetti, troppo deboli o troppo prepotenti, non la piantino di uccidere le donne che non li vogliono più. È la legge del taglione che si affaccia nel thriller che ci propone Marilù Oliva. Ma ci si rassicuri: la vendetta al femminile suggerita dalla scrittrice bolognese è pura fiction narrativa, si manifesta solo nel romanzo “Le spose sepolte”, in libreria da marzo per i tipi della casa editrice HarperCollins Italia (pp. 381, euro 17,00).
Insegnante di lettere nelle scuole superiori, scrive anche racconti, saggi di storia, articoli di critica letteraria e si occupa attivamente di questioni di genere. Ed è questo l’impegno al momento prevalente, considerato che dopo due trilogie noir, la firma femminista felsinea dedica questo nono titolo dei suoi
“a tutte quelle che non hanno fatto ritorno”.
Sono Emanuela Orlandi, Roberta Ragusa, Sandra Sandri. Scomparse e mai ritrovate. ragazze, donne, perfino bambine.
Ne sono sparite di mogli, da anni, anche a Monterocca e dintorni, sull’Appennino bolognese, la Città delle Donne, come la chiamano nel thriller. Lì, infatti, è tutto prevalentemente rosa: donna il sindaco, donne al 90 per cento in Giunta e Consiglio comunale – elette anche dagli elettori maschi, lassù sono tutti decisamente “avanti” – donna la farmacista-erborista, donna la guardia ecologica, donna il comandante dei Carabinieri, pelle morena e occhi scuri a dar prova delle origini messicane, rinnegate dall’innaturale biondo ossigenato dei capelli.
Se non altro, la luogotenente Juana tiene al suo aspetto e all’acconciatura decisamente più di Micol Medici, ispettore capo di Polizia a Bologna. Ecco un’altra donna protagonista, sebbene l’aggettivo “femminile” e il termine “look” non le siano per niente congeniali. Non tingerebbe mai i capelli biondo platino, anzi, non li tingerebbe e basta. Ha fatto di tutto per entrare nella Polizia di Stato. Appassionata di crimini, vuole andare alle radici del male. Poco le importa che Ludovico, il fidanzato, abbia parecchio di cui lamentarsi: Micol non si cura, non veste mai con femminilità, non si trucca nemmeno.
L’ispettore Medici raggiunge Monterocca col commissario Maccagnini, suo superiore e col sovrintendente Iacobacci, suo subordinato, un lucano che proprio non ne vuole sapere d’essere comandato da una donna, anche se Micol di ordini non gliene ha dati ancora, ma prima o poi sa che capiterà. E allora, apriti cielo.
Mentre ci si avvia nel cuore del thriller e del primo caso, va detto che le avventure poliziesche di Micol Medici sono intervallate dai capitoli in corsivo nei quali una bambina racconta della sua baby sitter marocchina dalla doppia faccia, inappuntabile davanti alla mamma, ma pronta a torturare psicologicamente e fisicamente la piccola, non appena la signora si allontana.
Legato a Monterocca, dove molte strade sono ribattezzate con nomi femminili, è il ritrovamento di un tale, Paolo Cioni: gola tagliata di netto, spilloni da sarta da sei centimetri infilzati nelle parti molli, mani, labbra, occhi, cuore, polmoni, genitali.
Successivamente, un anonimo informa la Polizia che nove anni prima lo stesso Cioni ha strangolato la moglie con l’aiuto della amante e ha nascosto il corpo in un ossario in disuso, dove infatti viene ritrovato. I medici legali accertano che l’uomo è stato addormentato con un potente sonnifero e che prima dello sgozzamento e del macabro rituale degli spilli gli è stato inoculato un allucinogeno, come siero della verità.
A suo tempo, era stato fortemente sospettato della scomparsa della consorte e sottoposto a un processo, dal quale era uscito indenne, per mancanza di prove.
Guarda caso, una vicenda analoga aveva riguardato un altro uomo nei paraggi, Filippo Verminati. La moglie Clara era sparita, come quella di Cioni e la giustizia era rimasta ugualmente inceppata, per l’assenza totale di indizi a carico del presunto femminicida.
Ed ecco che viene ritrovato anche lui senza vita. È stato ripetuto il delitto rituale, pari pari, dissanguamento e spilloni compresi, oltre alla somministrazione di un barbiturico con effetti ipnotici, il Pentothal-21, che viene prodotto in zona, nel Centro Studi Rita, dove si conducono sperimentazioni di laboratorio su animali. Nel più rigoroso rispetto dei protocolli di tutela, assicurano i responsabili. Gran parte del personale è femminile – ma no!? – e c’è una dottoressa sexy e riccia ch’è uno schianto. Maccagnini resta senza fiato.
Sembra d’essere alle prese con un killer giustiziere. Per ristabilire l’ordine infranto, qualcuno vuole far riemergere la verità sulle donne scomparse e punire i colpevoli che finora l’hanno fatta franca. Occorre seguire la pista dell’odio, risalire contro la corrente ostile, per trovarne la fonte e capire.
Ci sono anche da chiarire i misteri di un cimitero nascosto di animali e della cicatrice sul mento di Micol. Qualcosa ci dice che la incontreremo di nuovo, con o senza Ludovico. Probabilmente senza, a giudicare dall’ultima telefonata…
Le spose sepolte
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