Le ultime ore di Mussolini
- Autore: Pierluigi Baima Bollone
- Genere: Romanzi e saggi storici
- Categoria: Saggistica
- Anno di pubblicazione: 2021
Si è detto tanto sulla morte del duce, mezze verità, approssimazioni, esagerazioni, bugie reticenti e falsità assolute (tutte doverosamente citate in questo libro). Per una volta, però, è il caso di affidarsi soltanto all’oggettività dei risultati scientifici, esposti da un autorevole anatomopatologo, il torinese Pierluigi Baima Bollone, in un lavoro che ha tante esattezze e nessuna imprecisione, dal momento che si basa sui riscontri tanatologici, anatomici, medico legali e non sulle opinioni, tanto meno sulle ideologie. Le ultime ore di Mussolini è un saggio leggibile come un romanzo perfetto, pubblicato a novembre da Rusconi Libri (2021, collana Biblioteca storica, 276 pagine), con un inserto fotografico di otto pagine al centro, anche a colori.
Lo studio dell’illustre clinico piemontese è stato completato nel 2005 e dato alle stampe l’anno dopo, prima dell’attuale edizione per i tipi della casa editrice di Sant’Arcangelo di Romagna.
Baima Bollone ha retto a lungo la cattedra di medicina legale nell’Ateneo di Torino. Saggista di fama internazionale, ha scritto testi scientifici molto diffusi di criminologia e medicina legale, redatto numerose pubblicazioni scientifiche e un manuale medico legale adottato da varie università. Sono note le sue ricerche sulla Sindone, alla quale ha dedicato molte pubblicazioni. È presidente onorario del Centro Internazionale di Sindonologia di Torino, unica istituzione ufficiale per lo studio del lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino, con impressa l’immagine di un uomo che reca segni compatibili con la passione di Gesù.
La competenza professionale, l’uso delle più recenti tecniche di arricchimento delle immagini fotografiche e la capacità di valutare reperti e documenti sono state messe a disposizione di questo studio, durato anni, sulla morte di Benito Mussolini e di Claretta Petacci. Si è trattato tra l’altro di verificare l’arma o le armi impiegate, il numero e la distanza dei colpi esplosi, le eventuali violenze precedenti e l’esito di quelle successive al decesso, che vennero inflitte ai corpi esposti in Piazzale Loreto a Milano.
Va tenuto presente che la magistratura italiana ha più volte dichiarato l’uccisione del capo del fascismo un’azione di guerra, non un’esecuzione. Accanto a lui è caduta l’amante, oggetto anche lei di un atto legittimo, sebbene qualcuno abbia avanzato considerazioni contrarie.
Nelle note in coda all’ottavo e ultimo capitolo, si legge il verbale dell’autopsia eseguita sulla salma di Mussolini la mattina del 30 aprile 1945, nell’obitorio dell’Istituto di medicina legale dell’Università statale di Milano, in via Poerio, dal vice direttore dott. Caio Mario Cattabeni. Viene dichiarato che il decesso è stato causato da pallottole non esplose a bruciapelo. Uniche lesioni vitali quelle dei colpi d’arma da fuoco: sette fori d’entrata di proiettile, sicuramente che lo hanno attinto in vita, dato il netto alone escoriativo. Dati obiettivi avevano consentito di stabilire che nessuna lesione era stata inferta prima, che il petto era rivolto verso le armi e la morte era stata immediata.
Più drammatiche le lesioni postmortali, uno sfacelo traumatico, in parte dovuto a colpi d’arma da fuoco trapassanti, con fuoriuscita di sostanza cerebrale e soprattutto a un meccanismo contusivo di estrema violenza, per la precipitazione al distacco del cadavere sospeso. I tratti somatici erano deformati, contrariamente a quelli evidenziati nelle fotografie scattate al momento dell’esposizione del cadavere nel piazzale.
Nell’appassionarsi all’argomento e approfondire l’abbondante saggistica su Mussolini, il prof. Baima Bollone aveva notato la mancanza di uno studio organico del carattere del duce, delle condizioni psicofisiche e degli effetti nella vita quotidiana e sullo stato di salute. Altra materia d’indagine è stata fornita dalla diffusione di notizie sull’individuazione di una pistola nel Museo storico di Voghera (Beretta 34, 9 mm, matr. 77813) e di un mitra francese nel museo nazionale di Tirana (MAS 1938, calibro 7,65 L, matr. F20830), compatibili con le armi impugnate da Aldo Lampredi e Walter Audisio.
Il 31 gennaio 2003 ha presentato le indagini nella trasmissione “Enigma” di Rai Tre, in seguito è stato invitato a illustrare il suo lavoro nella lezione magistrale di apertura del Congresso internazionale medico legale di Roma. Questo libro espone i risultati ottenuti, spiega. Come annunciato dalla stampa all’uscita del suo lavoro nel 2008, non conferma la chiacchierata ipotesi di una doppia fucilazione. Le moderne tecniche di ripristino, trattamento migliorativo e correzione digitale delle immagini del cadavere e dei filmati dell’autopsia, hanno offerto riscontri alle dichiarazioni di Audisio e Lampredi sulla fucilazione di Mussolini e Petacci, nonostante alcune divergenze nelle loro quattro o cinque versioni.
Il saggio propone una curiosità. Mussolini non è diventato il “duce” durante l’epoca fascista, ma da ventottenne militante ancora tra le file socialiste. Nel 1911, era stato appena liberato da cinque mesi di carcere per avere manifestato contro la guerra di Libia, quando gli venne attribuito il titolo di guida, condottiero e autorità morale di riferimento. È stato Olindo Vernocchi, assai noto nel vecchio e nuovo Partito socialista, a coniare per primo la parola “duce”, con l’iniziale minuscola, in un banchetto per festeggiare il ritorno di Benito a Forlì, dopo la detenzione per i tumulti contro l’impresa libica.
Le ultime ore di Mussolini
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